Premesso che le deliberazioni di riconoscimento a norma dell’art. 194 comma 1 lett. a) sono provvedimenti vincolati in quanto hanno la finalità a ricondurre all’unità del sistema di bilancio dell’ente locale fattispecie debitori generatesi al di fuori dell’ordinaria gestione contabile dell’ente stesse, a causa di provvedimenti giurisdizionali comportanti il pagamento di spese a carico del bilancio comunale e che il mancato o tardivo riconoscimento di siffatti debiti espone a responsabilità erariale per le eventuali azioni esecutive conseguenti all’inadempimento o al tardivo adempimento.
Ciò premesso, si evidenzia che l’art. 78 comma 2 TUOEL dispone il dovere di astensione riguarda le delibere correlate a interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado e anche rispetto a quelle a carattere normativo o generale è richiesto che sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell’amministrazione o di parenti o affini fino al quarto grado, anche se la votazione potrebbe non avere altro apprezzabile esito e la scelta fosse in concreto la più utile e la più opportuna per l’interesse pubblico (Consiglio di Stato, sez. IV, 26 maggio 2003, n. 2826; idem 4 dicembre 2003, n. 7050; idem 12 dicembre 2000, n. 6596).
Pertanto, il dovere di astensione sussiste in tutti i casi in cui gli amministratori versino in situazioni, anche potenzialmente, idonee a porre in pericolo la loro assoluta imparzialità e serenità di giudizio.
Una costante giurisprudenza ritiene che l'obbligo di astensione, per conflitto di interessi da parte dei soggetti appartenenti ad organi collegiali, sussista in tutti i casi in cui i soggetti tenuti alla sua osservanza siano portatori di interessi personali che possano trovarsi in posizione di conflittualità o anche solo di divergenza rispetto a quello, generale, affidato alle cure dell'organo di cui fanno parte (ex multisTAR Puglia-Lecce, sez. I, 18 luglio 2009, n. 1884; Consiglio di Stato, sez. V, 13 giugno 2008, n. 2970).
Pertanto, il dovere di astensione sussiste in tutti i casi in cui gli amministratori versino in situazioni, anche potenzialmente, idonee a porre in pericolo la loro assoluta imparzialità e serenità di giudizio. Ciò al fine di evitare che, partecipando alla discussione e all'approvazione del provvedimento, essi possano condizionare nel complesso la formazione della volontà dell'assemblea concorrendo a determinare un assetto complessivo non coerente con la volontà che sarebbe scaturita senza la loro presenza (Consiglio di Stato, sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3385).
Nelle fattispecie in questione, dunque, occorrerebbe sapere se i d.f.b. riconosciuti riguardavano eventuali emolumenti o compensi a favore del CTP e del legale incaricato. Infatti, ove il provvedimento deliberativo non riguardasse in alcun modo la corresponsione di detti emolumenti, non si porrebbe in modo assoluto un problema di eventuali conflitti d’interessi, anche perché non compete al Consiglio decidere se proporre appello/impugnare la sentenza oggetto di riconoscimento, ma al sindaco, la giunta o altro ufficio comunale in base allo statuto e, quindi, non compete sindacare le strategie e le decisioni in ordine alla sentenza stessa; nel caso, invece, in cui il provvedimento di riconoscimento riguardasse anche emolumenti o compensi a favore di parenti o affini, sebbene la natura giurisdizionale del provvedimento riconosciuto e la natura vincolata dell’adempimento di fatto escludano ogni possibile conflitto, in siffatto caso solo ragioni di opportunità e di convenienza dovrebbero indurre ad astenersi dalla votazione (salvo che non emergano altri elementi, in concreto, che invece rendano necessaria l'astensione).
22 dicembre 2023 Dr. Eugenio De Carlo
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