Correzione o rettifica su atto di nascita estero di neo cittadino italiano in cui risulta mancante cognome della madre
Risposta della Dott.ssa Roberta Mugnai
Risposta di Andrea Dallatomasina
QuesitiUna cittadina residente chiede di eliminare dallo stato di famiglia il marito in carcere con pena definitiva. Presenta la sentenza tramite cui si pronuncia in via definitiva la separazione personale dei coniugi e dichiara ex art. 330 c.c. che il marito è decaduto dalla responsabilità genitoriale sul figlio minore, senza facoltà di incontri, e che il tribunale ha disposto l'affido esclusivo del minore alla madre.
Si chiede pertanto se sia possibile procedere alla variazione dello stato di famiglia e alla mutazione anagrafica.
Per la situazione anagrafica del soggetto che risulta iscritto in famiglia ma attualmente in carcere occorre coordinare i principi generali della tenuta dell’anagrafe con le disposizioni espressamente previste nell’articolo 10-bis del dPR 30 maggio 1989, n. 223 e quanto previsto dall’articolo 45 comma 4 della Legge 26 luglio 1975, n. 354, che è stato modificato dall’articolo 11 del Decreto Legislativo 2 ottobre 2018, n. 123.
L’articolo 10-bis comma 1 lettera c) del dPR 30 maggio 1989, n. 223, disciplina le posizioni che non comportano mutazioni anagrafiche prevede che “Non deve essere disposta, né d'ufficio, né a richiesta dell'interessato, la mutazione anagrafica, per trasferimento di residenza, dei detenuti in attesa di giudizio”.
Questa norma dispone che tutti i detenuti che fossero già registrati (iscritti) in ANPR, finché si trovano nella condizione di essere “in attesa di giudizio”, non potranno ottenere la “mutazione” anagrafica e cioè, in pratica, dovranno restare iscritti nel luogo di residenza registrato prima della detenzione.
L’articolo 45 comma 4 della Legge 26 luglio 1975, n. 354, che è stato modificato dall’articolo 11 del Decreto Legislativo 2 ottobre 2018, n. 123, prevede che "… il detenuto o l'internato privo di residenza anagrafica è iscritto, su segnalazione del direttore, nei registri della popolazione residente del comune dove è ubicata la struttura. Al condannato è richiesto di optare tra il mantenimento della precedente residenza anagrafica e quella presso la struttura ove è detenuto o internato. L'opzione può essere in ogni tempo modificata".
Chi si trova in carcere non lo fa "per scelta", ma perché obbligato da un provvedimento di detenzione che, pertanto, ha sempre il carattere della "temporaneità", anche nel caso in cui si tratti di detenzioni molto lunghe. Di norma, anche se, chi si trova costretto ad abitare in un carcere, conserva la speranza, la volontà e la possibilità di ritornare ad abitare con la propria famiglia nell'immobile in cui abitava prima della detenzione.
Secondo la definizione di "residenza" che ha dato la Corte di Cassazione, con la famosa sentenza del 14 marzo 1986 la residenza è il "centro delle proprie relazioni famigliari e sociali", prevedendo, quindi, anche la possibilità che la presenza fisica abbia un'importanza relativa.
Ora il detenuto può trovarsi, nei confronti del concetto di "residenza anagrafica", con una condanna da scontare in vari anni: in questo caso, la sua condizione nei confronti del concetto di "residenza anagrafica" può variare da caso a caso:
a) non ha più una famiglia "alle spalle" perché non ce l'aveva al momento in cui è entrato in carcere, o perché ha perso la sua famiglia a seguito di divorzio o decesso dei suoi famigliari; oppure, anche se ancora esistente, la sua famiglia lo ha in qualche modo "ripudiato" e non lo ritiene più un proprio "famigliare": in questi casi il detenuto dovrà obbligatoriamente essere iscritto nella convivenza del carcere, se necessario, anche d'ufficio e anche contro la volontà dell'interessato e/o del direttore del carcere;
b) il detenuto aveva una famiglia e la mantiene anche dopo la condanna: rimangono cioè intatti quei rapporti e quei legami parentali e/o affettivi che consentono di continuare a considerare il luogo in cui abitano i suoi famigliari "il centro delle proprie relazioni famigliari e sociali". È in questi casi che il detenuto può scegliere se iscriversi nella convivenza del carcere, oppure rimanere iscritto nella famiglia da cui è stato costretto ad allontanarsi per scontare la pena, ma nella quale conserva la possibilità di ritornare.
Pertanto, il caso sottoposto, va risolto con idonea segnalazione ex. articolo 16 del d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, all’ufficiale d’anagrafe del comune ove è ubicata la convivenza del carcere informandolo della situazione (condanna di primo grado, decadenza della responsabilità genitoriale sul figlio e divieto d’incontro) ed invitandolo quindi alla regolarizzazione della posizione anagrafica.
Si tratta comunque di valutazioni che spettano all’Ufficiale di Anagrafe del Comune in cui si trova la struttura penitenziaria.
31 Ottobre 2023 Andrea Dallatomasina
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