Risposta di Andrea Dallatomasina
QuesitiCittadina italiana chiede iscrizione anagrafica per sé e per il proprio figlio minore.
L'ufficiale anagrafe invia comunicazione di avvio del procedimento al padre a indirizzo estero inesistente, fornito dalla madre. Dopo 3 giorni dall'invio, a seguito di accertamento Polizia Municipale, si definisce positivamente la pratica.
Dopo mesi, il padre presenta mediante Studio Legale formale opposizione, diffidando l'Ente a non dare corso al trasferimento del minore. Quali determinazioni adottare?
Una questione molto rilevante nei procedimenti anagrafici relativi ai minori riguarda i soggetti legittimati a rendere le dichiarazioni anagrafiche in nome e per conto di coloro che, proprio per la minore età, pur avendo capacità giuridica e dunque essendo soggetti di diritto, non hanno tuttavia la capacità di agire, che come stabilito dall’articolo 2 del Codice Civile si acquista al compimento del diciottesimo anno d’età.
Quindi tenendo in considerazione questo principio fondamentale, il legislatore anagrafico ha dettato regole ben precise per individuare i soggetti che sono legittimati a rendere dichiarazioni anagrafiche.
La norma di riferimento è l’articolo 6 comma 1 del dPR 30 maggio 1989, n. 223, che, molto chiaramente, dispone “Ciascun componente della famiglia è responsabile per sé e per le persone sulle quali esercita la potestà o la tutela delle dichiarazioni anagrafiche di cui all'articolo 13. Ciascun componente può rendere inoltre le dichiarazioni relative alle mutazioni delle posizioni degli altri componenti della famiglia.”
Quindi, la madre aveva titolo a rendere la dichiarazione di residenza anche per il figlio minore sul quale esercita la responsabilità genitoriale.
Nelle Avvertenze sulla Legge 24 dicembre 1954, n. 1228, al punto 5 (pagina 41-42 della Circolare ISTAT Metodi e Norme n. 29-1992) viene indicato "L’obbligo di chiedere l’iscrizione per sé e per le persone su cui si esercita la potestà o la tutela grava normalmente su chi la esercita ma deve essere interpretato alla luce del principio che regola il nostro sistema anagrafico, ossia la res facti. Qualora il minore si trasferisca di fatto in un Comune diverso da quello di residenza della persona che esercita la potestà o la tutela, la dichiarazione anagrafica può essere fatta da un componente della famiglia presso cui il minore va a convivere. L’iscrizione può essere eseguita anche senza il consenso di chi esercita la potestà o la tutela. È indispensabile invece comunicare ai genitori l’avvio del procedimento in modo tale che questi, se del caso, adottino i provvedimenti opportuni".
L’assenso per un cambio di residenza di un minore da parte dell’altro genitore non è obbligatorio, quello che è obbligatorio è inviare la comunicazione di avvio del procedimento all’altro genitore cosi come previsto dalla Legge 7 agosto 1990, n. 241.
Tale comunicazione è prevista sia dall’articolo 7 della Legge 7 agosto 1990, n. 241 che dall’articolo 13 comma 3bis del dPR 30 maggio 1989, n. 223. L’Ufficiale d’Anagrafe deve inviare la comunicazione di avvio del procedimento di iscrizione anagrafica (o variazione all’interno del territorio comunale) oltre che al destinatario del provvedimento finale anche ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi.
L’altro genitore, in caso di cambio di residenza di un minore, è sicuramente un soggetto “interessato o controinteressato”, per cui occorre inviargli la comunicazione di avvio del procedimento.
Tale comunicazione deve essere trasmessa ad entrambi i genitori, proprio per consentire a ciascuno di essi di intervenire nel procedimento, attivando le possibili azioni per tutelare, nelle sedi opportune, l’interesse del proprio figlio anche nell’ambito della variazione anagrafica.
Piccolo appunto: se inoltrate la comunicazione di avvio del procedimento ed assegnate un determinato periodo di tempo massimo per intervenire (ad esempio 10/15 giorni dal ricevimento) non potete chiudere il procedimento senza attendere che il periodo assegnato sia trascorso.
In caso di omissione, il procedimento rimane valido ed efficace, ma, come la giurisprudenza ha ripetutamente confermato al riguardo, il mancato adempimento di tale norma procedurale determina la c.d. "inversione dell'onere della prova" a carico dell'ufficiale d'anagrafe. In pratica, in caso di contenzioso giudiziario attivato dall’altro genitore, graverà sull'ufficiale d'anagrafe l'onere di dimostrare che l'intervento dall’altro genitore, debitamente informato dell'avvio del procedimento, non avrebbe comunque modificato le valutazioni dell'ufficiale d'anagrafe e l'esito del procedimento stesso.
Non è scontato che l'ufficiale d'anagrafe riesca a dimostrare tale circostanza poiché in molti casi, se l’altro genitore fosse stato informato dell'avvio del procedimento, avrebbe potuto fornire informazioni decisive ai fini dell'adozione di un provvedimento diverso da quello in realtà adottato.
Il Ministero dell’Interno, nella Circolare del 14 settembre 1991 n. 21, ci ricorda che «la residenza è comunque una situazione di fatto, alla quale deve tendenzialmente corrispondere una situazione di diritto contenuta nelle risultanze anagrafiche. Pertanto la mera dichiarazione resa da un soggetto all’ufficiale dell’anagrafe di non voler risultare residente in un certo comune o, viceversa, di voler risultare residente non è di per sé sufficiente a determinare la cancellazione o l’iscrizione nell’anagrafe, occorrendo che il soggetto interessato provveda ad instaurare una situazione di fatto conforme a tale dichiarazione».
Quindi l’Ufficiale d’Anagrafe, responsabile unico del procedimento, in base all’esito degli accertamenti, così come per qualsiasi altro cittadino, dovrà stabilire quale sia l’effettiva dimora abituale del minore sulla base della situazione di fatto e della dichiarazione resa dai titolari della responsabilità genitoriale.
L’articolo 337-ter del Codice civile dispone, tra le altre cose, che "La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice" … ma è anche vero che prima di tutto dobbiamo tener presente la res facti.
Questo significa chiaramente (principio consolidato e non contestabile!) che il diritto all'iscrizione anagrafica non dipende dalla volontà o dall'assenso di un genitore e, addirittura, nemmeno di entrambi; bensì dipende esclusivamente dalla effettiva dimora abituale e dalla situazione di fatto.
Se vi è la condivisione dell’affido e quindi dell’esercizio congiunto della responsabilità genitoriale, comporta che la scelta della residenza abituale, essendo una delle questioni di maggiore importanza per la vita del minore, anche in caso di disgregazione del nucleo familiare, debba essere assunta “di comune accordo” da padre e madre.
L’Ufficiale d’Anagrafe ricevute le osservazioni e compiuti gli accertamenti che verranno eseguiti dagli agenti della Polizia Municipale dovrà soppesare le due posizioni e i due interessi contrapposti trovandosi di fronte alla seguente condizione: l’elemento soggettivo (ovvero la volontà di dimorare abitualmente) non può essere preso in considerazione, poiché coloro che sono chiamati ad esprimersi in luogo del minore (i genitori) hanno volontà opposte, mentre l’elemento oggettivo della permanenza in tale luogo potrebbe emergere con chiarezza.
In definitiva, anche se la scelta della residenza da parte del genitore collocatario rientra nell'esercizio di un diritto di libertà garantito dall'articolo 16 della Costituzione, se l’altro genitore oppone ragioni direttamente collegate all'interesse dei figli, come nel caso di un evidente ostacolo alla frequentazione con il padre o con la madre, sarà il giudice a valutare se il trasferimento di residenza sia in contrasto con l’interesse degli stessi a conservare con lui un rapporto significativo e continuativo.
Peraltro, in tutti i casi in cui vi siano contrasti in merito alle decisioni che riguardano un figlio minore, è il Giudice e solo il Giudice che può decidere risolvendo il contrasto nell'interesse del minore.
Giudice che dovrà trovare un bilanciamento tra il diritto di un genitore di spostare la propria residenza insieme ai figli, con il diritto del minore, di pari rango costituzionale, ad una sana crescita e ad uno sviluppo armonico della personalità, nonché a mantenere, anche in caso di disgregazione della famiglia, equilibrati ed adeguati contatti e rapporti con entrambi i genitori.
Nel bilanciamento, il diritto del genitore può essere “sacrificato” in nome del superiore interesse dei figli minori.
Pertanto se il genitore controinteressato dovesse intervenire per manifestare tutto il suo dissenso si rivolga al Tribunale, non per accusare l'ufficiale d'anagrafe che non avrebbe mai potuto agire diversamente, ma per ottenere, se ritiene di averne diritto, che il Giudice stabilisca la residenza (iscrizione anagrafica) del minore.
A quel punto, se il Giudice deciderà in tal senso, anche l'Ufficiale d'Anagrafe si adeguerà …
2 Maggio 2025
Andrea Dallatomasina
Parole chiave: iscrizione anagrafica, minore, assenso, opposizione
Per i clienti Halley: ricorrente n. QD3768, sintomo n. QD3805
Risposta della Dott.ssa Liliana Palmieri
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