Risposta di Andrea Dallatomasina
QuesitiSto istruendo una pratica "jure sanguinis" di un cittadino di origine brasiliana.
Dall'esame dell'atto di nascita di un avo del richiedente è emerso che il dichiarante (il padre) al momento della nascita ha indicato esclusivamente il nome del figlio, ossia Antonio, senza nulla specificare in merito al cognome: l'atto di nascita riporta infatti solo il nome del nato.
La filiazione risulta essere legittima come riportato sull'atto.
Si chiede come procedere.
Tale concetto era stato in precedenza affermato, proprio con riferimento al fatto che l’ufficiale dello stato civile fosse vincolato perfino all’osservanza delle circolari ministeriali, appunto per escludere qualsiasi discrezionalità: “La circolare ministeriale che reca le istruzioni in questa materia, pertanto, vincola gli ufficiali dello stato civile, a differenza delle altre circolari interpretative che, ordinariamente, sono prive di efficacia vincolante nei confronti degli organi periferici ...” (Cons. Stato, sez. III, 13-26 ottobre 2016, n. 4478. Ancora, Cons. Stato, sez. III, 1° dicembre 2016, n. 5047): tutto questo lascia facilmente intendere come, nella valutazione della documentazione presentata, l’ufficiale dello stato civile debba attenersi alle istruzioni ministeriali, nello specifico contenute nella più volte citata circolare k.28.1 del 1991, limitandosi a valutare il contenuto dei documenti presentati senza alcuna possibilità o, tantomeno, alcun obbligo di ricostruire la discendenza della cittadinanza facendo corrispondere, secondo una sua interpretazione, magari suggerita dal richiedente, dati che non risultano congruenti.
In altre parole, l’ufficiale dello stato civile esamina la documentazione secondo le risultanze della stessa e se alcuni dati non corrispondono, ad esempio nelle generalità dell’avo a suo tempo emigrato dall’Italia come risultanti nell’atto di nascita formato in Italia, rispetto a quelle risultanti nell’atto di matrimonio avvenuto all’estero, non potrà essere l’ufficiale di stato civile a risolvere tale discordanza “interpretando” la documentazione presentata così da poter affermare che si tratta della stessa persona.
Può capitare che queste incongruenze sulle generalità degli avi vengano sanate prima che la pratica di riconoscimento della cittadinanza italiana venga presentata all’ufficiale dello stato civile direttamente nello Stato estero dove gli atti sono stati rilasciati: in pratica si tratta di provvedimento di rettificazione dei diversi atti, provvedimento che dovrà risultare annotato negli atti stessi e che dovrà comunque essere allegato tra la documentazione presentata.
Occorre ricordare che il riconoscimento di provvedimenti giurisdizionali o anche amministrativi da parte dell’ufficiale dello stato civile può avvenire se tali provvedimenti rispettano i requisiti richiesti dagli articoli 65 e 66 della Legge 31 maggio 1995, n. 218, purché non siano contrari all’ordine pubblico e siano stati rispettati i diritti essenziali della difesa.
Nel caso di variazione di generalità (cognome e nome ad esempio) di persona deceduta, il provvedimento giurisdizionale, con la presenza del procuratore a tutela dell’interesse pubblico, soddisfa tali requisiti, mentre il provvedimento amministrativo a cura dell’ufficiale di stato civile straniero, a seguito di domanda da parte del richiedente il riconoscimento della cittadinanza, non può soddisfare tali requisiti, in quanto nessuno tutela la persona deceduta che si vede modificare le proprie generalità o la data di nascita dopo un secolo, senza che possa intervenire per far valere le sue ragioni.
Pertanto, per tale motivo, non si ritiene accettabile la procedura amministrativa, in quanto non soddisfa i requisiti di cui agli articoli 65 e 66 della Legge 31 maggio 1995, n. 218.
Inoltre, se la rettifica amministrativa interviene sul nome e/o cognome, non può essere accettata anche secondo l’orientamento del Ministero dell’interno contenuto nel Massimario per l’Ufficiale dello Stato Civile, par. 8.6. il provvedimento emesso all’estero da autorità giurisdizionale, relativo al cambiamento di un cognome o nome di un cittadino italiano, potrà essere riconosciuto efficace in Italia, qualora risultino soddisfatte le condizioni di cui agli articoli 64 e seguenti della legge 218/1995 […]. Al contrario, qualora si tratti di un provvedimento avente carattere amministrativo, non potrà essere riconosciuto efficace in Italia […]”.
Tale ricostruzione normativa è condivisa dalla dottrina, la quale osserva che il provvedimento amministrativo non potrà mai soddisfare i requisiti di cui agli articoli 65 e 66 della Legge 31 maggio 1995, n. 218, poiché la persona deceduta non può far valere le proprie ragioni, ma solo vedersi modificate le proprie generalità.
Inoltre, in assenza di un qualsiasi provvedimento, le rettifiche che avvengono esclusivamente tramite annotazione non consentono l’accoglimento dell’istanza poiché non è possibile effettuare un vaglio ai sensi degli articoli citati.
Si osserva, infine, che il giudice ordinario ha poteri di istruttoria di più ampia portata rispetto a quelli dell’ufficiale dello stato civile, anche nel valutare eventuali rettifiche in via amministrativa che non possono essere riconosciute ai sensi della Legge 31 maggio 1995, n. 218,
Nel provvedimento di rifiuto l’ufficiale dovrà anche dare atto delle eventuali osservazioni presentate ai sensi dell’articolo 10-bis della Legge 7 agosto 1990, n. 241, e del perché le stesse non possano essere accolte.
Contro il provvedimento dell’ufficiale dello stato civile è ammesso ricorso al Tribunale competente per territorio ai sensi dell’articolo 95, comma 2, dPR 3 novembre 2000, n. 396, il quale a differenza dell’ufficiale dello stato civile può valutare i documenti diversamente poiché è dotato di più ampi mezzi istruttori; potrebbe pertanto riconoscere la cittadinanza italiana jure sanguinis ove all’ufficiale dello stato civile ciò non è consentito.
4 Settembre 2023 Andrea Dallatomasina
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