Corte costituzionale – Sentenza 17 maggio 2018, n. 101
Illegittimità costituzionale dell’art. 1, c. 466, legge n. 232/2016, in materia di pareggio di bilancio.
SENTENZA N. 101
ANNO 2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI Presidente
- Aldo CAROSI Giudice
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
- Giovanni AMOROSO ”
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 463, 466, primo, secondo e quarto periodo, 475, lettere a) e b), 479, lettera a), 483, 483, primo periodo, e 519, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), promossi dalla Provincia autonoma di Bolzano, dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e dalla Provincia autonoma di Trento, con ricorsi notificati il 17-22 febbraio 2017 e il 20 febbraio 2017, depositati in cancelleria il 23, il 24 e il 28 febbraio 2017 e iscritti rispettivamente ai numeri 20, 22 e 24 del registro ricorsi 2017.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 7 marzo 2018 il Giudice relatore Aldo Carosi;
uditi gli avvocati Renate von Guggenberg per la Provincia autonoma di Bolzano, Giandomenico Falcon per la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e per la Provincia autonoma di Trento, Andrea Manzi per la Provincia autonoma di Trento e l’avvocato dello Stato Vincenzo Nunziata per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– La Provincia autonoma di Bolzano, con ricorso spedito per la notificazione il 17 febbraio 2017 e depositato il 23 febbraio 2017, iscritto al n. 20 del registro ricorsi 2017, ha proposto, tra le altre, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 475, lettere a) e b), della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), in riferimento agli artt. 79, commi 1, 3 e 4, 80, 81 103, 104 e 107 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige/Südtirol); agli artt. 17 e 18 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 268 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale); al decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra gli atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento»); agli artt. 3 e 97 Cost., sotto il profilo del principio di ragionevolezza, all’art. 117, terzo e quarto comma, Cost., all’art. 119 Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), all’art. 120 Cost., con riferimento al principio di leale collaborazione e all’accordo del 15 ottobre 2014 recepito con la legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)»; nonché all’art. 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione), in relazione all’art. 81 Cost. e alla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale).
1.1.– Premette la ricorrente che, in forza del Titolo VI dello statuto reg. Trentino-Alto Adige/Südtirol, la Provincia autonoma di Bolzano gode di una particolare autonomia in materia finanziaria, sistema rafforzato dalla previsione di un meccanismo peculiare per la modificazione delle disposizioni recate dal medesimo Titolo VI, che ammette l’intervento del legislatore statale con legge ordinaria solo in presenza di una preventiva intesa con la Regione e le Province autonome, in applicazione dell’art. 104 dello statuto medesimo.
La Provincia autonoma di Bolzano richiama il cosiddetto Accordo di Milano del 2009, siglato a Milano il 30 novembre 2009, con il quale la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province autonome di Trento e di Bolzano hanno concordato con il Governo la modificazione del Titolo VI dello statuto speciale, secondo la procedura rinforzata prevista dal predetto art. 104. Tale intesa ha portato, ai sensi dell’art. 2, commi da 106 a 126, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)», a un nuovo sistema di relazioni finanziarie con lo Stato, anche in attuazione del processo di riforma in senso federalista contenuto nella legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione). La ricorrente rammenta che, successivamente, è intervenuto l’accordo del 15 ottobre 2014 (cosiddetto “Patto di Garanzia”), sempre tra lo Stato, la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province autonome di Trento e di Bolzano, il quale ha portato a ulteriori modifiche del Titolo VI dello statuto di autonomia, sempre secondo la procedura rinforzata prevista dall’art. l04 del medesimo statuto. Tale ultima intesa, recepita con la legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», ha, quindi, ulteriormente innovato, ai sensi dell’art. l, commi da 407 a 413, della medesima legge, il sistema di relazioni finanziarie con lo Stato.
La Provincia autonoma di Bolzano evidenzia che il quadro statutario in materia finanziaria (sono richiamati in particolare gli artt. 79, 80 ed 81 dello statuto speciale) si caratterizza, tra l’altro, per la previsione espressa di una disposizione volta a disciplinare il concorso della Regione e delle Province autonome al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, di perequazione e di solidarietà e all’esercizio dei diritti e dei doveri dagli stessi derivanti, nonché all’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea.
È previsto espressamente che siano la Regione e le Province autonome a provvedere, per sé e per gli enti del sistema territoriale regionale integrato di rispettiva competenza, alle finalità di coordinamento della finanza pubblica contenute in specifiche disposizioni legislative dello Stato, adeguando, ai sensi dell’art. 2 del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige concernenti il rapporto tra gli atti legislativi statali e leggi regionali e provinciali, nonché la potestà statale di indirizzo e coordinamento), la propria legislazione ai principi costituenti limiti ai sensi degli artt. 4 e 5 dello statuto speciale, nelle materie individuate dallo statuto, adottando, conseguentemente, autonome misure di razionalizzazione e contenimento della spesa, anche orientate alla riduzione del debito pubblico, idonee ad assicurare il rispetto delle dinamiche della spesa aggregata delle amministrazioni pubbliche del territorio nazionale, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, per cui non si applicano le misure adottate per le Regioni e per gli altri enti nel restante territorio nazionale.
La ricorrente rammenta, inoltre, che il regime dei rapporti finanziari tra Stato e autonomie speciali è dominato dal principio dell’accordo e dal principio di consensualità (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 28 del 2016, n. 133 del 2010, n. 82 del 2007, n. 353 del 2004, n. 98 del 2000 e n. 39 del 1984), definito, per quanto riguarda la Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province autonome di Trento e di Bolzano, dagli artt. 103, 104 e 107 dello statuto speciale, sicché la previsione di una disciplina statale immediatamente e direttamente applicabile nel territorio provinciale si porrebbe in contrasto con l’art. 107 dello statuto e con il principio di leale collaborazione, in quanto determinerebbe una modificazione unilaterale da parte dello Stato dell’ordinamento provinciale.
La ricorrente osserva che, se nelle materie attribuite alla competenza delle Province autonome, l’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992, nel disciplinare il rapporto con l’ordinamento statale, prevede a loro carico un onere di adeguamento della propria legislazione alle norme statali costituenti limiti ai sensi degli artt. 4 e 5 dello statuto speciale – limiti da individuarsi, per le materie di competenza esclusiva, nelle disposizioni qualificabili norme fondamentali di riforma economica e sociale, e, per le materie di competenza concorrente, nelle disposizioni qualificabili come principi – nondimeno tanto non potrebbe significare che le norme statali debbano essere assunte tali e quali e, nelle more dell’adeguamento, resterebbero applicabili quelle provinciali, per cui la disciplina statale nemmeno potrebbe trovare immeditata applicazione.
La ricorrente evidenzia che, sebbene l’art. 1, comma 638, della legge n. 232 del 2016 ne disponga l’applicazione alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione, nondimeno, l’art. l della legge n. 232 del 2016 recherebbe alcune disposizioni che o parrebbero essere destinate ad applicarsi alla ricorrente Provincia, in quanto includono espressamente le Province autonome di Trento e di Bolzano tra i propri destinatari, senza essere state preventivamente concordate; oppure, in modo indiretto, sarebbero destinate a produrre effetti nei suoi confronti, rendendo ardua un’interpretazione adeguatrice al fine di renderle compatibili con l’ordinamento statutario (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 228 del 2013 e n. 412 del 2004), vanificando così la predetta clausola di salvaguardia con la propria formulazione testuale.
1.2.– Tanto premesso, la Provincia autonoma di Bolzano deduce anzitutto l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 475, lettere a) e b), della legge n. 232 del 2016. Tale comma così dispone: «Ai sensi dell’articolo 9, comma 4, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, in caso di mancato conseguimento del saldo di cui al comma 466 del presente articolo: a) l’ente locale è assoggettato ad una riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o del fondo di solidarietà comunale in misura pari all’importo corrispondente allo scostamento registrato […]. Gli enti locali delle regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta e delle province autonome di Trento e di Bolzano sono assoggettati ad una riduzione dei trasferimenti correnti erogati dalle medesime regioni o province autonome in misura pari all’importo corrispondente allo scostamento registrato. Le riduzioni di cui ai precedenti periodi assicurano il recupero di cui all’articolo 9, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 243, e sono applicate nel triennio successivo a quello di inadempienza in quote costanti. In caso di incapienza, per uno o più anni del triennio di riferimento, gli enti locali sono tenuti a versare all’entrata del bilancio dello Stato le somme residue di ciascuna quota annuale, entro l’anno di competenza delle medesime quote, presso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato, al capo X dell’entrata del bilancio dello Stato, al capitolo 3509, articolo 2. In caso di mancato versamento delle predette somme residue nell’anno successivo, il recupero è operato con le procedure di cui ai commi 128 e 129 dell’articolo l della legge 24 dicembre 2012, n. 228; b) nel triennio successivo la regione o la provincia autonoma è tenuta ad effettuare un versamento all’entrata del bilancio dello Stato, di importo corrispondente a un terzo dello scostamento registrato, che assicura il recupero di cui all’articolo 9, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 243. Il versamento è effettuato entro il 31 maggio di ciascun anno del triennio successivo a quello di inadempienza. In caso di mancato versamento si procede al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate a qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale; c) nell’anno successivo a quello di inadempienza l’ente non può impegnare spese correnti, per le regioni al netto delle spese per la sanità, in misura superiore all’importo dei corrispondenti impegni dell’anno precedente ridotti dell’l per cento [...]; d) nell’anno successivo a quello di inadempienza l’ente non può ricorrere all’indebitamento per gli investimenti. Per le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, restano esclusi i mutui già autorizzati e non ancora contratti. I mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere con istituzioni creditizie o finanziarie per il finanziamento degli investimenti o le aperture di linee di credito devono essere corredati di apposita attestazione da cui risulti il rispetto del saldo di cui al comma 466. L’istituto finanziatore o l’intermediario finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della predetta attestazione; e) nell’anno successivo a quello di inadempienza l’ente non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. È fatto altresì divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che si configurino come elusivi della presente disposizione. Le regioni, le città metropolitane e i comuni possono comunque procedere ad assunzioni di personale a tempo determinato, con contratti di durata massima fino al 31 dicembre del medesimo esercizio, necessari a garantire l’esercizio delle funzioni di protezione civile, di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale nel rispetto del limite di spesa di cui al primo periodo del comma 28 dell’articolo 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122; f) nell’anno successivo a quello di inadempienza, il presidente, il sindaco e i componenti della giunta in carica nell’esercizio in cui è avvenuta la violazione sono tenuti a versare al bilancio dell’ente il 30 per cento delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza spettanti nell’esercizio della violazione».
Detto comma, con il richiamo all’art. 9, comma 4, della legge n. 243 del 2012, introduce misure sanzionatorie in caso di mancato conseguimento del saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali.
Limitatamente a quanto di interesse delle Province autonome di Trento e di Bolzano, la ricorrente evidenzia come alla lettera a) si preveda che in tal caso i Comuni che ricadono nel territorio delle due Province autonome sono assoggettati a una riduzione dei trasferimenti correnti erogati dalle medesime in misura pari all’importo corrispondente allo scostamento registrato e che tali riduzioni assicurano il recupero di cui all’art. 9, comma 2, della legge n. 243 del 2012 e sono applicate nel triennio successivo a quello di inadempienza in quote costanti. In caso di incapienza, per uno o più anni del triennio di riferimento, gli enti locali sono tenuti a versare all’entrata del bilancio dello Stato le somme residue di ciascuna quota annuale, entro l’anno di competenza delle medesime quote. In caso di mancato versamento delle predette somme residue nell’anno successivo, il recupero è operato con le procedure di cui ai commi 128 e 129 dell’art. l della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2013)». Queste ultime disposizioni prevedono compensazioni a regime tra debiti degli enti locali nei confronti del Ministero dell’interno e assegnazioni ministeriali, anche mediante trattenimento sulle somme a essi spettanti a titolo di imposta municipale propria (IMU).
Quindi, con esplicito riferimento alle Province autonome, la norma in questione disciplina le conseguenze del mancato conseguimento del «saldo non negativo» da parte dei Comuni, nell’ambito della norma dettata in generale per le Regioni a statuto ordinario e gli enti locali delle medesime, introducendo una disciplina specifica per la Regione Siciliana e la Regione autonoma della Sardegna, nonché per le autonomie speciali che hanno competenza in materia di finanza locale (Regione autonoma Valle d’Aosta, Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e Province autonome di Trento e di Bolzano).
L’art. 1, comma 475, lettera b), della legge n. 232 del 2016 prevede inoltre che nel triennio successivo la competente Provincia autonoma è tenuta a effettuare un versamento all’entrata del bilancio dello Stato, di importo corrispondente a un terzo dello scostamento registrato, che assicura il recupero di cui all’art. 9, comma 2, della legge n. 243 del 2012, versamento che deve essere effettuato entro il 31 maggio di ciascun anno del triennio successivo a quello di inadempienza. In caso di mancato versamento si procede al recupero di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate a qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale.
La Provincia autonoma di Bolzano sostiene che le predette disposizioni interferirebbero in modo evidente con l’assetto dei rapporti finanziari intercorrenti tra le Province autonome e lo Stato, che comprende anche la finanza dei Comuni dei rispettivi territori, come disciplinato nello statuto di autonomia, anche a seguito del citato Patto di Garanzia del 15 ottobre 2014 e delle conseguenti modificazioni statutarie intervenute.
Secondo la ricorrente, sebbene il legislatore statale qualifichi le disposizioni di cui ai commi da 463 a 484 dell’art. 1 della legge n. 232 del 2016 – e, quindi, anche il comma 475 – come «principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi degli artt. 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione», le norme di cui al comma 475, lettere a) e b), avrebbero un contenuto immediatamente precettivo, di diretta applicazione, pur essendo incompatibili con l’ordinamento statutario delle Province autonome. Esse, pertanto, si porrebbero in contrasto con il comma 483 dello medesimo art. l, il quale prevede espressamente che, per le Regioni autonome Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige/Südtirol, nonché per le Province autonome di Trento e di Bolzano, non si applicano le disposizioni di cui ai commi 475 e 479 e che resta ferma la disciplina del patto di stabilità interno recata dall’art. 1, commi 454 e seguenti, della legge n. 228 del 2012, come attuata dagli accordi sottoscritti con lo Stato; inoltre, secondo la ricorrente, le norme impugnate sarebbero altresì incoerenti, se non in contrasto, con la clausola generale di salvaguardia di cui al comma 638 dello stesso articolo, secondo cui sono applicabili «compatibilmente», vanificandola, in quanto esse menzionano espressamente come destinatarie anche le Province autonome e gli enti locali (Comuni) del rispettivo territorio, senza lasciare spazio ad alcuna possibilità di essere interpretate in modo rispettoso dell’autonomia. Pertanto, esse violerebbero le previsioni statutarie che attribuiscono alle Province autonome la potestà legislativa esclusiva e la corrispondente potestà amministrativa in materia di finanza locale – che, in quanto tale, sarebbe soggetta al limite dei principi costituenti “norme di riforma economico-sociale” e non a quello dei principi delle materie di competenza concorrente – nonché con la funzione attribuita alle medesime del coordinamento della finanza pubblica provinciale, che comprende la finanza locale (sono richiamati gli artt. 16 79, commi 3 e 4, 80 – come da ultimo modificato dall’art. 1, comma 518, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilità 2014)», approvato ai sensi dell’art. 104 dello statuto speciale, a norma dell’art.1, comma 520, della stessa legge – e 81 dello statuto; nonché gli artt. 17 e 18 del d.lgs. n. 268 del 1992).
Più specificamente, le disposizioni di cui alla lettera a) del comma 475, laddove definiscono direttamente la sanzione conseguente al mancato rispetto dell’obiettivo del saldo, sarebbero in contrasto con l’attribuzione da parte dello statuto d’autonomia della competenza esclusiva, legislativa e amministrativa, nella materia della finanza locale – e quindi con gli artt. 80 e 81 dello statuto, nonché con il d.lgs. n. 268 del 1992 – e della funzione di coordinamento della finanza pubblica rispetto ai Comuni del rispettivo territorio, nonché agli altri enti a ordinamento regionale o provinciale, che costituiscono il sistema territoriale integrato (è richiamato l’art. 79, commi 1 e 3, dello statuto).
Per quanto riguarda, invece, le Province autonome, secondo la ricorrente la previsione dell’obbligo di effettuare un versamento all’entrata del bilancio dello Stato in relazione allo scostamento registrato, di importo corrispondente a un terzo, come prescritto dalla lettera b) del comma 475, contrasterebbe con l’autonomia finanziaria codificata dal Titolo VI dello statuto speciale, come riconosciuta e disciplinata in modo esaustivo dall’art. 79, comma 4, a seguito dell’accordo del 15 ottobre 2014, assunto ai sensi dell’art. 104 dello statuto speciale.
Peraltro, la Provincia autonoma di Bolzano evidenzia che la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol non grava sul bilancio dello Stato per il finanziamento della spesa dei propri Comuni, poiché nel territorio regionale la finanza locale è a carico delle Province, con la conseguenza che lo Stato non potrebbe neppure adottare norme per il loro coordinamento finanziario. Richiama in proposito anche la recente sentenza di questa Corte n. 75 del 2016, con la quale, dopo aver ribadito il peculiare assetto della finanza locale nella Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, si afferma che «[...] lo Stato, non concorrendo al finanziamento dei Comuni che insistono sul territorio della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, non può neppure adottare norme per il loro coordinamento finanziario, che infatti compete alla Provincia, ai sensi del richiamato art. 79, comma 3, dello statuto». Osserva inoltre che le norme attuative del sistema sanzionatorio definite, tra l’altro, con legge ordinaria, dovrebbero essere coerenti con il precetto contenuto nell’art. 9, comma 2, della legge n. 243 del 2012, il quale impone agli enti che registrino un saldo negativo, di adottare «misure di correzione tali da assicurare il recupero entro il triennio successivo, in quote costanti», sicché le disposizioni impugnate non potrebbero spingersi a definire misure sanzionatorie nei confronti delle autonomie del TrentinoAlto Adige/Südtirol in contrasto con l’ordinamento finanziario statutario.
1.3.– Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.
Secondo il resistente, le censure relative al citato comma 475, lettere a) e b), devono ritenersi infondate alla luce di quanto disposto dal successivo comma 483, secondo il quale «[p]er le regioni Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige, nonché per le province autonome di Trento e di Bolzano, non si applicano le disposizioni di cui ai commi 475 e 479 del presente articolo e resta ferma la disciplina del patto di stabilità interno recata dall’articolo l, commi 454 e seguenti, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, come attuata dagli accordi sottoscritti con lo Stato. Ai fini del saldo di competenza mista previsto per la regione Trentino-Alto Adige e le province autonome di Trento e di Bolzano, è considerato il fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, al netto della quota riveniente dal ricorso all’indebitamento». La norma, dunque, prevede espressamente che ai suddetti enti non si applicano le disposizioni in materia di sanzioni e premialità connesse alla disciplina del pareggio di bilancio di cui all’art. 1, commi 475 e 479, della legge n. 232 del 2016, operando, invece, il regime sanzionatorio connesso alla disciplina del patto di stabilità interno.
A decorrere dall’anno 2018 – prosegue la difesa statale – con il venir meno del vincolo del patto di stabilità interno, il corpus giuridico di riferimento sarà costituito dalla sola disciplina del pareggio di bilancio, in attuazione degli accordi rispettivamente sottoscritti con lo Stato (in particolare, sono richiamati l’art. 8 del Protocollo d’intesa tra lo Stato e la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia del 23 ottobre 2014, recepito dall’art. 1, comma 517, della legge n. 190 del 2014, e il punto 10 dell’Accordo tra lo Stato e la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol e le Province autonome di Trento e di Bolzano del 15 ottobre 2014, recepito dall’art. 79, comma 4-quater, dello statuto di autonomia). Ne consegue che, a decorrere dall’anno 2018, anche nei confronti dei predetti enti ad autonomia differenziata troverà applicazione il nuovo regime sanzionatorio e premiale disciplinato dai citati commi 475 e 479.
Con riguardo alla censura rivolta alla lettera a) del comma 475, il Presidente del Consiglio dei ministri osserva che tale misura sanzionatoria è applicabile agli enti locali dei predetti enti ad autonomia differenziata, assoggettati, già dal 2016, al vincolo del pareggio di bilancio in luogo del patto di stabilità interno; tale disciplina sarebbe volta a salvaguardare – proprio attraverso misure di correzione dell’eventuale disavanzo registrato – l’equilibrio unitario della finanza pubblica complessiva e sarebbe strumentale al perseguimento di obiettivi nazionali, condizionati anche da obblighi comunitari. Essa costituirebbe pertanto diretta attuazione dei princìpi costituzionali volti al coordinamento della finanza pubblica, che non potrebbero che trovare uniforme applicazione anche nei confronti delle autonomie speciali e dei rispettivi enti locali. Infatti, qualora tali princìpi comportino l’obbligo di contenere la spesa (mediante la riduzione delle correlate entrate), la Regione o la Provincia autonoma, nel momento in cui si sottrae a misure destinate a operare sull’intero territorio nazionale, non adempirebbe all’obbligo solidaristico di cui agli artt. 2 e 5 Cost., avvantaggiando indebitamente i propri residenti rispetto ai cittadini del restante territorio nazionale.
Il resistente rammenta che, al riguardo, questa Corte ha già affermato che «i margini costituzionalmente tutelati dell’autonomia finanziaria e organizzativa della Regione si riducono, quando essa ha trasgredito agli obblighi legittimamente imposti dalla legislazione dello Stato, al fine di garantire la tenuta della finanza pubblica allargata» (sentenza n. 219 del 2013; in precedenza, sentenza n. 155 del 2011). A questo effetto non si potrebbero sottrarre certamente le autonomie speciali, dato che si renderebbe necessario anche nei loro confronti consentire allo Stato di decidere autonomamente quale sanzione, nei limiti della non manifesta irragionevolezza e della proporzionalità, abbia una sufficiente efficacia compensativa e deterrente.
Ne consegue che la previsione di un meccanismo sanzionatorio a carico degli enti locali delle ricorrenti non si tradurrebbe in una lesione delle prerogative statutarie, una volta che sia stata attribuita allo Stato la competenza a disciplinare gli effetti della violazione del patto di stabilità (si cita la sentenza n. 46 del 2015 di questa Corte).
2.– La Provincia autonoma di Trento, con ricorso spedito per la notificazione il 20 febbraio 2017 e depositato il 28 febbraio 2017, iscritto al n. 24 del registro ricorsi 2017, ha proposto, tra le altre, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 466, quarto periodo, comma 475, lettere a) e b), comma 479, lettera a), e comma 483, primo periodo, nella parte in cui richiama il comma 479, della legge n. 232 del 2016, in riferimento agli artt. 8, numero 1), 16, 69, 79, 80, 81, 103, 104 e 107 dello statuto speciale Trentino-Alto Adige/Südtirol; agli artt. 17, 18 e 19 del d.lgs. n. 268 del 1992; all’art. 2 del d.P.R. 28 marzo 1975, n. 474 (Norme di attuazione dello statuto per la regione Trentino-Alto Adige in materia di igiene e sanità); all’art. 2 del d.lgs. n. 266 del 1992; al principio di ragionevolezza di cui agli artt. 3 e 97 Cost.; all’art. 81 Cost., anche in relazione alla legge cost. n. 1 del 2012 e alla legge n. 243 del 2012; agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 119 Cost., in combinato disposto con l’art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001; al principio di leale collaborazione, anche in relazione all’art. 120 Cost., e all’accordo del 15 ottobre 2014, recepito con la legge n. 190 del 2014.
2.1.– La ricorrente premette di non ignorare l’esistenza della clausola di salvaguardia contenuta nell’art. 1, comma 638, della legge n. 232 del 2016, ma essa, secondo la ricorrente, non sarebbe di per sé idonea a evitare che le disposizioni specificamente indirizzate alle autonomie speciali, e in particolar modo alla Provincia autonoma di Trento, possano trovare comunque applicazione.
2.2.– Quest’ultima sostiene che l’art. 1, comma 466, della legge n. 232 del 2016, detta norme sull’equilibrio di bilancio applicabili anche alle Regioni a statuto speciale e alle Province autonome ai sensi dell’art. 1, comma 465, della legge medesima. Tali norme sono in parte riproduttive dell’art. 9, commi 1 e 1-bis, della legge n. 243 del 2012, come modificato dall’art. 1 della legge 12 agosto 2016, n. 164 (Modifiche alla legge 24 dicembre 2012, n. 243, in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali). Il primo periodo, infatti, definisce l’equilibrio di bilancio come «saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali» e il secondo periodo specifica quali sono le entrate finali («quelle ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 dello schema di bilancio previsto dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118») e le spese finali («quelle ascrivibili ai titoli 1, 2 e 3 del medesimo schema di bilancio»). I due successivi periodi del comma 466 riguardano il fondo pluriennale vincolato: il terzo periodo stabilisce che «per gli anni 2017-2019, nelle entrate e nelle spese finali in termini di competenza è considerato il fondo pluriennale vincolato, di entrata e di spesa, al netto della quota riveniente dal ricorso all’indebitamento»; il quarto periodo prevede che «a decorrere dall’esercizio 2020, tra le entrate e le spese finali è incluso il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa, finanziato dalle entrate finali».
In relazione a detto quarto periodo del citato comma 466, la Provincia autonoma di Trento evidenzia che a decorrere dall’esercizio 2020 vengono posti limiti alla rilevanza dell’avanzo di bilancio se utilizzato per finanziare il fondo pluriennale vincolato, consentendo cioè il computo di tale fondo ai fini dell’equilibrio di bilancio solo se questo sia stato finanziato tramite le entrate finali (e quindi, ad esempio, non con l’avanzo di amministrazione autorizzato ai sensi del comma 502 dello stesso art. 1 della legge n. 232 del 2016 o mediante operazioni di indebitamento).
Tale restrizione costituisce appunto l’oggetto della censura della ricorrente, la quale rammenta che il fondo pluriennale vincolato è una posta di bilancio introdotta in esecuzione dei principi statali di armonizzazione dei bilanci pubblici dettati dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42). Il fondo è costituito da risorse già accertate e già impegnate in esercizi precedenti, ma destinate al finanziamento di obbligazioni passive dell’ente che diventeranno esigibili in esercizi successivi a quello in cui è accertata l’entrata. Il fondo pluriennale vincolato rappresenta dunque un saldo finanziario a garanzia della copertura di spese imputate a esercizi successivi a quello in corso e configura lo strumento tecnico per ricollocare su tali esercizi spese già impegnate, relativamente alle quali sussiste un’obbligazione giuridicamente perfezionata, e quindi un vincolo a effettuare i relativi pagamenti, i quali, tuttavia, giungeranno a scadenza negli esercizi su cui vengono reimputate le spese. Tale reimputazione risulta obbligatoria ai sensi del predetto d.lgs. n. 118 del 2011. Trattandosi di spese già impegnate su esercizi precedenti, esse risultano finanziariamente già coperte con entrate di tali esercizi. Proprio per questo, le regole dell’armonizzazione prevedono che l’operazione di reimputazione delle spese sia accompagnata dalla reimputazione delle relative entrate sui medesimi esercizi finanziari attraverso il fondo pluriennale, alimentato con le risorse degli anni in cui erano state impegnate le spese. Con riferimento al fondo pluriennale vincolato, la legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», ne aveva previsto la considerazione limitatamente all’anno 2016 ai fini dell’equilibrio di bilancio (art. 1, comma 711, secondo periodo), con conseguente esclusione per gli anni successivi. La legge n. 164 del 2016 ha consentito anche per il triennio 2017-2019 l’inclusione del fondo pluriennale vincolato ai fini dell’equilibrio di bilancio, subordinando però questa eventualità a successive previsioni della legge di bilancio e comunque alla sua compatibilità con gli obiettivi di finanza pubblica. La ricorrente rammenta che tali limitazioni erano già state oggetto di contestazione da parte sua, con ricorsi rispettivamente iscritti ai numeri 20 e 69 del registro ricorsi 2016.
In proposito, la Provincia autonoma di Trento osserva che l’art. 1, comma 466, terzo perio