Il nuovo Patto europeo di stabilità e crescita: quali effetti sugli enti locali?

La riforma della governance economica e la programmazione pluriennale del bilancio

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di Barbero Matteo
23 Luglio 2024

 

Con la revisione del Patto europeo di stabilità e crescita (PSC) prende forma la nuova governance economica per gli Stati membri. Ci si chiede che impatto avranno le nuove regole sugli enti locali e, in particolare, se e in che misura esse comporteranno la reintroduzione di vincoli puntuali come quelli sperimentati in passato. 

Lo scorso 30 aprile sono entrate ufficialmente in vigore le norme che innovano il PSC: i relativi regolamenti sono direttamente applicabili agli Stati membri ai sensi dell’art. 288 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea), mentre le modifiche alla Direttiva relativa ai requisiti per i quadri di bilancio nazionali dovranno essere recepite nella normativa interna entro il 31 dicembre 2025. A seguito della riforma, gli Stati membri dovranno presentare alla UE i c.d. Piani nazionali strutturali di bilancio di medio periodo (PSB) che costituiranno il principale strumento di programmazione pluriennale. Per i paesi con un disavanzo o un debito superiore alle soglie previste dai Trattati, i Piani includeranno un percorso di aggiustamento di bilancio tale da garantire la riduzione plausibile del debito verso livelli prudenti nel medio termine e tale da rispettare salvaguardie numeriche comuni sul debito e sul disavanzo. Se uno Stato membro ha un disavanzo superiore al 3 per cento del PIL o un debito superiore al 60 per cento del PIL, sarà tenuto a presentare nel Piano un sentiero di aggiustamento tale da garantire che alla fine del percorso di consolidamento:

  1. il debito si collochi in modo plausibile su una traiettoria decrescente o si mantenga su livelli prudenti;
  2. il disavanzo si mantenga al di sotto del valore di riferimento del 3 per cento del PIL nel medio periodo.

Durante il periodo di aggiustamento (esclusi gli anni in cui lo Stato membro si trovi in procedura per disavanzi eccessivi) il debito dovrà diminuire in media annuale di 1 punto percentuale di PIL fin tanto che il rapporto rimane al di sopra del 90 per cento. Il consolidamento dovrà eventualmente proseguire oltre il percorso di aggiustamento fino a quando il disavanzo strutturale non sia inferiore all’1,5 per cento del PIL. Infine, in caso lo Stato membro si trovi in PDE, il consolidamento deve essere tale da migliorare il saldo complessivo strutturale di almeno mezzo punto percentuale all’anno. Nel triennio 2025-27, è previsto che per i paesi in PDE “si tenga in considerazione” l’aumento della spesa per interessi in rapporto al PIL; quindi, l’aggiustamento richiesto di mezzo punto percentuale di PIL si applica al saldo primario strutturale (e non a quello complessivo). La durata dell’aggiustamento è definita in quattro anni ma può essere estesa fino a sette se il paese si impegna a realizzare un programma di riforme e investimenti.  

L’impatto sugli enti locali
In base alle nuove regole europee, l’aggiustamento di bilancio verrà espresso con l’indicatore unico della spesa primaria netta, cioè al netto degli interessi sul debito, della componente ciclica e delle spese finanziate con aumenti discrezionali delle entrate. Si tratta di un aggregato non facilmente adattabile all’attuale contabilità finanziaria degli enti locali, per cui il suo calcolo richiederebbe l’implementazione effettiva della contabilità di tipo accrual. L’effettiva valenza di quest’ultima, tuttavia, è ancora incerta. Per questo, l’estensione del PSC agli enti locali è un’operazione complicata e non automatica.

In base alle regole attuali, dopo la cancellazione del Patto di stabilità interno, i singoli enti hanno l’obbligo di conseguire gli equilibri previsti dal D. Lgs. 118/2011, come modificati dal D.M. 1 agosto 2019. Pertanto, essi devono conseguire un risultato di competenza (W1) non negativo e tendere al rispetto dell’equilibrio di bilancio (W2), che rappresenta l’effettiva capacità dell’ente di garantire, a consuntivo, la copertura integrale degli impegni, del ripiano del disavanzo, dei vincoli di destinazione e degli accantonamenti di bilancio.

L’equilibrio complessivo (W3), invece, svolge una funzione attualizzante, essendo calcolato al fine di aggiornare i risultati considerando anche, prudenzialmente, gli effetti conseguenti alle possibili variazioni prodotte degli accantonamenti effettuati, in sede di rendiconto, a seguito di eventi verificatosi dopo la chiusura dell’esercizio o successivamente ai termini previsti per le variazioni di bilancio, appostati nel rispetto dei principi contabili. A tali parametri, non sono collegate sanzioni. Viceversa, il rispetto del saldo previsto dalla L. 243/2012 (entrate finali-spese finali) deve essere accertato non a livello di singoli enti ma piuttosto dell’intero sottosettore ed è soggetto ad una verifica ex ante ed ex post da parte della Ragioneria generale dello Stato, che autorizza il ricorso all’indebitamento e interviene sui singoli enti solo in caso di sforamenti a livello di comparto. A seguito della riforma, occorrerà quindi assicurare il coordinamento tra le nuove regole e quelle contabili sul pareggio di bilancio.

I possibili scenari
In questo contesto si delineano due possibili scenari alternativi. Il primo scenario prefigura il mantenimento dell’attuale assetto basato su limiti all’indebitamento degli enti territoriali nell’ambito dell’introduzione del monitoraggio della regola della spesa per il complesso delle amministrazioni pubbliche. Questa strada sarebbe percorribile qualora non vi fosse il rischio che gli enti possano incrementare la spesa in modo significativo utilizzando aumenti delle entrate non riconducibili a misure discrezionali, rischio che dipende dalla variabilità delle entrate.

Il secondo scenario prefigurerebbe la modifica del concetto di equilibrio di bilancio per gli enti territoriali nella L. 243/2012 introducendo un vincolo diretto sul tasso di crescita della spesa di questi ultimi. Su quale aggregato potrebbe focalizzarsi il vincolo (spesa corrente, spesa in conto capitale, entrambe) non è al momento definito. Né è chiaro se il meccanismo seguirà l’impostazione attuale, con una verifica a livello centrale ex ante ed ex post e la richiesta di aggiustamenti solo in caso di sforamenti, oppure comporterà l’assegnazione di limiti anche ai singoli enti (come il vecchio Patto di stabilità interno). In tal caso, occorrerà valutare se e in che termini tali limiti condizioneranno l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione e delle risorse accantonate.

Conclusioni
L’impatto sugli enti locali del nuovo PSC è ancora incerto e dipenderà in gran parte anche dall’entità dell’aggiustamento richiesto complessivamente al nostro Paese. È però verosimile attendersi la reintroduzione di vincoli più stringenti, almeno a livello di comparto, se non di singola amministrazione.

 
Articolo di Matteo Barbero

 

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