Diritti dell’ente nella gestione di immobili locati o affidati in concessione amministrativa per la tutela dell’incolumità pubblica

Risposta del Dott. Eugenio De Carlo

Quesiti
di De Carlo Eugenio
05 Gennaio 2024

Un immobile di proprietà comunale, attualmente in concessione a una società privata, presenta gravi problematiche, tra cui infiltrazioni d'acqua e condizioni pessime, e costituisce un rischio per la sicurezza pubblica. Si chiede se la Polizia Locale possa intervenire per verificare le condizioni senza avvisare il soggetto detentore ed eventualmente quale sia la procedura da adottare.

Risposta

Non è chiaro se l’immobile sia stato dato nella forma giuridica della concessione amministrativa o in quella della locazione (la prima adatta ai beni demaniali e patrimoniali indisponibili; la seconda adatta ai beni patrimoniali disponibili), atteso che dal regime applicabile in base al tipo di rapporto possono essere esercitati poteri ben diversi (pubblicistici e autoritativi nel primo caso; privatistici nel secondo).

Ciò premesso, si osserva che in genere, tanto nelle concessioni amministrative quanto nei contratti di locazione, il proprietario conserva il diritto di accesso al bene concesso o locato. Tuttavia, nel caso della locazione, l’Ente anche se proprietario deve sottostare alle regole del Codice civile e della legge 392/78 sulle locazioni, operando su un piano paritetico e iure privatorum, mentre nel caso di concessione, stante il carattere unilaterale e la natura pubblicistica di queste, l’Ente può disporre di poteri autoritativi in caso di esigenza di tutela dell’interesse pubblico.

Nel caso delle locazioni, infatti, le regole di accesso al bene immobile locato devono essere precisate nel contratto, non potendo il proprietario entrare liberamente, se non su permesso dell’inquilino/conduttore, ma in casi particolari e prestabiliti, salvo che non si verifichino situazioni particolari, o di primaria urgenza, che permettono invece al proprietario di entrare, anche senza autorizzazione, come quando ci sono pericoli imminenti che possono mettere a repentaglio la vita e la salute di persone o il rischio di danni ai locali. In ogni caso, è bene che le regole di accesso siano previste e precisate nel contratto di locazione. Nel caso in cui il proprietario sia impedito nell’accesso, potrà agire davanti al giudice civile per far dichiarare l’inadempimento del conduttore e per far sciogliere il contratto, oltra per far accertare e dichiarare i danni procurati dall’inquilino.

Nel caso della concessione, invece, l’Ente potrebbe revocare la concessione a norma della legge n. 241/1990.

Quanto all’accertamento delle condizioni dell’immobile, l’accesso potrà essere effettuato dai tecnici comunali in collaborazione con le Forze di Polizia locale, avendo competenze diverse in quanto l’Ufficio tecnico ha specifiche cognizioni di causa in materia di condizioni e di salubrità degli ambienti competenza nella stima dei danni, mentre la Polizia locale può svolgere funzioni di polizia amministrativa e, ove investita, anche di P.G., ma non certamente di natura tecnica.

Quanto all’incolumità pubblica, si rammenta che la giurisprudenza ha chiarito che “se è vero che nella nozione di incolumità dei cittadini può includersi anche il caso di minaccia grave e attuale alla incolumità di soggetti privati che si verifichi esclusivamente entro ambiti di proprietà privata, senza riflessi diretti sulla pubblica incolumità, vale a dire senza che il pericolo minacci anche aree di pubblico transito e accesso, è altresì vero che, in siffatte, eccezionali evenienze, il pericolo deve presentare una consistenza e una evidenza particolarmente gravi e univoche, tali in definitiva da non consentire neppure la prosecuzione dell’uso o dell’abitazione dello spazio o del volume di pertinenza privata interessato dallo stato di pericolo, sì da giustificare piuttosto lo sgombero, e non il mero ordine di esecuzione dei lavori” (TAR, Campania-Napoli, sez. V, sentenza 19/04/2007 n° 4992; conformi TAR Bari, sent. n. 1399/2014 e Lecce n. 893/2015).

La discrezionalità di cui gode la Pubblica Amministrazione, infatti, non implica che essa possa esimersi dall’attenersi ai criteri fondamentali di prudenza e diligenza richiesti per la tutela dei beni valutati dall’ordinamento come oggetto di diritti assoluti.

Infatti, è stato osservato che “quando si tratti, dunque, di un caso di pericolo gravante esclusivamente su beni privati sottratti a qualsiasi forma di uso e transito pubblici, il vaglio di legittimità dell’esercizio del potere di ordinanza ex art. 54 d.lgs. 267/2000 deve essere ancor più penetrante e severo, soprattutto al fine di impedire che il ricorso a tale invasivo strumento imperativo, sviando dalla funzione pubblica, si risolva in una inutile e indebita interferenza in liti tra privati (magari già incardinate dinanzi al competente giudice civile)” (Cfr. giurisprudenza citata sopra).

In tal senso, in riferimento alla citata giurisprudenza, ad esempio, è stata ritenuta illegittima l’ordinanza sindacale che era intervenuta, con abusivo ricorso all’invasivo strumento sussidiario dell’ordinanza contingibile e urgente, in una lite in corso tra privati, in un’ipotesi sostanzialmente priva dei caratteri di urgenza e indifferibilità di intervento a tutela della pubblica e privata incolumità, trattandosi di pericolo per l’incolumità dei cittadini circoscritto ad un immobile di proprietà privata e risulta eventualmente causato da fatti di carente o cattiva manutenzione e dalla conseguente lite condominiale sulla responsabilità e sulla spettanza dell’esecuzione dei connessi lavori di ordinaria o di straordinaria manutenzione.

Anche la Cassazione penale (Sez. I, v. sentenza n. 1703272023), con riferimento al reato ex art. 650 c.p., "Inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità", ha ritenuto che per potersi configurare detto provvedimento questo deve essere stato emesso nell'interesse della collettività, con la conseguenza che il reato di cui all'art. 650 cod. pen. non sussiste nel caso di inosservanza di provvedimento adottato nell'interesse di privati cittadini (Sez. 1, n. 46004 del 21/10/2014: fattispecie in cui la Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna dell'imputato per non aver ottemperato all'ordinanza sindacale di demolizione di un muro pericolante, in quanto il giudice di merito non aveva precisato se la situazione di pericolo riguardasse un'area privata o pubblica). Pertanto, con la citata sentenza è stata annullata senza rinvio la sentenza impugnata in quanto l’ordinanza inadempiuta aveva riguardato una situazione di pericolo per la privata (non pubblica) incolumità nei confronti dei confinanti.

4 Gennaio 2024            Eugenio De Carlo

 

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