Semplificazione della dichiarazione annuale dei sostituti d’imposta: modifiche al provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 25978 del 31 gennaio 2025
Agenzia delle Entrate – Provvedimento 3 giugno 2025, Prot. n. 241540/2025
Risposta di Andrea Dallatomasina
QuesitiAbbiamo ricevuta la dichiarazione di residenza della moglie danese di un diplomatico italiano che lavora presso l'Ambasciata di Tirana, attualmente residente nel nostro comune ma domiciliato in Albania.
L'interessata, pur essendo sposata con il nostro cittadino dal 2021, non è mai stata iscritta all'anagrafe in nessun comune italiano, pertanto si tratterebbe di una prima iscrizione dall'estero di una cittadina comunitaria. Dal punto di vista economico e sanitario non ci sono difficoltà perché l'interessata è a carico del marito ed è coperta da un’assicurazione sanitaria privata. Il problema risiede nell’impossibilità di accertare la dimora abituale, in quanto i coniugi in questo momento si trovano entrambi a Tirana in missione diplomatica.
L’Ambasciata italiana a Tirana ha rilasciato una dichiarazione tramite cui si attesta che il marito è domiciliato a Tirana e che, per motivi di accompagnamento diplomatico, la residenza di entrambi viene sita nel nostro Comune nonostante il domicilio sia fissato presso l’Ambasciata a Tirana.
Si chiede pertanto se, in base alla dichiarazione ricevuta e a quanto disposto dall’art. 19 lettera b) della legge 470/1988, sia possibile procedere all’iscrizione della cittadina nonostante la dichiarante non sia fisicamente presente all'indirizzo di residenza al momento dell'accertamento.
Vi sono due questioni da analizzare: i requisiti previsti dal Decreto Legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 e la dimora abituale del richiedente l’iscrizione anagrafica.
Ora per quanto riguarda i requisiti previsti dal Decreto Legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, in questo caso si può procedere all’iscrizione anagrafica della cittadina comunitaria in qualità di familiare di cittadino italiano. Questo in considerazione del principio costituzionale che tutela l’unità familiare (articolo 29 della Costituzione) la cittadina comunitaria può infatti legittimamente soggiornare in Italia a prescindere dal possesso dei requisiti di soggiorno previsti dal Decreto Legislativo 6 febbraio 2007, n. 30.
La indicata soluzione è coerente con la disciplina del diritto di soggiorno dei cittadini di Paesi non appartenenti all’Unione europea, contenuta dal Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286, che individua nella presenza del legame familiare con il cittadino italiano una delle condizioni d’inespellibilità dello straniero, consentendone il soggiorno sul territorio nazionale.
Quindi occorre la dimostrazione del rapporto di coniugio, codice fiscale e passaporto.
Per quanto riguarda l’accertamento della dimora abituale occorre fare riferimento al concetto di "residenza anagrafica", così come definito dalla normativa anagrafica e dalla Giurisprudenza.
L'articolo 3 comma 2 del dPR 30 maggio 1989, n. 223, al comma 2, dispone che "Non cessano di appartenere alla popolazione residente le persone temporaneamente dimoranti in altri comuni o all'estero per l'esercizio di occupazioni stagionali o per causa di durata limitata".
Meglio ancora, si esprime la Corte di Cassazione con la sentenza del 14 marzo 1986, dove afferma che “La residenza di una persona è determinata dalla sua abituale e volontaria dimora in un determinato luogo, cioè dall’elemento obiettivo della permanenza in tale luogo e dall’elemento soggettivo dell’intenzione di abitarvi stabilmente, rivelata dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento delle normali relazioni sociali; questa stabile permanenza sussiste anche quando la persona si rechi a lavorare o a svolgere altre attività fuori del comune di residenza, sempre che conservi in esso l’abitazione, vi ritorni quando possibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali”.
Dunque NON sempre e NON necessariamente, la presenza fisica di una persona è elemento determinante ai fini dell'accertamento del requisito della residenza e, di conseguenza, del diritto all'iscrizione anagrafica.
In alcuni casi (nemmeno tanto rari) gli accertamenti dei vigili saranno sempre negativi e non per questo, queste persone possono restare senza iscrizione anagrafica, ma, se hanno la disponibilità di un alloggio nel quale dichiarano di abitare ogni qual volta ne abbiano la possibilità, sebbene anche molto raramente e per brevi periodi, quello va considerato il "luogo di residenza".
Si tratta di persone che, legittimamente, sono "a casa" raramente, per motivi di lavoro, di studio, di stile di vita, ecc.
Quindi se la persona descritta nel quesito ha la disponibilità dell'alloggio (è di sua proprietà e non risulta affittato ad altri oppure nell’abitazione ove sono iscritti i famigliari), accertato che la dichiarazione circa il motivo dell'assenza e cioè la presenza presso l’Ambasciata corrisponde al vero, accertato che tale abitazione ha le caratteristiche minime indispensabili per abitarvi, seppure saltuariamente, l'ufficiale d'anagrafe deve iscrivere questa persona nel luogo dichiarato, anche se gli accertamenti non potranno che essere negativi, per ovvie ragioni.
12 Giugno 2023 Andrea Dallatomasina
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