La revoca del rappresentante del Comune presso enti, aziende ed istituzioni è riservata al Sindaco

Servizi Comunali Amministratori locali
di De Carlo Eugenio
27 Gennaio 2018

Approfondimento del Dott. Eugenio De Carlo                

 

La revoca del rappresentante del Comune presso enti, aziende ed istituzioni è riservata al Sindaco
 

Eugenio De Carlo

 

L’art. 50 comma 8 del TUEL (decreto legislativo n. 267/2000) dispone che “Sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni.”

Il Consiglio di Stato, con la recente sentenza Sez. V sentenza 29 dicembre 2017 n. 6162, ha osservato che  l’art. 50 TU cit. contiene una disposizione dalla portata assolutamente generale, salvo espresse deroghe legislative, non potendosi altrimenti individuarla in via indiretta anche indagando nella struttura giuridica dei soggetti i quali devono avere nell’ambito dei loro organi decisori un rappresentante comunale o interpretando eventuali dichiarazioni del tutto  estemporanee da parte di organi comunali (cfr. Cons. Stato, V, 29 ottobre 2009 n. 6691).

Peraltro, è stato sottolineato, da un lato, il carattere fiduciario insito nel giudizio di affidabilità nell’individuare il componente di spettanza del Comune non può consumarsi solo nell’atto di nomina, ma deve perdurare nel corso dello svolgimento delle funzioni e dall’altro il fatto che tali nomine non sono esito di una procedura concorsuale finalizzata alla scelta delle figure più preparate, ma dipendono, oltre che dalla professionalità del soggetto designato, anche dalla sintonia con l’indirizzo politico-amministrativo stabilito dall’amministrazione comunale ed inteso non tanto come un’adesione all’orientamento politico dei vertici comunali, ma anche ad un accordo sulle scelte concrete dell’Ente nominante (cfr. Cons. Stato, V, 20 ottobre 2008 n. 5107; id. 28 gennaio 2005 n. 178).

Chiarita, dunque, l’ampia discrezionalità per il Comune nel disporre la revoca dei soggetti da esso nominati all’interno degli Enti ove la legge lo preveda, è stata ritenuta sufficiente la contestazione nel corso del procedimento di revoca della mancata adesione agli indirizzi amministrativi di gestione formulata dal Comune.

Nel caso, invece, di nomine presso società partecipate dal Comune – come statuito dalla Suprema Corte di Cassazione (SS.UU., ordinanza n. 17705 del 18 luglio 2017), la revoca dell’amministratore di nomina pubblica, ai sensi dell’art. 2449 cod. civ., può essere da lui impugnata presso il giudice ordinario, non presso il giudice amministrativo, trattandosi di atto “uti socius”, non ‘iure imperii”, compiuto dall’ente pubblico “a valle” della scelta di fondo per l’impiego del modello societario, ogni dubbio essendo risolto a favore della giurisdizione ordinaria dalla clausola ermeneutica generale in senso privatistico di cui all’art. 4, comma 13, del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 135.

In siffatti casi, quindi, la revoca dell’amministratore di società per azioni partecipate da enti locali costituisce  un atto tipico espressivo dell’autonomia privata, la cui contestazione in giudizio rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, anche nel caso in cui le società stesse siano costituite secondo il modello del cd. in house providing (cfr. Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, ordinanza n. 24591/2016).

In tema di aziende speciali, invece, il Consiglio di Stato (Sez. V, sent. n. 4435/2017), facendo leva sull'orientamento della Cassazione secondo cui le azioni concernenti la nomina o la revoca di amministratori e sindaci, ai sensi dell'articolo 2449 del codice civile, delle società in house spettano al giudice ordinario, ha esteso tout court tale indirizzo alle aziende speciali, senza considerare le debite differenze tra i due modelli organizzativi in questione. Pertanto, è stato ritenuto che l'azienda speciale «è un modello alternativo all'azionariato pubblico, benché finalizzato anch'esso alla gestione di servizi pubblici di rilevanza economica», con l'effetto che «la partecipazione al capitale di società per azioni si contraddistingue (…) per l'utilizzo di uno strumento proprio del diritto civile (…) benché esso venga poi “piegato” a finalità di pubblico interesse».

22 gennaio 2018

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