Mancata attribuzione del codice fiscale a cittadino extracomunitario che presenta richiesta di iscrizione anagrafica
Risposta della Dott.ssa Liliana Palmieri
Risposta di Andrea Dallatomasina
QuesitiUn cittadino comunitario, cancellato da un altro comune per trasferimento all’estero, chiede nuovamente l’iscrizione anagrafica il 09.08.2023.
Presenta la busta paga del mese di Giugno 2023 ed il contratto di lavoro scaduto il 31.07.2023.
Informato che l’iscrizione non può essere effettuata per mancanza dei requisiti, presenta una dichiarazione dell’INPS in cui l'ente dichiara che il cittadino ha diritto alla NASPI in considerazione dei contributi risultanti a suo nome ma che non è possibile attivarne l’erogazione se non risulta residente.
Abbiamo richiesto all’INPS dei chiarimenti e tramite PEC hanno confermato quanto sopra riportato.
Si chiede conferma della possibilità di procedere all’iscrizione.
Fortuna vuole che, a differenza dei cittadini extracomunitari, i cittadini dell'Unione europea abbiano il diritto di presentare domanda di iscrizione anagrafica esibendo semplicemente un passaporto o un documento equipollente, compresa una carta di identità valida per l'espatrio.
Con questo solo requisito, l'ufficiale d'anagrafe ha l'obbligo di iscrivere il cittadino comunitario entro i classici due giorni dalla data di presentazione della domanda.
Successivamente, nella fase istruttoria e cioè entro 45 giorni dalla presentazione della domanda, il cittadino comunitario che, in sede di presentazione della domanda di iscrizione, non abbia provveduto a presentare la documentazione necessaria per dimostrare di avere i requisiti previsti dal Decreto Legislativo 6 Febbraio 2007, n. 30, potrà e dovrà provvedervi, al fine di poter ottenere la "conferma" e la "convalida" della sua iscrizione già avvenuta.
Naturalmente, se i cittadini comunitari, dopo essere stati iscritti, non riescono a dimostrare di avere i requisiti previsti dall’articolo 7 comma 1 del Decreto Legislativo 6 febbraio 2007, n. 30, la loro iscrizione dovrà essere annullata.
Fatte le premesse, in base a quanto riportato nel quesito e senza valutare la storia lavorativa del cittadino comunitario prima della cancellazione per l’estero (sconosciuta a chi risponde al quesito), ricordo che l’articolo 7 comma 3 lettera c) del Decreto Legislativo 6 Febbraio 2007, n. 30, è finalizzata a tutelare la condizione del lavoratore, sia esso subordinato o autonomo, nel caso in cui questi si trovi in stato di disoccupazione involontaria dopo aver esercitato un’attività lavorativa per i primi dodici mesi nel territorio nazionale.
Difatti il cittadino dell'Unione, già lavoratore subordinato o autonomo sul territorio nazionale, conserva il diritto al soggiorno di cui al comma 1, lettera a) quando “è in stato di disoccupazione involontaria debitamente comprovata al termine di un contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad un anno, ovvero si è trovato in tale stato durante i primi dodici mesi di soggiorno nel territorio nazionale, è iscritto presso il Centro per l'impiego ovvero ha reso la dichiarazione, di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, così come sostituito dall'articolo 3 del decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, che attesti l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa. In tale caso, l'interessato conserva la qualità di lavoratore subordinato per un periodo di un anno”.
La disoccupazione involontaria dovuta alla scadenza del contratto di lavoro di durata determinata inferiore ad un anno è una condizione necessaria ma non sufficiente ai fini della conservazione del diritto di soggiorno; occorrono, infatti, ulteriori requisiti e cioè:
– avere esercitato un’attività lavorativa a tempo determinato per un periodo inferiore ad un anno, ovvero aver esercitato un’attività lavorativa cessata durante i primi 12 mesi di soggiorno nel territorio nazionale;
– avere esercitato tale attività lavorativa in Italia;
– essere iscritto presso il Centro per l’impiego. Il possesso di tale requisito può essere dimostrato anche tramite dichiarazione, di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181 (norma abrogata e sostituita dall’articolo 19 del Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 150), che attesti l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa.
Le fattispecie descritte dall’articolo 7, comma 3, lettera c) consentono all’interessato di conservare la qualità di lavoratore subordinato per un periodo di un anno.
Questa limitazione ai fini del mantenimento dell’iscrizione anagrafica non ha conseguenze, poiché l’interessato deve dimostrare il possesso dei requisiti al momento della richiesta di iscrizione e tali requisiti devono essere presenti anche al momento della conclusione del procedimento di iscrizione; ad iscrizione avvenuta, l’ufficiale d’anagrafe non è tenuto ad effettuare controlli sul mantenimento delle condizioni di soggiorno, nemmeno nel caso in cui sia evidente che, ad una certa data, il cittadino con ogni probabilità non sarà più in possesso dei requisiti.
1° settembre 2023 Andrea Dallatomasina
Per i clienti Halley: ricorrente QD n. 2890, sintomo n. 2921
Risposta della Dott.ssa Liliana Palmieri
Ministero dell'Economia e delle Finanze - Decreto 18 febbraio 2025
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