Risposta della Dott.ssa Roberta Mugnai
QuesitiUna cittadina peruviana che ha ottenuto il riconoscimento della cittadinanza jure sanguinis chiede la trascrizione del suo atto di matrimonio contratto in Cile. L’atto presentato risulta stampato da un sito cileno (simile al sistema GEDO) in quanto l’istante afferma che il Cile non rilasci più atti originali.
Si chiede se sia possibile procedere alla trascrizione.
L'ufficio dello stato civile (come tutti gli uffici italiani detentori di pubblici registri) per lo svolgimento delle proprie attività deve acquisire gli originali dei documenti stranieri; tali originali (o copie conformi in caso che l'originale non sia rilasciabile), devono essere legalizzati e tradotti.
Il rilascio di certificazioni con modalità informatiche rientra nelle legittime facoltà di un Paese, ma il riconoscimento della validità di tale documentazione come originale all’estero discende da uno accordo (convenzione internazionale o accordo bilaterale) tra lo Stato rilasciante e quello ricevente. Attualmente non mi risulta che il Cile abbia stipulato tale accordo con l’Italia.
Il Cile ha aderito nel 2016 alla Convenzione dell’Aia del 5 ottobre 1961, ma la presenza dell'Apostille elettronica (sulla quale nulla si può eccepire proprio perché esplicitamente prevista nella Convenzione) allegata a tale certificato, non cambia il fatto che viene legalizzata una copia senza una firma autografa (art. 1, lett. I), D.P.R. n. 445/2000: "la legalizzazione di firma rappresenta l'attestazione ufficiale della legale qualità di chi ha apposto la propria firma sopra atti, certificati, copie ed estratti, nonché dell'autenticità della firma stessa").
Di fatto, come giustamente si osserva nel quesito, quello che viene prodotto dalla cittadina non è una certificazione originale, ma la stampa cartacea di un atto, che può anche riportare la dizione di “copia conforme”, ma senza timbri né firme è pur sempre una copia semplice.
Suggerisco, comunque, prima di procedere al rifiuto alla trascrizione ex art.7 DPR 396/2000, di scrivere alla locale Prefettura (mettendo in conoscenza l’interessata) una PEC nella quale si chiede conferma che non siano intervenuti accordi con il Cile per il recepimento in Italia della documentazione elettronica emessa in quel Paese come documentazione originale e pertanto valida ai fini della trascrizione nei pubblici registri e concluderei con una frase del tipo “il silenzio di Codesta Prefettura nel termine di 10 giorni sarà interpretato come conferma di assenza di tale accordo, dovendo questo ufficio procedere al rilascio del rifiuto ex art.7 DPR 396/2000 onde offrire la possibilità alla cittadina di ricorrere al competente Tribunale.”
Tale comportamento farà risaltare la professionalità dell’Ufficiale dello stato civile, che non ha semplicemente controllato nei siti ufficiali, ma si è rivolto anche all’autorità locale in diretto contatto con il Ministero dell’Interno, che potrebbe aver appena stipulato o stare per stipulare tale accordo. Si consideri, infatti, che la certificazione elettronica rappresenta il futuro e che, inevitabilmente, tale modalità finirà per essere accettata da tutto il mondo.
Ovviamente di questa ulteriore verifica si darà conto nel proprio rifiuto ufficiale.
4 Novembre 2024
Dott.ssa Roberta Mugnai
Per i clienti Halley: ricorrente n.QD3516, sintomo n.QD3551
Risposta di Andrea Dallatomasina
Ministero dell’Interno – Circolare 16 magio 2025, n. 48
Risposta del Dott. Ennio Braccioni
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