Il risarcimento per buche stradali richiede la prova del solo nesso causale tra cosa in custodia e danno subito

Commento all’ordinanza 8/7/2024 n. 18518 della terza sezione civile della Corte di Cassazione

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di Piccioni Fabio
12 Luglio 2024

L’ordinanza 8/7/2024 n. 18518, della terza sezione civile della Corte di Cassazione, chiarisce un importante aspetto della responsabilità derivante dalla tutela delle strade, affermando il seguente principio di diritto. 
La massima della Corte di Cassazione  
In materia di responsabilità ex art. 2051 c.c., a carico del soggetto danneggiato sussiste l’onere di provare soltanto la derivazione del danno dalla cosa e la custodia della stessa da parte del preteso responsabile, non pure la propri assenza di colpa nel relazionarsi con essa.
La responsabilità da cose in custodia 
L’art. 2051 c.c. prevede che:  "Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito."
Il caso 
I congiunti di una persona deceduta a seguito di sinistro stradale occorso lungo una via cittadina, adivano il Tribunale civile, dopo che in sede penale era stata pronunciata sentenza di non doversi procedere per il reato di omicidio colposo nei confronti dei funzionai comunali addetti alla manutenzione della rete stradale.
L’iniziativa risarcitoria contro il Comune era diretta ad accertare la responsabilità per le conseguenze del sinistro occorso al loro familiare, il quale, mentre circolava a bordo di un motociclo, finiva con la ruota anteriore in una depressione del manto stradale di 8 cm. di profondità, perdendo il controllo del veicolo e impattando contro un palo della pubblica illuminazione, perdendo la vita.         
Il Tribunale rigettava la domanda sul rilievo che la condotta imprudente del danneggiato - che non aveva rispettato il limite di velocità, né osservato le regole di comune prudenza, non facendo neppure uso di un casco conforme alla normativa di sicurezza - aveva avuto un’incidenza causale esclusiva nella produzione dell'evento, tale da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno.
La Corte di appello, nel confermare la pronuncia di primo grado, osservava che a fronte delle condizioni di luogo, strada percorsa di notte e con forte vento, non era stato fornito alcun elemento idoneo a ritenere provata una condotta di guida diligente e prudente della vittima che, laddove si fosse attenuto alle regole di comune prudenza, in mancanza di insidia o trabocchetto, avrebbe certamente potuto evitare il sinistro.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i familiari della vittima, deducendo violazione e falsa applicazione dell'art. 2051 c.c., in relazione alla responsabilità dell'ente e al diritto al risarcimento del danno e per nullità della sentenza nella parte in cui ritiene che il Comune avrebbe dimostrato l'esistenza del caso fortuito sufficiente a escludere la sua responsabilità nella causazione del sinistro, nonché omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e difetto di prova. 
La motivazione della Cassazione.
La Corte, ricordato il presupposto della natura oggettiva della responsabilità del custode e della distinzione tra caso fortuito e fatto del danneggiato o del terzo (cfr. Cass. Civ. sez. III, 27/4/2023, n. 11152), ribadisce che il requisito della rilevanza causale del fatto del danneggiato è la colpa, quale oggettiva inosservanza del comportamento di normale cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l'ordinaria diligenza. 
Infatti, mentre, il fatto non colposo del danneggiato non incide sul risarcimento, il fatto colposo ne comporta la riduzione, secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze (in tal senso, Cass. Civ., sez. III, 23/5/2023, n. 14228).
Ne deriva che, ai sensi dell'art. 2051 c.c., i presupposti della responsabilità per i danni da cose in custodia sono la derivazione del danno dalla cosa e la custodia, i quali, in quanto elementi costitutivi della fattispecie di responsabilità speciale, devono essere provati dal danneggiato. Resta, invece, a carico del custode la prova (liberatoria) della sussistenza del “caso fortuito”, quale fatto (impeditivo del diritto al risarcimento) che esclude la derivazione del danno dalla cosa custodita, che, in quanto diverso dal fatto della cosa, estraneo alla relazione custodiale, assorbe in sé l'efficienza causale dell'evento dannoso, escludendo che esso possa reputarsi cagionato dalla cosa (in tal senso, Cass. Civ., sez. III, 7/9/2023, n. 26142). 
La responsabilità oggettiva di cui all'art. 2051 c.c. prescinde, quindi, da ogni connotato di colpa, sia pure presunta, di talché è sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore della derivazione del danno dalla cosa, nonché del rapporto di fatto custodiale tra la cosa medesima e il soggetto individuato come responsabile.
Conseguentemente, la prova liberatoria che il custode è onerato di dare, nell'ipotesi in cui il danneggiato abbia dimostrato il nesso di causalità tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, non può avere a oggetto l'assenza di colpa, ma dovrà avere a oggetto la sussistenza di un fatto (fortuito in senso stretto) o di un atto (del danneggiato o del terzo) che si ponga in relazione causale con l'evento di danno, caratterizzandosi, ai sensi dell'art. 41 c. 2, I periodo, c.p., come causa esclusiva dell’evento.
Ciò premesso, osserva la Sezione, risulta errato addebitare ai congiunti della vittima del sinistro mortale, che hanno agito a norma dell'art. 2051 c.c., un onere probatorio che grava, invece, sul custode.
Non spetta, infatti, al danneggiato - ricorrendo la fattispecie di cui all'art. 2051 c.c. - provare la diligenza e prudenza (assenza di colpa) nel relazionarsi con la cosa oggetto di custodia, non trattandosi di elemento costitutivo della fattispecie.
Né, può sostenersi che siano state individuate quale caso fortuito (per escludere l'applicazione dell'art. 2051 c.c.) le condizioni meteorologiche che caratterizzarono lo stato dei luoghi in occasione del sinistro, visto che la Corte territoriale ha dato rilievo alla presenza del forte vento - non per attribuirvi l’idoneità, quale fatto naturalistico, a interrompere il nesso tra la cosa custodita e l’evento dannoso, quale caso fortuito, ma solo - quale elemento in base al quale apprezzare il contegno della vittima del sinistro e, dunque, per ribadire come, anche alla luce di tale dato, fosse mancata la dimostrazione di una condotta di guida conforme alla condizione del luogo del sinistro, nell'occasione della sua verificazione.
In conclusione, affermato il relativo principio di diritto, la Corte, accolto il secondo motivo di ricorso, ha cassato la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d'appello per la decisione sul merito
Conclusioni
La responsabilità per danni cagionati dalla cosa in custodia, prescinde dall’accertamento di un comportamento colposo e ha carattere oggettivo necessitando, per la sua configurabilità, l’esistenza del nesso causale fra cosa ed evento, potendo essere esclusa solo dal caso fortuito.
I presupposti richiesti per l’applicabilità della presunzione richiedono che il danno sia stato “causato dalla cosa” e che la stessa sia legata al responsabile da un rapporto di “custodia”, che si risolve in una potestà di fatto in grado di escludere il terzo dall’ingerenza sulla cosa, di talché l’uso generale della stessa, comporta il venir meno della responsabilità.
Il caso fortuito, esimente della responsabilità, consiste in quella situazione che ha reso eccezionalmente possibile il verificarsi di un evento che si presenta come conseguenza del tutto inverosimile. Si tratta di un evento imprevedibile e imponderabile, che può essere rappresentato da fattori esterni alla cosa - eventi naturali o fatti di terzi eccezionali - idonei a generare un pericolo non connaturato alla stessa.

Articolo dell'Avv. Fabio Piccioni
 

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