Rinnovo e rilascio CIE ad un cittadino agli arresti domiciliari

Risposta del Dott. Andrea Dallatomasina

Quesiti
di Dallatomasina Andrea
08 Luglio 2024

Si chiede quale iter seguire per il rinnovo della CIE richiesto da un cittadino agli arresti domiciliari.

Risposta

Il servizio di rilascio della carta di identità viene svolto negli appositi uffici comunali, e soltanto sulla scorta di un apposito regolamento interno di competenza della Giunta comunale (comunque opportuno anche per il ricevimento delle firme in atti che necessitino di autentica) il dipendente può uscirne per recarsi nei tempi, nei modi e alle condizioni previste, presso l'abitazione della persona interessata, realmente impossibilitata a presentarsi direttamente all'ufficio. 

Quindi, se il comune non è dotato di tale regolamento, il cittadino posto agli arresti domiciliari dovrebbe richiede in primis al giudice di sorveglianza il permesso di venire in ufficio (accompagnato dalle forze dell'ordine) per farsi rilasciare la carta di identità elettronica.

Ricordo che l’articolo 3 comma 1 del Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773, dispone che “Il sindaco è tenuto a rilasciare alle persone aventi nel comune la loro residenza o la loro dimora una carta d'identità conforme al modello stabilito dal Ministero dell'interno”.
Per legge, quindi, competente al rilascio della carta di identità è sia il Sindaco del Comune di residenza, sia il Sindaco del Comune di dimora ed una persona agli arresti domiciliari è certamente da considerarsi dimorante nel comune.

In caso di cittadino non residente non occorrerà richiedere alcun nulla osta al comune di residenza ma dovrà reperire i dati dal portale ANPR. Si dovrà invece comunicare gli estremi del documento una volta emesso.
Il rilascio della carta d'identità con validità all'espatrio al cittadino italiano maggiore di età avviene da parte del funzionario incaricato dal Sindaco a condizione che l'interessato dichiari di non trovarsi in condizioni ostative al rilascio del passaporto, a mente di quanto stabilito dall'articolo 1 del d.P.R. 6 agosto 1974, n. 649, che dispone "L'interessato che intenda giovarsi della equipollenza, prevista dalle norme in vigore, della carta d'identità al passaporto, deve sottoscrivere, in sede di richiesta della carta di identità, dichiarazione di non trovarsi in alcuna delle condizioni ostative al rilascio del passaporto, di cui all'art. 3, lettere b), d), e) e g) della Legge 21 novembre 1967, n. 1185. In difetto di sottoscrizione della dichiarazione predetta l'autorità che provvede al rilascio deve apporre sulla carta d'identità l'annotazione: «documento non valido ai fini dell'espatrio».

Il Ministero degli Affari Esteri, con la Circolare n. 6 del 27 gennaio 1975, affermava che «I Comuni, a differenza di quanto avviene relativamente ai passaporti, non sono tenuti a verificare l’inesistenza delle cause ostative ma bensì unicamente a subordinare il rilascio della carta d’identità, valida anche per l’espatrio, all’avvenuta sottoscrizione della dichiarazione da parte dell’interessato, che in tal modo se ne assume la responsabilità».
Successivamente anche la Circolare del Ministero degli Interni 15 febbraio 1975, n. 47854, indicava che «I Comuni - a differenza di quanto avviene per i passaporti rilasciati dalle Questure e dagli uffici consolari - non sono tenuti a verificare l'attendibilità della dichiarazione resa, che è invece affidata alla esclusiva responsabilità del dichiarante». 

È opportuno che in questi casi il funzionario preposta al rilascio della carta d’identità renda edotto l’interessato, residente e non, delle cause ostative al rilascio del documento valido per l’espatrio in modo che lo stesso sia perfettamente a conoscenza di ciò che dichiara e che si assumerà in caso di dichiarazione mendace.

Pertanto, riassumendo, se si ravvisa la competenza al rilascio della carta d’identità non occorre alcuna conferma dati al comune di residenza dell’interessato ma richiesta e dichiarazione di assenza cause ostative al rilascio della carta d’identità elettronica valida per l’espatrio da parte del richiedente.

Non è compito del funzionario incaricato dal Sindaco verificare se vi siano cause ostative all’espatrio, la responsabilità rimane in capo al richiedente ma è evidente che nel caso di cui trattasi, in conseguenza della misura restrittiva, il cittadino si trovi in una condizione di inibizione all'espatrio ma tale condizione, si ribadisce, non deve essere né dedotta né verificata dal funzionario incaricato ai fini del rilascio della carta.

Al momento del rilascio della carta il funzionario dovrà limitarsi a rendere edotto il dichiarante delle ulteriori conseguenze penali in caso di dichiarazione falsa e ad effettuare segnalazione, in caso di fondati sospetti circa la falsità della dichiarazione effettivamente resa, all'autorità giudiziaria e di Pubblica Sicurezza per l'eventuale seguito di competenza.
Qualora il cittadino non ottenga dal giudice di sorveglianza il permesso recarsi presso gli uffici comunali è comunque necessario che il funzionario abilitato al rilascio della carta d’identità elettronica si rechi presso il domicilio del cittadino, anche in assenza di un regolamento interno.

Dovrà essere autorizzato a recarsi a domicilio dal proprio dirigente.
Non recandosi in Comune si pone il problema della rilevazione delle impronte digitali e, di conseguenza, la durata del documento.
La UE ha adottato il Regolamento (UE) n. 2019/1157 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 sul rafforzamento della sicurezza delle carte d'identità dei cittadini dell'Unione e dei titoli di soggiorno rilasciati ai cittadini dell'Unione e ai loro familiari che esercitano il diritto di libera circolazione con lo scopo di uniformare le caratteristiche tecniche e di sicurezza, fondamentali per i controlli transfrontalieri in tutto il territorio dell'Unione, di tre grandi categorie di documenti: le carte d'identità, gli attestati di soggiorno e di soggiorno permanente rilasciati a cittadini UE, e le carte di soggiorno per familiari di cittadini Ue (in Italia permessi UE di lungo periodo).

È chiaro che l'obiettivo del legislatore europeo è quello di evitare, in tutti i modi, che vi siano in circolazione documenti non collegati alle impronte digitali dei cittadini.
Pur con qualche spiraglio - legato alle situazioni di vulnerabilità per cui dovrebbe prevalere la tutela della dignità della persona - all'obbligo di impronte non si può sfuggire salvo impedimento di natura oggettiva e, quindi, legato alla condizione fisica.
Il Regolamento prevede che laddove vi sia un impedimento temporaneo alla rilevazione, la carta dovrà avere una validità al massimo di un anno.

Al momento della richiesta il sistema consente ora all’operatore di indicare se l’impedimento all’acquisizione delle impronte sia temporaneo oppure permanente.
Nel primo caso verrà emessa una CIE con validità annuale, non più con scadenza al compleanno. Qualora, invece, l'impossibilità sia permanente, la scadenza sarà quella ordinaria.

Il tema problematico riguarda il contenuto da dare alla locuzione temporaneamente fisicamente impossibile rilevare le impronte, la quale ha una valenza generale ed astratta che deve essere declinata concretamente. Gli operatori hanno immediatamente sollevato il caso della riconducibilità o meno a questa fattispecie del caso del rilascio delle CIE a domicilio per quelle persone impossibilitate per motivi diversi (restrizione in carcere o ricovero in RSA) a recarsi all'ufficio per rilasciare le impronte, posto che la carta - in tale caso - deve avere una validità solo annuale.

La scelta è dettata dalla necessità di limitare il rilascio di documenti che siano privi delle suddette, posto che la loro acquisizione garantisce un elevato livello di sicurezza al documento che rappresenta un valore per l'Unione, nell'ottica di garantire la libera circolazione fra i vari Stati membri.

Ciò detto, occorre evidenziare che non si hanno indicazioni ufficiali da parte del Ministero dell’Interno del comportamento da seguire nei due casi problematici evidenziati, ovvero anziani ricoverati in RSA e detenuti, pertanto sarà possibile solo effettuare un ragionamento per principi nell'attesa di ottenere informazioni maggiori.

Leggendo il Regolamento, ai Considerando n. 17, 18 si comprende che l'acquisizione delle impronte ha valore anche e soprattutto in relazione all'uso del documento per circolare nel territorio dell'Unione, pertanto per il rilascio della carta con durata annuale per impedimento temporaneo, al momento e in assenza di indicazioni ufficiali, ritengo che i casi debbano essere valutati singolarmente: persone anziane ricoverate in struttura, allettate o meno, difficilmente vedranno nel tempo migliorare la propria condizione, quindi il loro impedimento al rilascio delle impronte potrà essere valutato come 'permanente' (come fatto sinora peraltro) e rilasciare una CIE senza impronte con validità decennale.

Ancora più complessa, infine, la situazione per i detenuti (e quindi anche i soggetti agli arresti domiciliari) Per il momento - in attesa, auspicabilmente, di istruzioni ministeriali - è chiaro che l'impedimento alla rilevazione delle impronte sarà connaturata alla durata della detenzione, che dovrà essere attestata dal responsabile della struttura.
Per chi ha un fine pena ravvicinato, si potrà ritenere applicabile il concetto di impedimento temporaneo con validità annuale. Nei casi, invece, di detenzione ancora lunga (e comunque superiore ai dieci anni) si ritiene ragionevole rilasciare una CIE ordinaria con validità decennale.
Onde evitare comportamenti ondivaghi e divergenti sul territorio nazionale, appare opportuno un intervento del Ministero.


8 Luglio 2024                Andrea Dallatomasina

Per i clienti Halley: ricorrente QD n.3382, sintomo n.3417

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