Risposta al quesito del Dr. Andrea Dallatomasina
QuesitiIl Tribunale per i minorenni ha decretato l’affidamento di un minore disabile ai servizi sociali dell’Ambito territoriale di XXX, prevedendo l’affido in idoneo progetto di accoglienza.
Conseguentemente la tutela minori dell’Ambito territoriale di XXX, ha disposto l’affido in una famiglia del nostro territorio (Comune di CCC) a partire dal 29-06-2020 e in tale data è stata trasferita la residenza del minore presso la famiglia affidataria. Il 01-09-2022 gli stessi servizi di tutela minori hanno disposto un nuovo trasferimento presso l’Associazione Casa Di ROSSI, una casa famiglia presente sul territorio di BBB.
Il minore non è più presente sul territorio di Calcinate da settembre 2022 ma risulta complesso gestire la sua residenza anagrafica. Infatti il Comune di BBB non ha accettato la richiesta di residenza, affermando che l’Associazione Casa di ROSSI possa essere considerata quale comunità di minori e quindi rientri nella casistica disciplinata dall’10 bis, comma 1, lettera b) del d.P.R. n. 223/1989.
Il Comune di XXX ha dunque scritto al comune di OOO, comune di residenza dei genitori naturali, al fine di iscrivere il minore nello stato famiglia dei genitori; purtroppo anche questo comune non ha accolto la dichiarazione di residenza dei genitori naturali, affermando che il minore non risulta nel territorio comunale e la limitazione sancita dall’art. 10-bis, comma 1, lett. b) non possa essere applicata al caso in esame in quanto l’Associazione Casa di ROSSI non è classificata quale istituto di cura.
Alla luce di quanto sopra esposto, si chiede in quale comune possa essere iscritto il minore e quali provvedimenti possano essere adottati per eliminare lo stesso dallo stato di famiglia della famiglia affidataria.
Occorre analizzare la situazione partendo da alcuni concetti basi: la funzione dell’anagrafe, l’eventuale equiparazione della casa famiglia ad un istituto di cura, per quanto tempo il minore è allontanato dalla famiglia (e di conseguenza per quanto tempo resterà nella casa famiglia) e chi è il soggetto.
Nelle Avvertenze sulla Legge 24 dicembre 1954, n. 1228, al punto 5 (pagina 41-42 della Circolare ISTAT Metodi e Norme n. 29-1992) viene indicato "L’obbligo di chiedere l’iscrizione per sé e per le persone su cui si esercita la potestà o la tutela grava normalmente su chi la esercita ma deve essere interpretato alla luce del principio che regola il nostro sistema anagrafico, ossia la res facti. Qualora il minore si trasferisca di fatto in un Comune diverso da quello di residenza della persona che esercita la potestà o la tutela, la dichiarazione anagrafica può essere fatta da un componente della famiglia presso cui il minore va a convivere. L’iscrizione può essere eseguita anche senza il consenso di chi esercita la potestà o la tutela. ".
Il Ministero dell’Interno, nella Circolare del 14 settembre 1991 n. 21, ci ricorda che «la residenza è comunque una situazione di fatto, alla quale deve tendenzialmente corrispondere una situazione di diritto contenuta nelle risultanze anagrafiche. Pertanto la mera dichiarazione resa da un soggetto all’ufficiale dell’anagrafe di non voler risultare residente in un certo comune o, viceversa, di voler risultare residente non è di per sé sufficiente a determinare la cancellazione o l’iscrizione nell’anagrafe, occorrendo che il soggetto interessato provveda ad instaurare una situazione di fatto conforme a tale dichiarazione».
La funzione anagrafica tiene insieme il diritto-dovere d’iscrizione di tutte le persone che sono stabilmente sul territorio italiano alla necessità di registrare correttamente le posizioni dei cittadini, dovendo l’anagrafe nazionale (e conseguentemente le ripartizioni comunali) tendere alla sostanziale rispondenza delle posizioni con quanto effettivamente avviene nella realtà di fatto.
Tale principio viene messo a dura prova quando si gestiscono situazioni di persone di fatto residenti in particolari strutture, quali quelle di ricovero per ragioni di salute, di recupero, di anzianità o in cui comunque si erogano prestazioni sociali e sanitarie.
L’articolo 10-bis del dPR 30 maggio 1989, n. 223, rubricato “Posizioni che non comportano mutazione anagrafiche”, dispone che non deve essere effettuata, né d'ufficio, né a richiesta dell'interessato, la mutazione anagrafica nel comune, per trasferimento di residenza, tra gli altri, dei “ricoverati in istituti di cura, di qualsiasi natura, purché la permanenza nel comune non superi i due anni”.
Punto focale del caso in esame è stabilire se le case famiglia per minori siano annoverabili tra gli istituti di cura oppure no (e quindi dichiarazioni da rendersi entro 20 giorni dal trasferimento così come previsto dall’articolo 13 comma 2 del dPR 30 maggio 1989, n. 223).
La corretta interpretazione è stata ulteriormente specificata dal Ministero dell'Interno, in risposta a due quesiti (31/10/2003 e 07/06/2006) in merito alla possibile equiparazione tra comunità terapeutiche, in questo caso per il recupero di tossicodipendenti, e istituti di cura ai fini dell’articolo 10-bis: "Al fine di un esame complessivo della tematica, - scriveva il Ministero - questa Direzione ha interpellato il Ministero della Salute, il quale ha precisato che 'non sembra potersi dubitare, infatti, che le varie ed interdipendenti attività erogate dalle comunità terapeutiche per il recupero di tossicodipendenti o di alcolisti integrino una fattispecie del tutto peculiare e di ben maggiore complessità rispetto a quello del semplice ricovero in istituti di cura, di qualsiasi natura, previsto dall’art. 8, lett. b) (ora 10-bis) di detto regolamento, sol che si consideri che tali attività risultano comunque finalizzate, per definizione, all’assistenza, alla cura, alla riabilitazione ed al reinserimento sociale dei tossicodipendenti'".
In sintesi, ove vi siano altre finalità (assistenza, reinserimento sociale) una struttura non potrà essere anagraficamente ritenuta istituto di cura e dunque non sarà applicabile il limite temporale indicato all'articolo 10-bis e la convivenza anagrafica – comunità terapeutica, casa di riposo, residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (r.e.m.s.) o casa famiglia per minori - sarà soggetta ai normali obblighi anagrafici.
Occorre stabilire se il trasferimento presso la Casa famiglia è di carattere temporaneo (nell’attesa che venga individuata una nuova famiglia affidataria ad esempio) o meno.
A questa domanda gli unici a dare risposta sono i servizi sociali dell’Ambito territoriale di XXX. Pertanto mi confronterei con loro per capire le tempistiche e modalità del trasferimento in casa famiglia del minore di cui risulterebbero affidatari e per capire chi sia l’effettivo tutore del minore che, ricordo, ha anche obblighi anagrafici (articolo 2 comma 1 della Legge 24 dicembre 1954, n. 1228 e articolo 6 comma 1 del dPR 30 maggio 1989, n. 223).
In conclusione, per le osservazioni fatte in precedenza, personalmente ritengo che il minore debba essere iscritto anagraficamente ove dimora stabilmente, e in questo caso direi nel comune ove si trova la casa famiglia, quindi nel Comune di BBB in quanto non risulta applicabile l'istituto del comma 1, lettera b), del citato articolo 10 bis del dPR 30 maggio 1989, n. 223.
Il Comune di OOO, comune di residenza dei genitori, potrebbe intervenire ed iscrivere il minore nel caso in cui il trasferimento in casa famiglia sia effettivamente temporaneo, ma comunque sarà una valutazione che dovrete fare dopo il confronto con chi, ora, risulta essere l’affidatario del minore.
La dichiarazione di mutazione di residenza dal Comune di XXX al Comune di BBB dovrà essere fatta a cura del tutore (suggerisco l’inoltro via PEC), o del responsabile della struttura, se per caso vi è stata istituita una convivenza anagrafica ai sensi dell'articolo 5 del dPR 30 maggio 1989, n. 223.
Se l’ufficiale d’anagrafe del Comune di BBB non dovesse procedere alla mutazione l’unica strada percorribile è il coinvolgimento della Prefettura di Bergamo per dirimere la vertenza anagrafica (articolo 19-bis comma 1 del dPR 30 maggio 1989, n. 223).
Dott. Andrea Dallatomasina 13 Marzo 2023
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