Importo dello stipendio di un dipendente ai fini del minimo vitale

Risposta del Dott. Massimo Monteverdi

Quesiti
di Monteverdi Massimo
25 Marzo 2024

Si pone un quesito relativo al minimo vitale sulla busta paga di un dipendente.

Il dipendente (categoria C3) ha varie trattenute sulla busta paga (prestiti, delega, canoni vari) e svolge un part-time di 18 ore settimanali. Di conseguenza ha un netto in busta paga piuttosto basso, poco più di € 500,00.

Il dipendente ha richiesto un certificato di stipendio per rinegoziare dei prestiti in corso. A quanto ammonta il minimo vitale? Qual è l'importo sotto il quale non dovrebbe mai scendere la retribuzione mensile?

Risposta

La normativa di riferimento per i dipendenti pubblici è l’art. 2, D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180:

"Art. 2. (Eccezioni alla insequestrabilità e all'impignorabilità).

Gli stipendi, i salari e le retribuzioni equivalenti, nonché le pensioni, le indennità che tengono luogo di pensione e gli altri assegni di quiescenza corrisposti dallo Stato e dagli altri enti, aziende ed imprese indicati nell'articolo 1, sono soggetti a sequestro ed a pignoramento nei seguenti limiti:

1) fino alla concorrenza di un terzo valutato al netto di ritenute, per causa di alimenti dovuti per legge;

2) fino alla concorrenza di un quinto valutato al netto di ritenute, per debiti verso lo Stato e verso gli altri enti, aziende ed imprese da cui il debitore dipende, derivanti dal rapporto d'impiego o di lavoro;

3) fino alla concorrenza di un quinto valutato al netto di ritenute, per tributi dovuti allo Stato, alle province ed ai comuni, facenti carico, fino dalla loro origine, all'impiegato o salariato.

Il sequestro ed il pignoramento, per il simultaneo concorso delle cause indicate ai numeri 2, 3, non possono colpire una quota maggiore del quinto sopra indicato, e, quando concorrano anche le cause di cui ai numero 1, non possono colpire una quota maggiore della metà, valutata al netto di ritenute, salve le disposizioni del titolo V nel caso di concorso anche di vincoli per cessioni e delegazioni.”

Ai sensi dell’art. 68, c. 1, D.P.R. n. 180/1950:

“(…) Quando preesistono sequestri o pignoramenti, la cessione, fermo restando il limite di cui al primo comma dell'art. 5, non può essere fatta se non limitatamente alla differenza tra i due quinti dello stipendio o salario valutati al netto delle ritenute e la quota colpita da sequestri o pignoramenti."

La base di calcolo è rappresentata dallo stipendio al netto delle ritenute fiscali e previdenziali.

Dunque, seguendo l’esempio descritto nel quesito, fatto 500 il netto in busta, risulterà che l’eventuale quinto per il debito nei confronti della finanziaria sarà calcolato come nell’esempio che segue:

Stipendio netto: 500

2/5 dello stipendio: 200

Pignoramento preesistente: 150

Cessione del quinto massima: 200 - 150 = 50.

Il netto non potrà perciò scendere al di sotto della differenza tra 500 e 50.

Si tratta, perciò, di un tetto mobile, in funzione dell’importo dello stipendio già al netto di eventuali pignoramenti.

Diverso è il caso dei pensionati, per i quali è invece fissato un livello definito “minimo vitale” al di sotto del quale non è consentito pignorare la pensione.

A questo proposito, il decreto Aiuti-bis ha modificato il limite di impignorabilità delle pensioni che ora è pari a 1.000 euro.

Le somme dovute a titolo di pensione, di indennità o altri assegni di quiescenza, non possono quindi essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell'assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro.

21 marzo 2024               Massimo Monteverdi

 

Per i clienti Halley: ricorrente QP n. 7169, sintomo n. 7269

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