Cittadinanza italiana per figli minori di genitori stranieri divorziati: quali sono le condizioni e le procedure?

Risposta al quesito del Dr. Andrea Dallatomasina

Quesiti
di Dallatomasina Andrea
13 Aprile 2023

Un cittadino di origine straniera ivi residente nei giorni scorsi ha prestato giuramento per la cittadinanza italiana ai sensi dell'articolo 9 comma 1 lettera f della Legge n. 91/1992.

I figli minori sono residenti con la madre in questo Comune.

Nella causa di ricorso al tribunale per lo scioglimento al matrimonio veniva richiesto l’affido congiunto ad entrambi i genitori dei minori con collocamento prevalente e residenza presso la madre. Con sentenza successiva il Tribunale ha disposto il divorzio confermando le condizioni presentante in sede di ricorso per lo scioglimento del matrimonio.

Il comune limitrofo mi invia la seguente documentazione per emettere le attestazioni di cittadinanza ai sensi dell’articolo 14 della legge n. 91/1992:

- Giuramento del padre

- Trascrizione decreto di concessione cittadinanza

- Ricorso per scioglimento matrimonio

- Sentenza di divorzio coniugi stranieri.

Ai sensi dell'articolo 14 della Legge n. 91/1992 i figli minori acquistano la cittadinanza se convivono con il genitore che la acquista e non mi risulta ci siano stati aggiornamenti sulla normativa.

Ho letto delle sentenze che riconoscono la cittadinanza italiana a figli di genitori separati e divorziati che avevano affido congiunto anche se al momento dell'acquisto erano residenti anagraficamente con il genitore che non ha acquistato la cittadinanza.

Sono dunque obbligata ad avviare il procedimento d'ufficio e ad inviare l’avvio del procedimento ad entrambi i genitori? In caso contrario qual è l’iter da seguire?

Risposta

Acquista la cittadinanza italiana anche il figlio minorenne di chi acquista o riacquista la cittadinanza italiana (articolo 14 della Legge 5 febbraio 1992, n. 91), purché sia convivente con esso: le condizioni richieste sono, dunque, che vi sia un genitore che acquisti la cittadinanza italiana, che sia figlio minorenne di tale genitore risultante da idonea documentazione, che nel momento in cui il genitore diviene cittadino sia convivente con esso in maniera stabile ed effettiva, tale da poter essere documentata, così come stabilito dall’articolo 12 del dPR 12 ottobre 1993, n. 572.

Si tratta quindi di situazioni che richiedono grande cautela ed attenzione da parte dell’ufficiale di stato civile in quanto l’aspetto rilevante è dato dalla convivenza, requisito che deve essere accertato, tramite l’ausilio della Polizia municipale: si ricorda che la norma non richiede la residenza del minore, quindi neanche l’iscrizione anagrafica, ma solamente la convivenza.

A tal fine, si suggerisce di comunicare ai genitori l’avvio del procedimento tendente a verificare il requisito della convivenza del minore con il genitore divenuto italiano.

La normativa e la prassi hanno dato rilievo alla convivenza intesa come coabitazione, ma recenti pronunce giurisprudenziali, supportate anche dalla riforma della filiazione, oggi tracciano un'interpretazione nell'applicazione del disposto dell'articolo 14 della Legge 5 febbraio 1992, n. 91 più estensiva in modo che la cittadinanza possa essere attribuita anche al minore, che se non coabitante, sia sotto la responsabilità genitoriale del genitore che ha acquistato la cittadinanza italiana il quale mantenga con il figlio una relazione di convivenza.

Secondo l’orientamento del decreto n. 32 della Corte d’Appello di Salerno del 20 agosto 2009, il figlio minore, nato dal matrimonio fra cittadini stranieri, che in sede di separazione giudiziale sia affidato ad uno di essi, ha diritto ad ottenere la cittadinanza italiana ai sensi dell’articolo 14 della Legge 5 febbraio 1992, n. 91, anche nel caso in cui l’altro genitore, “non affidatario”, sia divenuto cittadino italiano successivamente alla separazione; occorre ovviamente che il genitore continui a mantenere con il figlio un rapporto.

La suddetta sentenza, tuttavia, vale solamente per il caso concreto, ma rappresenta comunque un interessante spunto di riflessione e, soprattutto, costituisce un precedente che può indurre gli interessati a rivolgersi al giudice per ottenere analogo provvedimento di favore: non può essere l’autorità amministrativa a valutare una situazione che non rientra nell’indicazione normativa, ma solamente l’autorità giudiziaria, che dovrà essere adita dagli interessati, nel caso dal genitore che acquista la cittadinanza italiana e che, di fatto, non convive (cioè non coabita) con il figlio minorenne.

L’ufficiale di stato civile non può applicare la giurisprudenza ma dovrà valutare solamente i presupposti normativi.

L’accertamento della convivenza dovrà essere esperito dalla Polizia municipale: nel caso in cui non riuscisse a dimostrare la convivenza, affinché possa operare l’automatismo è opportuno che l’ufficiale di stato civile, in applicazione della legge sul procedimento amministrativo, trasmetta al genitore un preavviso di rigetto ai sensi dell’articolo 10-bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241, che consenta al genitore di partecipare al procedimento e di produrre idonea documentazione da cui risulti la convivenza protratta nel tempo.

Qualora risulti che il minore sia effettivamente convivente, si procederà con l’attestazione per l’acquisto della cittadinanza ai sensi dell’articolo 16, comma 8 del dPR 12 ottobre 1993, n. 572.

Nel caso in cui l’ufficiale di stato civile non riuscisse ad individuare il requisito della stabile ed effettiva convivenza, dopo aver rilasciato al genitore un preavviso di rigetto come previsto dall’articolo 10-bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241, dovrà indicare per iscritto i motivi del rifiuto (mancanza della coabitazione stabile) della mancata attestazione da parte del sindaco dell’acquisto della cittadinanza italiana da parte del minore (articolo 7 del dPR 3 novembre 2000, n. 396).

Contro il rifiuto l’interessato potrà adire il Tribunale civile ai sensi dell’articolo 95 del dPR 3 novembre 2000, n. 396. E, dal momento che trattasi di materia attinente a diritti soggettivi, la competenza è del giudice ordinario.

Il giudice può superare la norma, ammettendo anche prove testimoniali, l’Ufficiale dello Stato Civile no in quanto agisce con strumenti tipici del diritto amministrativo previsti da normative specifiche.


Dott. Andrea Dallatomasina 12 Aprile 2023


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