Tornata elettorale dell'8-9 giugno 2024

Vademecum sulla tutela del diritto di elettorato passivo e salvaguardia della pubblica integrità

Servizi Comunali Anticorruzione Elettorale Trasparenza
di Amato Daniel
10 Giugno 2024

 

La tornata elettorale del 8 e 9 Giugno 2024 per il rinnovo del Parlamento Europeo e per l'elezione di alcuni Sindaci e Consigli Comunali rappresenta un momento cruciale per la democrazia locale, offrendo ai cittadini la possibilità di scegliere i propri rappresentanti e di indirizzare il futuro del proprio territorio. 

In questo contesto, il tema dell'anticorruzione assume un ruolo fondamentale per garantire la trasparenza e l'imparzialità dell'azione amministrativa.
Negli ultimi dodici anni, dal 2012 ad oggi, sono stati compiuti notevoli passi avanti nel contrasto alla corruzione e per la promozione della c.d. "pubblica integrità", anche a livello di elezioni amministrative e di diritto all'elettorato passivo. 

Una tematica di rilievo per la Pubblica Amministrazione è stata l’introduzione di norme più stringenti in materia di incompatibilità e conflitti di interesse, per evitare che chi ricopre cariche pubbliche possa essere influenzato da interessi privati. 
L'integrità pubblica è un pilastro fondamentale di ogni democrazia sana. 
Essa si basa sull'idea che i rappresentanti del popolo agiscano con onestà, imparzialità e nel miglior interesse della collettività, anteponendo il bene comune a qualsiasi vantaggio personale o di parte.

La materia, a livello nazionale, è regolata dal T.U.E.L. (D.Lgs. 18-8-2000 n. 267, Testo Unico delle Leggi sull'ordinamento degli Enti Locali) che ha abrogato la L. 27-12-1985 n. 816.

Il Capo II del T.U.E.L. è rubricato "Incandidabilità, ineleggibilità, incompatibilità" e l'art. 55 (Elettorato passivo) stabilisce che "Sono eleggibili a Sindaco, Presidente della Provincia, Consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale gli elettori di un qualsiasi Comune della Repubblica che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età, nel primo giorno fissato per la votazione" (comma 1). 
La norma riproduce l'art. 1, L. 23 aprile 1981, n. 154.

Continuando, l'art. 58 del T.U.E.L. disciplina le "cause ostative alla candidatura" alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali (individuandole nelle condanne penali definitive) e l'art. 60 è, invece, dedicato alla "ineleggibilità”.
Il comma 3, art. 60, poi, stabilisce che "Le cause di ineleggibilità previste nei numeri 1), 2), 3), 4), 5), 6), 7), 9), 10), 11) e 12) non hanno effetto se l'interessato cessa dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell'incarico o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita non oltre il giorno fissato per la presentazione delle candidature".

L’art. 61 (ineleggibilità e incompatibilità alla carica di Sindaco e Presidente di provincia) del T.U.E.L. stabilisce che "Non può essere eletto alla carica di sindaco o di presidente della provincia:

  1. il ministro di un culto;
  2. coloro che hanno ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado che coprano nelle rispettive amministrazioni il posto di segretario comunale o provinciale.  Non possono ricoprire la carica di sindaco o di presidente di provincia coloro che hanno ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado che coprano nelle rispettive amministrazioni il posto di appaltatore di lavori o di servizi comunali o provinciali o in qualunque modo loro fideiussore”.

L'art. 63 del T.U.E.L. è dedicato alle ipotesi di incompatibilità.
Orbene, si deve precisare come sia il Legislatore sia la giurisprudenza abbia inteso contemperare gli interessi contrapposti e presenti consistenti nella pubblica integrità e nell’elettorato passivo.

Sul punto, funge da spartiacque interpretativo la sentenza della Corte Costituzionale 04/06/1997, n. 160, quando – trattando la tematica della decadenza per incompatibilità dichiarata in sede giurisdizionale – afferma che “La concorrenza dei due meccanismi (i.e. meccanismo amministrativo di contestazione della causa di decadenza per incompatibilità e ricorso giurisdizionale) è pacificamente ammessa dalla giurisprudenza, ordinaria e costituzionale (v., di recente, la sent. n. 357 del 1996), ma deve operare in modo proporzionato rispetto ai beni pubblici meritevoli di protezione: le limitazioni poste al diritto di elettorato passivo, che questa Corte ha ricondotto alla sfera dei diritti inviolabili (sent. n. 571 del 1989 e sent. n. 235 del 1988), devono essere necessarie e ragionevolmente proporzionate (sent. n. 141 del 1996 e sent. n. 476 del 1991). Ora, la decadenza pronunciata in sede giurisdizionale anche quando il consigliere abbia rimosso la causa di incompatibilità, dopo la proposizione dell'azione popolare, rappresenta una misura non proporzionata rispetto ai beni salvaguardati dalla incompatibilità stessa; e va qui ribadito che la decadenza è veramente "l'extrema ratio" (sent. n. 357 del 1996). E' significativo in proposito il disagio della dottrina, che ha auspicato una correzione da parte della giurisprudenza tale da permettere al consigliere di rimuovere, anche nel corso dell'azione giudiziale, la causa di incompatibilità”.

Ne consegue che l’intento normativo e giurisprudenziale è di temperare il rigore della salvaguardia della pubblica integrità, assicurando la proporzione tra fini perseguiti e mezzi prescelti. Sia il dato normativo del T.U.E.L. sia l’afflato giurisprudenziale susseguente è preordinato, dunque, a consentire di rimuovere la causa d'incompatibilità entro un termine ragionevolmente breve, per assicurare un equilibrio fra la "ratio" giustificativa della incompatibilità e la salvaguardia del diritto di elettorato passivo che gode di pari protezione costituzionale.

Questo assetto interpretativo è, peraltro, confermato dalla recentissima ordinanza della Suprema Corte di Cassazione, Sezione I Civile, 13/10/2023, n. 28542.
E’, inoltre, il caso di ricordare che nella prima seduta successiva alle elezioni, il primo adempimento dei consigli comunali è la convalida degli eletti; anche in assenza di reclami, l’organo consiliare deve verificare la sussistenza delle condizioni di candidabilità, eleggibilità e compatibilità di tutti i componenti secondo quanto previsto dall’articolo 41, comma 1, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

La ratio evidente è che l’assemblea degli eletti, tra pari, verifica e prende atto del risultato elettorale e si immette nel ministero pubblico correlato al diritto di elettorato passivo.

Secondo il Consiglio di Stato – V Sezione, 12 agosto 1991, n. 1114, (indirizzo confermato negli anni) Il Civico Consesso eletto può esprimersi esclusivamente sull’esistenza o meno di cause ostative all’esercizio dell’elettorato passivo dei suoi componenti, e non sulla regolarità delle operazioni elettorali.
Parimenti, nell’assise di insediamento, a mente dell’articolo 50, comma 11, del decreto legislativo 267/2000, il Sindaco presta giuramento, dinanzi al consiglio comunale, con la precisazione che il giuramento non è la condizione per l'assunzione delle funzioni, in quanto il sindaco si insedia non appena approvato il verbale dell'Ufficio elettorale preposto alla proclamazione dei risultati.

Tale fattispecie rafforza il principio sostanziale e non sacramentale dell’immissione nell’ufficio pubblico così come asserito, ex plurimis, dal  Consiglio di Stato - V Sezione, 31 luglio 2006, n. 4694.

In ultimo, e per mera correttezza espositiva, si precisa che il trattamento di una causa ostativa all’assunzione della carica pubblica può essere trattato in forma pubblica, senza alcuna violazione della normativa comunitaria in materia di tutela della privacy.
Il combinato disposto dagli artt. 4 e 6 del Reg. (CE) 27 aprile 2016, n. 2016/679/UE (all'art. 4, stabilisce che “per «dato personale» qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»); si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all'ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale" e all’art. 6 comma 1, stabilisce che: "Il trattamento è lecito solo se e nella misura in cui ricorre almeno una delle seguenti condizioni: a) l'interessato ha espresso il consenso al trattamento dei propri dati personali per una o più specifiche finalità; b) il trattamento è necessario all'esecuzione di un contratto di cui l'interessato è parte o all'esecuzione di misure precontrattuali adottate su richiesta dello stesso; c ) il trattamento è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il titolare del trattamento; d) il trattamento è necessario per la salvaguardia degli interessi vitali dell'interessato o di un'altra persona fisica; e) il trattamento è necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento; f) il trattamento è necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento o di terzi, a condizione che non prevalgano gli interessi o i diritti e le libertà fondamentali dell'interessato che richiedono la protezione dei dati personali, in particolare se l'interessato è un minore.”) consente di poter definire lecito e legittimo il trattamento pubblico dei dati personali dell’eletto in quanto trattasi di circostanza susseguente ad un obbligo di legge.

In questa prospettiva, si può affermare che il nostro ordinamento giuridico pone dei distinguo ben chiari nel contemperamento degli interessi: mentre tra il diritto di elettorato passivo e le condizioni ostative a tutela della pubblica integrità vige un principio paritario e destinato a favorire la rimozione delle condizioni negative in quanto costituenti limitazioni di un diritto costituzionalmente garantito (una sorta di "ravvedimento operoso" dell'eletto in condizione ostativa all'assunzione o mantenimento del mandato pubblico), tra il diritto alla privacy dell’eletto e la tutela della pubblica integrità e trasparenza, prevale quest’ultimo, essendo preposto a salvaguardia degli interessi dell’intera collettività che ha conferito il mandato elettorale.

L'integrità pubblica è, quindi, una responsabilità di tutti: politici, cittadini e istituzioni. Solo attraverso un impegno comune è possibile costruire un sistema democratico forte, giusto e trasparente.

Terminando possiamo richiamare l'adagio latino del grande Cicerone "Salus populi suprema lex esto" ossia "La salvezza del popolo sia la legge suprema". 
Questo aforisma sottolinea e compendia l'importanza del bene comune e del dovere dei funzionari pubblici di agire nell'interesse del popolo, sotto la signoria della Legge nella regolazione dei rapporti sociali e amministrativi.


Articolo di Daniel Amato

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