Novità sulle modalità di versamento dell’imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai contratti di assicurazione sulla vita
Agenzia delle Entrate – Circolare n. 7/E del 4 giugno 2025
Dalla procedura di infrazione europea alla previsione delle modalità di recupero dell’art. 16 bis del D.l. n. 131/2024
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La normativa italiana
Come ben si sa la tassazione degli enti non commerciali è sempre stato un tema “caldo” nel nostro Paese.
In materia di imposte locali, l’art. 7, c.1, lett. i), D.L.vo n. 504/1992 esentava dall’ICI (Imposta Comunale sugli Immobili) gli immobili utilizzati dagli enti non commerciali destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché attività di religione e di culto.
Ai sensi del comma 2 bis dell’art. 7 del D.L.vo n. 203/2005, la suindicata esenzione doveva applicarsi alle attività indicate anche se di natura commerciale.
A sua volta, l’art. 39 del D.L. n. 223/2006 precisava che l’esenzione trovava applicazione alla condizione che le attività in questione non avessero esclusivamente natura commerciale.
Dal lato delle imposte sui redditi, l’art. 149 del TUIR accordava un trattamento di favore agli enti ecclesiastici e alle associazioni sportive dilettantistiche.
La normativa europea
In ragione dei predetti regimi di tassazione, la Commissione UE ha ricevuto, nel 2006 e nel 2007, numerose denunce che lamentavano sostanzialmente la violazione dell’art. 107 del TFUE (Trattato sul funzionamento dell'Unione europea) da parte della normativa fiscale italiana. La tassazione degli enti non commerciali così come sopra descritta pareva integrare un aiuto di stato che, nell’ordinamento europeo, è in via generale vietato, salvo poche e puntuali eccezioni.
L’art. 1, lett. d), del regolamento CE n. 659/1992 definisce “regime di aiuti” qualsiasi “atto in base al quale, senza che siano necessarie ulteriori misure di attuazione, possono essere adottate singole misure di aiuto a favore di imprese definite nell’atto in linea generale e astratta e qualsiasi atto in base al quale l’aiuto, che non è legato a uno specifico progetto, può essere concesso a una o più imprese per un periodo di tempo indefinito e/o per un ammontare indefinito”.
Per costante giurisprudenza unionale, la nozione di “impresa” abbraccia qualsiasi entità economica che eserciti un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento. Pertanto, costituisce attività economica qualsiasi attività che consista nell’offrire beni e servizi su un determinato mercato, ovvero prestazioni dietro remunerazione, dove la caratteristica essenziale di quest’ultima risiede nella circostanza che essa costituisce il corrispettivo economico della prestazione.
A sua volta, l’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento, prevede che la Commissione, in ipotesi di decisione negativa sulla legittimità dell’aiuto concesso, “adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario […]. La Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto comunitario”, come il principio “ad impossibilia nemo tenetur”.
Il procedimento europeo di censura della normativa nazionale
La decisione della Commissione UE del 19.12.2012
Nell’ottobre 2010 la Commissione avviava il procedimento di indagine formale dei regimi di tassazione italiani, ai sensi dell’art, 108 TFUE.
Nel frattempo, nel gennaio 2012 nel nostro ordinamento l’ICI veniva soppiantata dall’IMU, la quale prevedeva una diversa disciplina dell’esenzione per gli enti non commerciali.
Con decisione del 19.12.2012 la Commissione giungeva alla conclusione del procedimento di indagine e decretava che l’esenzione dall’ICI concessa agli enti non commerciali costituisse un aiuto di stato incompatibile con il mercato interno.
La Commissione rilevava altresì che, per specificità del caso di specie, sarebbe stato assolutamente impossibile per l’Italia recuperare gli aiuti illegali, tant’è che non veniva emesso a carico del nostro Paese alcun ordine in tal senso.
Le sentenze del Tribunale UE
Avverso la predetta decisione, il 16.04.2013 veniva proposti due distinti ricorsi avanti al Tribunale UE, che venivano, però, entrambi respinti.
La sentenza della Corte di Giustizia UE del 06.11.2018
Seguiva l’impugnazione avanti alla Corte di Giustizia UE. Quest’ultima, con sentenza del 06.11.2018 confermava la correttezza della qualifica come aiuto di stato illegale dell’esenzione dall’ICI degli enti non commerciali ma annullava la sentenza impugnata nella parte in cui non aveva ordinato all’Italia il recupero dei predetti aiuti concessi.
La Corte rilevava come la Commissione, prima, e il Tribunale dopo, si fossero limitati a dedurre l’impossibilità assoluta del recupero dal solo fatto che le banche dati fiscali e catastali italiane non avrebbero potuto fornire alcun dato utile per recuperare gli aiuti in questione. Entrambe le Autorità avrebbero poi omesso di esaminare l’eventuale sussistenza di modalità alternative che potevano consentire il recupero, anche solo parziale, degli aiuti. Ricorda infatti la Corte come “il recupero di aiuti illegali può essere considerato, in maniera obiettiva e assoluta, impossibile da realizzare unicamente quando la Commissione accerti, dopo un esame minuzioso, che sono soddisfatte due condizioni cumulative, vale a dire, da un lato, l’esistenza delle difficolta addotte dallo Stato membro interessato e, dall’altro, l’assenza di modalità alternative di recupero”.
La decisione della Commissione UE del 03.03.2023
A seguito della sentenza della Corte di Giustizia, la Commissione riattivava il procedimento e con lettera del 01.02.2019 invitava l’Italia a presentare osservazioni sulle modalità di recupero degli aiuti erogati a mezzo esenzione dall’ICI e a suggerire modalità alternative per il loro recupero.
L’Italia, in un primo momento, si limitava a ribadire le difficoltà insite nel nostro ordinamento che avrebbero impedito in maniera assoluta il recupero.
Con successiva lettera del 21.06.2019 la Commissione precisava di non poter ritenere sufficiente una tale petizione di principio e, con l’ulteriore comunicazione del 04.11.2019, rinovava la richiesta all’Italia di individuazione di modalità alternative per il recupero.
Con lettera del 13.02.2020 l’Italia presentava osservazioni maggiormente argomentate che comunque si concludevano con una valutazione di assoluta impossibilità del recupero.
Le argomentazioni dell’Italia
In particolare, le nostre Autorità nazionali rilevavano che:
Le argomentazioni della Commissione
La Commissione con la decisione del 03.03.2023 non riteneva accoglibili le motivazioni avanzate dall’Italia. Più in particolare rilevava che:
Le conclusioni della Commissione
L’Italia veniva così condannata a recuperare dai beneficiari, ovvero dagli enti non commerciali che svolgevano negli immobili esclusivamente le attività di cui all’art. 7, c.1, lett. i) del D.L.vo n. 504/1992, nella misura in cui tali attività erano di natura economica, l’aiuto concesso, nelle ipotesi in cui questo fosse incompatibile con la normativa unionale.
La somma da recuperare era pari all’importo dell’esenzione dall’ICI fruita, oltre agli interessi decorrenti dalla data in cui le somme erano state messe a disposizione dei beneficiari e fino al loro effettivo recupero.
L’art. 16 bis del D.L. n. 131/2024
E’ in tale contesto che ha visto la luce l’art. 16 bis del D.L. n. 131/2024 cd. decreto Salva Infrazioni, convertito con modifiche nella Legge n. 166/2024, che ha disciplinato le modalità per il recupero delle esenzione dall’ICI fruite illegittimamente dagli enti non commerciali.
Il primo comma della norma in commento esplicita che l’intervento normativo è giustificato dalla necessità di dare attuazione alla sentenza della Corte di Giustizia europea del 06.11.2018 e alle decisioni della Commissione europea del 19.12.2012 e del 03.03.2023.
Il legislatore nazionale ha così previsto che “i soggetti passivi, che abbiano presentato la dichiarazione per l'imposta municipale propria e per il tributo per i servizi indivisibili per gli enti non commerciali (IMU/TASI ENC) in almeno uno degli anni 2012 e 2013, recante l'indicazione di un'imposta a debito superiore a 50.000 euro annui, o che comunque siano stati chiamati a versare, anche a seguito di accertamento da parte dei comuni, un importo superiore a 50.000 euro annui, presentano, esclusivamente in via telematica, la dichiarazione per il recupero dell'imposta comunale sugli immobili (ICI) relativamente al periodo dal 2006 al 2011”.
Il Legislatore ha precisato che: “La dichiarazione è unica per tutti gli immobili posseduti dal soggetto passivo. Per la determinazione dell'ICI oggetto del recupero di cui al presente comma, si applica la disciplina dell'IMU vigente nell'anno 2013. La base imponibile, i moltiplicatori e l'aliquota sono quelli stabiliti dalla disciplina dell'ICI, applicabili nell'anno di riferimento interessato dal recupero. Nel solo caso in cui l'aliquota effettiva non è individuabile, si applica quella media, pari al 5,5 permille”.
Il versamento non è dovuto, se nel periodo 2006-2011 non sono state superate le soglie di aiuto previste dalla normativa europea e ne sono stati rispettati condizioni e limiti.
Si è precisato che dalle somme dovute andranno detratti gli importi eventualmente già corrisposti a titolo di ICI per lo stesso periodo d’imposta ed andranno applicati gli interessi, come previsti dalla normativa europea, a decorrere dalla data in cui le somme da recuperare sono state messe a disposizione dei beneficiari e sino all’effettivo incasso.
Qualora l’importo così calcolato dovesse superare € 100.00,00, sarà possibile beneficiare di una rateazione in 4 quote trimestrali di pari importo. L’opzione per la rateazione dovrà essere indicata già nella dichiarazione.
L’individuazione delle modalità operative è stata rimessa ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri che dovrebbe essere adottato entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione. Più nello specifico, detto provvedimento dovrà fissare i termini entro cui gli enti non commerciali saranno tenuti a presentare la dichiarazione e a versare il dovuto, oltre ad individuare la misura degli interessi applicabili.
Con lo stesso decreto dovrà essere individuata la struttura che coordinerà le attività di recupero degli aiuti di stato. Infatti, il versamento del dovuto avverrà in favore dei singoli Comuni ove sono situati gli immobili oggetto di recupero; così le attività di controllo della dichiarazione e dei versamenti, di accertamento e di irrogazione delle sanzioni saranno effettuate dal singolo Comune competente oppure dal soggetto cui quest’ultimo ha affidato la riscossione delle proprie entrate.
Ad ogni modo è prevista la necessità di una “regia unitaria” di tale attività che, da un lato, coordinerà i singoli Comuni, dall’altro, dovrà essere tenuta informata sui risultati dell’attività di recupero.
Agenzia delle Entrate – Circolare n. 7/E del 4 giugno 2025
Risposta del Dott. Andrea Dallatomasina
Agenzia delle Entrate – Provvedimento 3 giugno 2025, Prot. n. 241540/2025
Analisi normativa, circolare ministeriale e impatto operativo
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