Applicazione Iva agevolata 10% a un nuovo impianto di videosorveglianza comunale per il monitoraggio della viabilità pubblica
Risposta del Dott. Fabio Bertuccioli
Analisi del provvedimento del Garante Privacy n. 405 del 4 luglio 2024
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Limitazioni e modalità di utilizzo degli aeromobili a pilotaggio remoto
È stato pubblicato in G.U. - Serie Generale - 18 agosto 2022 n. 192, il Decreto del Ministro dell'Interno 13 giugno 2022, di concerto con il Ministro della Difesa, con il Ministro dell'Economia e delle Finanze e con il Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile, recante le “Modalità di utilizzo da parte delle Forze di Polizia degli aeromobili a pilotaggio remoto”.
Il decreto, avente natura regolamentare, è stato adottato in attuazione dell'articolo 5, comma 3-sexies del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, convertito, con modificazioni, dalla Legge 17 aprile 2015, n. 43, ed è vigente dal 19 agosto 2022. A decorrere da tale data, è contestualmente abrogato il decreto ministeriale 29 aprile 2016.
Esso disciplina le modalità di impiego dei sistemi di aeromobili senza equipaggio (UAS), comunemente chiamati droni, in dotazione o in uso alle Forze di polizia di cui all'articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121.
L’articolo 3 del dm 13 giugno 2022 prevede che le Forze di polizia possano utilizzare gli UAS, ai fini del controllo del territorio, per finalità di ordine e sicurezza pubblica, con particolare riferimento al contrasto del terrorismo e alla prevenzione dei reati di criminalità organizzata e ambientale.
La medesima disposizione prevede, inoltre, che le Forze di polizia possano impiegare gli UAS anche per le finalità di seguito indicate, tenuto conto di quanto previsto dalla «Direttiva sui comparti di specialità delle Forze di polizia e sulla razionalizzazione dei presidi di polizia» di cui al decreto del Ministro dell'interno 15 agosto 2017:
Secondo poi quanto stabilito dall’articolo 4 del citato decreto, le speciali modalità operative di impiego degli UAS sono definite, anche in funzione del rischio delle operazioni, secondo un protocollo tecnico-operativo adottato dal Capo della Polizia – Direttore generale della pubblica sicurezza con ENAC, che ne disciplina l'impiego anche nelle situazioni di emergenza, d'intesa con i Comandi generali dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, con riferimento al contrasto del terrorismo e alla prevenzione dei reati di criminalità organizzata e ambientale.
L'impiego degli UAS da parte delle Forze di polizia nello svolgimento dell'attività di controllo del territorio è pianificato nell'ambito dei piani coordinati di controllo del territorio trasmessi alle Forze di polizia con direttiva del Prefetto.
L'impiego degli UAS nell'ambito dei servizi di ordine pubblico è disposto dal Questore.
Le speciali modalità operative di impiego degli UAS sono definite, anche in funzione del rischio delle operazioni, secondo un protocollo tecnico-operativo adottato da ciascuna Forza di polizia con ENAC, nel rispetto della ripartizione dei comparti di specialità di cui al medesimo art. 3, comma 2.
Il dm 13 giugno 2022 riconosce esclusivamente alle Forze di polizia la possibilità di impiegare gli aeromobili a pilotaggio remoto per lo svolgimento di attività di controllo per finalità di pubblica sicurezza.
Si tratta di una vera e propria riserva di competenza, i cui confini non possono essere dilatati fino a ricomprendere anche le Polizie locali, le quali, infatti, ai sensi dell’articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121, non rientrano tra le Forze di polizia propriamente dette.
È da escludersi, quindi, che le Polizie locali, in generale, possano sviluppare autonomamente azioni di controllo del territorio dall’alto, soprattutto per il contrasto di reati ambientali, utilizzando droni o altri simili dispositivi aeromobili.
Il provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali n. 405 del 4 luglio 2024
Da un articolo di stampa, il Garante per la protezione dei dati personali apprendeva che il Comune di Treviso avrebbe impiegato droni provvisti di dispositivi video in grado di individuare fonti di calore, inclusi i corpi umani, al fine di contrastare il fenomeno dei furti notturni nelle abitazioni.
Nel medesimo articolo si faceva, inoltre, riferimento alla possibilità per i cittadini di segnalare eventuali reati subiti, attraverso un’applicazione informatica denominata “TrevisoSicura”.
In riscontro alla richiesta d’informazioni del Garante, il Comune, in riferimento all’impiego dei droni da parte della Polizia locale, dichiarava:
Sulla base degli elementi acquisiti, dalle verifiche compiute e dei fatti emersi a seguito dell’attività istruttoria, il Garante notificava al Comune, ai sensi dell’articolo 166, comma 5, d.lgs. n. 196/2003 (“Codice Privacy”), l’avvio del procedimento per l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 58, par. 2, del Regolamento Generale (UE) sulla protezione dei dati personali (G.D.P.R.) n. 679/2016, in relazione alle seguenti violazioni della normativa in materia di protezione dei dati, nel contesto dell’impiego dei droni:
L’impiego di droni dotati di telecamere termiche, al fine di generare c.d. mappe di calore, sulla base delle quali potevano essere disposti controlli de visu da parte delle pattuglie della Polizia locale in servizio sul territorio, poteva comportare un trattamento di dati personali, ai sensi degli articoli 2, par. 1, e 4 nn. 1 e 2, del Regolamento, anche relativi a reati.
Com’è, infatti, emerso nel corso dell’istruttoria, sebbene non fosse possibile riconoscere il volto dei soggetti ripresi, le immagini permettevano, comunque, di visualizzare, con un discreto livello di definizione, le sagome e i movimenti degli stessi. Si trattava, pertanto, comunque di informazioni che, a seguito dell’eventuale identificazione dei presunti autori dei reati da parte degli agenti della Polizia locale o delle Forze dell’ordine intervenuti sul luogo, possono essere associate a persone fisiche identificate ed essere utilizzate come elementi di prova di fattispecie di reato.
In attuazione dell’articolo 5, comma 3-sexies, del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, l’articolo 3 del decreto del Ministero dell’interno del 13 giugno 2022 prevede che “le Forze di polizia impiegano gli UAS (sistemi di aeromobile senza equipaggio), ai fini del controllo del territorio per finalità di ordine e sicurezza pubblica, con particolare riferimento al contrasto del terrorismo e alla prevenzione dei reati di criminalità organizzata e ambientale”.
Il quadro normativo di settore non consente, pertanto, in via generale alle Polizie locali dei Comuni di impiegare droni, dotati di dispositivi video, per finalità connesse alla tutela della pubblica sicurezza, fatti salvi i casi in cui funzioni ausiliari di pubblica sicurezza siano delegate alla Polizia locale dalle autorità competenti per specifiche operazioni (v. articoli 3 e 5, comma 1, lett. c), della l. 7 marzo 1986, n. 65), in ogni caso nel rispetto delle condizioni previste dalla normativa di settore che disciplina l’impiego dei droni in tale contesto (cfr. articolo 2, par. 3, lett. a) del Regolamento (UE) 1139/2018; Regolamento di esecuzione (UE) n. 947/2019; Regolamento UAS-IT dell’Ente Nazionale per l'Aviazione Civile del 4 gennaio 2021, art. 2, par. 1, lett. b) e Sezione II - Parte B; articoli 743-746 e 748 del r.d. 30 marzo 1942, n. 327), la vigilanza sulla quale esula dalle competenze attribuite al Garante dalla normativa in materia di protezione dei dati.
Tuttavia, nel caso di specie, il Garante ha preso atto di quanto dichiarato dal Comune di Treviso, con assunzione di responsabilità anche ai sensi dell’articolo 168, d.lgs. n. 196/2003, in merito alla circostanza che l’articolo di stampa, da cui ha tratto origine l’istruttoria, non riportava in maniera corretta le effettive modalità di utilizzo dei droni da parte del Comune.
L’Ente ha, altresì, dichiarato che a seguito di verifiche interne, “non risulta che i droni siano stati utilizzati per finalità di polizia da parte del Comune, se non, in via residuale, su specifica richiesta delle Forze dell’Ordine, che hanno chiesto supporto alla Polizia locale per lo svolgimento di specifiche attività di polizia”.
Inoltre, secondo quanto rappresentato dal Comune, “non sono stati identificati soggetti nel corso dell’attività svolta da parte dei piloti dei droni”.
Alla luce di quanto sopra evidenziato - riferitamente al trattamento di dati personali in questione inerente alle contestate violazione degli articoli 5, par. 1, lett. a), 6, 10 e 35 del Regolamento, nonché 2-ter e 2-octies del Codice – il Garante per la protezione dei dati personali, per effetto del Provvedimento n. 405 del 4 luglio 2024, ha disposto l’archiviazione del procedimento, non risultando comprovata, allo stato degli atti, una violazione della normativa in materia di protezione dei dati personali.
Con il medesimo Provvedimento, il Garante per la protezione dei dati personali ha ordinato al Comune di Treviso il pagamento della somma di € 7.000,00, a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria, per aver trattato dati personali, nel contesto dell’utilizzo dell’applicazione “TrevisoSicura”, in violazione degli articoli 5, par. 1, lett. a) e par. 2 (in combinato disposto con l’art. 24), 6, 13, 25 e 28, par. 3, del Regolamento, nonché 2-ter, d.lgs. n. 196/2003 (“Codice Privacy”), disponendo altresì, a titolo di sanzione accessoria, la pubblicazione del provvedimento sul sito web dell’Autorità.
Il Comune, infatti, aveva messo a disposizione degli utenti, l’applicazione informatica “TrevisoSicura”, senza aver, tuttavia, adottato alcun atto interno volto a disciplinare il trattamento e ad assicurare il complessivo rispetto della normativa in materia di protezione dei dati, essendosi, peraltro, erroneamente attribuito il ruolo di responsabile del trattamento.
Non aveva, pertanto, individuato, prima di iniziare il trattamento e fin dalla progettazione dell’applicazione, le necessarie misure volte ad attuare i principi di protezione dei dati, integrando nel trattamento le necessarie garanzie al fine di soddisfare i requisiti del Regolamento, ai sensi dell’articolo 25, par. 1.
Né, infine, aveva messo in atto misure tecniche e organizzative adeguate, al fine di garantire che venissero trattati, per impostazione predefinita, solo i dati personali necessari per ogni specifica finalità del trattamento (articolo 25, par. 2, del Regolamento).
In particolare, il Comune, configurando l’applicazione in maniera tale da concedere agli interessati la possibilità di inserire del testo libero in uno specifico campo, non aveva considerato la possibilità che gli stessi potessero inviare all’Ente dati non pertinenti rispetto alla finalità perseguita (articolo 5, par. 1, lett. c), che formalizza il principio di “minimizzazione dei dati”, ovvero la mappatura delle zone della città interessata da fenomeni criminali, con il conseguente rischio di acquisire dati appartenenti a categorie particolari (cfr. art. 9 del Regolamento) o a reati (cfr. art. 10 del Regolamento).
La valutazione d’impatto sulla protezione dei dati personali per l’uso di sistemi di videosorveglianza
Il Garante aveva contestato al Comune di Treviso, per quanto riguarda l’impiego dei droni, di aver omesso di redigere una valutazione di impatto sulla protezione dei dati, prima di iniziare il trattamento, in violazione dell’articolo 35 del Regolamento.
Il procedimento si è concluso con l’archiviazione, solo perché il Comune ha dimostrato che non vi era mai stato alcun trattamento di dati, indicando tutte le motivazioni evidenziate nel paragrafo che precede.
Ma che cos’è la valutazione d’impatto sulla protezione dei dati personali?
È un processo inteso a descrivere il trattamento, valutarne la necessità e la proporzionalità, nonché a contribuire a gestire i rischi per i diritti e le libertà delle persone fisiche derivanti dal trattamento di dati personali, valutando detti rischi e determinando le misure per affrontarli.
Quando un trattamento può comportare un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone interessate (a causa del monitoraggio sistematico dei loro comportamenti, o per il gran numero dei soggetti interessati), il Regolamento 2016/679 obbliga i titolari a svolgere una valutazione di impatto prima di darvi inizio, consultando l´autorità di controllo in caso le misure tecniche e organizzative da loro stessi individuate per mitigare l´impatto del trattamento non siano ritenute sufficienti - cioè, quando il rischio residuale per i diritti e le libertà degli interessati resti elevato.
Si tratta di uno degli elementi di maggiore rilevanza nel nuovo quadro normativo, perché esprime chiaramente la responsabilizzazione dei titolari nei confronti dei trattamenti da questi effettuati. I titolari sono, infatti, tenuti non soltanto a garantire la piena osservanza delle disposizioni del Regolamento, ma anche a dimostrare adeguatamente in che modo garantiscono tale osservanza.
In altre parole, una valutazione d'impatto sulla protezione dei dati è un processo inteso a garantire e dimostrare la conformità (Linee guida in materia di valutazione d'impatto sulla protezione dei dati e determinazione della possibilità che il trattamento possa presentare un rischio elevato ai fini del Regolamento (UE) 2016/679 - Gruppo di lavoro articolo 29 per la protezione dei dati - adottate il 4 aprile 2017, come modificate e adottate da ultimo il 4 ottobre 2017).
La valutazione d'impatto sulla protezione dei dati è sempre richiesta, in particolare, in caso di sorveglianza sistematica su larga scala di una zona accessibile al pubblico (articolo 35, par. 3, lett. c) del Regolamento) e negli altri casi indicati dal Garante (cfr. “Elenco delle tipologie di trattamenti soggetti al requisito di una valutazione d'impatto sulla protezione dei dati ai sensi dell’art. 35, comma 4, del Regolamento (UE) n. 2016/679” dell’11 ottobre 2018).
Il Regolamento Generale sulla protezione dei dati non definisce la nozione di "su larga scala", tuttavia fornisce un orientamento in merito al considerando 91.
Le sopra citate linee guida del “Gruppo di lavoro articolo 29” raccomandano di tenere conto, in particolare, dei fattori elencati nel prosieguo al fine di stabilire se un trattamento sia effettuato su larga scala:
Tra i sistemi di videosorveglianza che necessitano sicuramente della valutazione d’impatto personale rientrano, come confermato dallo stesso Garante nel procedimento sopra esaminato, anche i droni.
L'inosservanza dei requisiti stabiliti per la valutazione d'impatto sulla protezione dei dati può portare a sanzioni pecuniarie irrogate dall'autorità di controllo competente (Garante per la protezione dei dati personali).
La mancata esecuzione di una valutazione d'impatto sulla protezione dei dati nei casi in cui il trattamento è soggetto alla stessa (articolo 35, paragrafi 1, 3 e 4), l'esecuzione in maniera errata di detta valutazione (articolo 35, paragrafi 2 e da 7 a 9) oppure la mancata consultazione dell'autorità di controllo laddove richiesto (articolo 36, paragrafo 3, lettera e)), possono comportare una sanzione amministrativa pecuniaria pari a un importo massimo di 10 milioni di euro oppure, nel caso di un'impresa, pari a fino al 2% del fatturato annuo globale dell'anno precedente, a seconda di quale dei due importi sia quello superiore (Regolamento Europeo per la protezione dei dati personali n. 679/2016, articolo 83, comma 4).
--> Per approfondire alcuni aspetti consulta gli approfondimenti del Dottor Gaetano Alborino:
Risposta del Dott. Fabio Bertuccioli
Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale – 9 aprile 2025
Ministero dell'Interno - Decreto 27 dicembre 2024
Commento della sentenza n. 21164 del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Decreto 20 dicembre 2024
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