Le unioni civili – parte quarta

Servizi Comunali Unione civile
di Mantineo Giuseppa
25 Gennaio 2018

Le unioni civili – parte quarta

 

Giuseppa Mantineo

 

Poniamo all’attenzione dei nostri lettori altri argomenti che hanno suscitato in questi mesi incertezze operative nell’affrontare la costituzione delle unioni civili.

 

 

L’unione civile dello straniero

 

Il comma 19 dell’art. 1 della L. 76/2016 e l’art. 8 comma 2 del DPCM 144/2016 disciplinano l’unione civile dello straniero prevedendo espressamente che quando uno straniero voglia costituire in Italia unione civile dovrà presentare all'ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell’autorità competente del proprio Paese dalla quale possa evincersi che, per le leggi cui è sottoposto, nulla osta alla costituzione dell’unione civile: un nulla osta ai sensi dell’art. 116 del codice civile.

Ma accade che lo straniero non sia in grado di esibire il nulla osta a causa del mancato riconoscimento, secondo la legge dello Stato di cui lo straniero è cittadino, dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o di analogo istituto e/o anche perché in quello Stato l’istituto dell’unione civile è contrario all’ordine pubblico.

Questo mette naturalmente in crisi l’Ufficiale dello Stato Civile che potrebbe ricorrere ad un rifiuto motivato.

Il Consiglio di Stato si era già pronunciato nel mese di luglio 2016 in occasione della pubblicazione del DPCM 144/2016, puntualizzando numerosi aspetti del Decreto stesso. Il Ministero dell’Interno ha poi pubblicato la circolare 15/2016 in cui richiama tali indicazioni del Consiglio di Stato e fornisce ulteriori interpretazioni pratiche ad uso degli Ufficiali dello Stato Civile.

A proposito dell’esibizione del nulla osta da parte dello straniero viene così osservato che “Con riguardo al nulla osta e, in particolare, al riferimento alla dichiarazione dell’autorità competente del proprio Paese dalla quale risulti che, giusta le leggi cui è sottoposto, nulla osta all’unione civile, contenuto nel comma 2, il Consiglio di Stato ha sottolineato che tale disposizione non va interpretata nel senso di includere nelle leggi cui è sottoposto lo straniero medesimo anche quelle eventuali disposizioni dell’ordinamento dello Stato di appartenenza che vietino le unioni civili tra persone dello stesso. Ha precisato, inoltre, che il diritto di costituire un’unione civile tra persone dello stesso sesso, in forza dell’entrata in vigore della legge, è divenuto una norma di ordine pubblico e dunque prevale, secondo l’articolo 16 della legge 31 maggio 1995, n. 218, sulle eventuali differenti previsioni di ordinamenti diversi.

Il nulla osta, ove rifiutato dall’Autorità dello Stato di cui lo straniero è cittadino o comunque quando non sia possibile ottenerlo, deve essere sostituito da un certificato o altro atto in qualsiasi modo idoneo ad attestare la libertà di stato dell’interessato. Quando ciò non sia comunque possibile si potrà supplire con dichiarazione sostitutiva ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

 

Lo scioglimento del matrimonio a seguito della rettificazione di sesso di uno dei due coniugi e la costituzione dell’unione civile.

 

La sentenza della rettificazione di sesso comportava l’automatico scioglimento/cessazione degli effetti civili del matrimonio per effetto degli articoli 2 e 4 della L. 164/1982. Concetto ribadito dall’art. 31 D. Lgs 150/2011.  

Sull’argomento si è pronunciata la Corte Costituzionale con la sentenza 170/2014 che indicava: “… dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 4 della legge 14 aprile 1982, n. 164 (Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso), nella parte in cui non prevedono che la sentenza di rettificazione dell’attribuzione di sesso di uno dei coniugi, che provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio, consenta, comunque, ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal legislatore; …” Disapplica va dunque tale principio ritenuto incostituzionale.

In assenza di altro istituto restava in qualche modo in piedi il matrimonio.

Con l’entrata in vigore della L. 76/2016 si realizza quanto auspicato dalla Corte Costituzionale. Il comma 27 della legge 76/2016 infatti dice: “Alla rettificazione anagrafica di sesso, ove i coniugi abbiano manifestato la volontà di non sciogliere il matrimonio o di non cessarne gli effetti civili, consegue l'automatica instaurazione dell'unione civile tra persone dello stesso sesso.”

E l’art. 70 octies c. 5 DPR 396/2000, introdotto dal D. Lgs 5/2017, dice: “… l'ufficiale dello stato civile del comune di celebrazione del matrimonio o di trascrizione se avvenuto all'estero, ricevuta la comunicazione della sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso, procede all'iscrizione dell'unione civile nel registro delle unioni civili con le eventuali annotazioni relative alla scelta del cognome ed al regime patrimoniale.

Quindi, nel caso in cui pervenga all’ufficio da parte del Tribunale una sentenza di rettificazione di sesso in cui sia indicata la volontà dei coniugi di non sciogliere il matrimonio o cessarne gli effetti civili, l’Ufficiale dello Stato Civile formerà, sulla parte seconda dei registri delle unioni civili, un atto utilizzando la formula n. 121.4 del nuovo formulario di cui al D.M. 27/02/2017 in cui darà atto del dispositivo della sentenza. Quindi annoterà a margine dell’atto di nascita e dell’atto di matrimonio delle parti l’avvenuta trasformazione del matrimonio in unione civile. Per gli atti di nascita sarà usata la formula n. 139 ter e per l’atto di matrimonio la formula n. 173 bis. Quindi, come di rito, invierà le comunicazioni per anagrafe, elettorale, leva. 

 

 

La costituzione dell’unione in altri casi particolari

 

Come per il matrimonio, anche per le unioni civili è prevista una celebrazione fuori dalla Casa Comunale nei due classici casi: grave impedimento per una delle due parti dell’unione a lasciare il proprio domicilio e costituzione dell’unione in imminente pericolo di vita.

La procedura è analoga rispettivamente a quella del matrimonio fuori dalla Casa Comunale, disciplinato dall’art. 110 c.c., e al matrimonio in imminente pericolo di vita, disciplinato dall’art. 101 c.c.

L’unione civile fuori dalla Casa Comunale sarà preceduta da regolare richiesta in cui, peraltro, la parte che non può lasciare il suo domicilio potrà farsi rappresentare da un procuratore speciale nei modi indicati dall’art. 12 c. 7 DPR 396/2000 (semplice delega sottoscritta e accompagnata dalla copia del documento d’identità del delegante). Quindi, dopo avere svolto le dovute verifiche e avere dato avviso alle parti della conclusione del procedimento, sulla scorta di documentazione che attesti l’impossibilità per la parte impedita di recarsi presso la Casa Comunale, nel giorno convenuto l’Ufficiale dello Stato Civile si porterà nel luogo in cui si trova la parte impedita con il Segretario Generale e, alla presenza di due testimoni (non quattro come nel matrimonio fuori dalla Casa Comunale), costituirà l’unione civile.

Per quanto riguarda l’unione civile in imminente pericolo di vita le parti non dovranno effettuare la richiesta, in virtù del pericolo imminente, e ,sulla base del certificato medico che attesti lo stato di salute della parte, che si troverà ricoverata in struttura pubblica o privata o anche presso il proprio domicilio, l’Ufficiale dello Stato Civile si porterà in tal luogo insieme con il Segretario Generale. Alla presenza di due testimoni (anche in questo caso non quattro come nell’analogo caso del matrimonio) le parti giureranno che non esistono tra loro gli impedimenti di legge per la costituzione dell’unione.  

22 gennaio 2018

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