Le unioni civili – parte terza

Servizi Comunali Unione civile
di Mantineo Giuseppa
13 Gennaio 2018

Le unioni civili – parte terza

 

Giuseppa Mantineo

 

Un istituto nuovo come le unioni civili non ha ancora una casistica consolidata, ma ha sicuramente già prodotto una nutrita serie di dubbi negli operatori e in quanti siano a ciò interessati.

Facciamo perciò focus su un paio di problematiche che possono destare perplessità operative.

 

Scelta del cognome comune

L’art. 4 del DPCM n.144/2016, indicava: “1. Nella dichiarazione di cui all'articolo 3, le parti possono indicare il cognome comune …. La parte può dichiarare all'ufficiale di stato civile di voler anteporre o posporre il proprio cognome, se diverso, a quello comune. 2. A seguito della dichiarazione di cui al comma 1, i competenti uffici procedono alla annotazione nell’atto di nascita e all’aggiornamento della scheda anagrafica”. La circolare 15/2016 del Ministero dell’Interno aveva fornito ulteriori precisazioni in ordine alla prassi cui doveva attenersi l’Ufficiale dello Stato Civile: annotare la scelta della parte e comunicare all’anagrafe la variazione da apportare sulla scheda anagrafica, non solo dell’una, che assumeva il nuovo cognome, ma anche dell’altra parte in quanto al cognome dell’unito/a civilmente. E qualora ci fossero stati figli della parte che assumeva il nuovo cognome, il cambiamento era d’obbligo anche per loro! Per l’Ufficiale dello Stato Civile le istruzioni che vengono fornite dal Ministero dell’Interno sono vincolanti e tutti hanno eseguito con scrupolo quanto indicato dalla circolare. Le conseguenze sono state notevoli: prima fra tutte il cambio del codice fiscale, e poi il dovuto cambio su patente, carta di circolazione dei veicoli, ecc… Dunque, in sede di redazione del Decreto Legislativo n. 5/2017, dovendo modificare l’art. 20 del Regolamento Anagrafico DPR 223/1989, il legislatore ha inserito il comma 3-bis: “ Per le parti dell’unione civile le schede devono essere intestate al cognome posseduto prima dell’unione civile”. Uniformando la norma così a quanto contenuto nell’art. 143 bis c.c. che dispone che la donna che contrae matrimonio può fare uso del cognome del marito, ma non lo cambia sui documenti e i certificati che la riguardano. Anzi, nel decreto legislativo viene inserito l’articolo 8 che prevede che entro trenta giorni dall’entrata in vigore del decreto stesso gli Ufficiali dello Stato Civile debbano provvedere, con procedura di correzione di cui all’articolo 98 c. 1 DPR 396/2000, ad annullare le annotazioni relative alla scelta del cognome eventualmente apposte sugli atti di nascita degli interessati. E con questo si riteneva di aver messo la parola fine ad una vicenda che da subito è apparsa davvero controversa.

Ma non è stato così. Alcuni fra gli interessati, che avevano operato tale scelta e che avevano affrontato i disagi, che per un cittadino maggiorenne inserito nella società civile possono venire da un cambio del cognome (cambio del codice fiscale, cambio cognome sui documenti di guida, conto corrente bancario, posizione lavorativa e chissà quant’altro!), hanno subito un nuovo cambio senza poter replicare. La soluzione è parsa dunque subito inaccettabile.

Ed ecco le pronunce dei Tribunali di Lecco, Modena e Busto Arsizio, che, a seguito del ricorso degli interessati, con procedura d’urgenza hanno disposto sulla disapplicazione del decreto legislativo nella parte contrastante con il diritto dell’unione europea. Per primo il Tribunale di Lecco ha stabilito che il nome adempie “alla funzione di tutelare il diritto alla protezione sociale della persona” e alla “funzione di identificazione sociale”, tutelate dalla Costituzione. 

Per non parlare degli eventuali figli di coppie unite civilmente, nei confronti dei quali il Tribunale ha ricordato che “l’interesse superiore del minore deve essere considerato preminente in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private” e che “il diritto del figlio alla conservazione del proprio status familiare e alla salvaguardia della propria identità, quale principio fondamentale dell’individuo, recentemente sta ottenendo sempre maggiori riconoscimenti dalla giurisprudenza”. Senza parlare del fatto che, come argomentato anche dal Tribunale di Modena, è senz’altro lesiva del diritto all’identità personale l’applicazione in via retroattiva di una norma volta a cancellare un cognome legittimamente acquisito.

 

Dichiarazione unilaterale di volontà di scioglimento

Nel caso di scioglimento consensuale dell’unione esiste la possibilità del ricorso alla procedura della negoziazione assistita mediante gli avvocati o all’accordo innanzi all’Ufficiale dello Stato Civile, come per lo scioglimento del matrimonio, ai sensi degli articoli 6 e 12 del D.L. 132/2014 convertito con legge 162/2014.

Nel caso di accordo ex art. 12, come dettato dal comma 24 dell’articolo 1 Legge 76/2016,  dovrà essere resa preventiva dichiarazione, anche unilaterale, all’Ufficiale dello Stato Civile. Dichiarazione preventiva che sarà seguita dalla vera e propria dichiarazione di scioglimento decorsi tre mesi.

Qualora la dichiarazione dovesse essere resa solo da una delle parti (unilateralmente), questa dovrà esibire all’Ufficiale dello Stato Civile competente, e che riceve la dichiarazione nella Parte seconda dei registri delle Unioni Civili con formula 121 undecies, l’avviso di ricevimento della comunicazione della volontà di scioglimento inviata all’altra parte o forma di comunicazione parimenti idonea anch’essa con attestazione di ricevimento.

Sarà dunque apposta sull’atto di costituzione dell’unione civile l’annotazione relativa utilizzando la formula 187 quater.

Dalla formulazione del comma 24 non è chiaro se la stessa dichiarazione preventiva vada obbligatoriamente resa anche nel caso della negoziazione assistita o nel caso di ricorso al giudice. Vero è che comunque l’Ufficiale dello Stato Civile riceverà dall’avvocato l’atto di negoziazione assistita completo di nulla osta o autorizzazione da parte della Procura della Repubblica e questo farà venire meno i motivi di eventuale rifiuto. A maggior ragione nel caso di scioglimento innanzi al giudice, dato che il provvedimento conterrà l’ordine per l’Ufficiale dello Stato Civile di eseguire l’annotazione. E un ordine del giudice non può essere discusso!

 

03 gennaio 2018

 

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