Gli enti territoriali tornano ad essere padroni dei proprio soldi

Approfondimento di Matteo Barbero

Servizi Comunali Bilancio preventivo
di Barbero Matteo
31 Maggio 2018

Approfondimento di Matteo Barbero                                                                      

Gli enti territoriali tornano ad essere padroni dei proprio soldi

Matteo Barbero

Potrebbe essere sintetizzato in questi termini l'effetto della recente sentenza n. 101/2018 della Corte costituzionale, il cui impatto in termini operativi è però ancora tutto da chiarire.

Per inquadrare correttamente la questione, è utile premettere che, in base alla L. 243/2012 (direttamente attuativa dell’art. 81 della Costituzione), Regioni ed enti locali devono garantire il c.d. pareggio fra entrate finali e spese finali in termini di competenza. Può sembrare una regola ovvia e di buon senso, ma così non è.

Fra le entrate finali, infatti, non possono essere conteggiate due tipiche forme di finanziamento degli investimenti, che sono i prestiti (mutui, obbligazioni ecc.) e l’avanzo di amministrazione.  Ciò significa che, per utilizzare tali leve, l’ente deve realizzare dei risparmi su altre uscite, tipicamente quelle correnti per il funzionamento della macchina. Ciò, tuttavia, è spesso difficile, se non impossibile, dato che le spese correnti sono rigide ed è arduo ridurle nel breve periodo.

La pronuncia della Consulta (che segue e rafforza quanto già affermato dalla precedente sentenza n. 247/2017) è destinata a modificare profondamente tale quadro normativo. In pratica l’avanzo di amministrazione, nonché quella sorta di “avanzo applicato” che è il fondo pluriennale vincolato introdotto dalla riforma contabile di cui al D.Lgs. 118/2011, devono essere obbligatoriamente considerati come rilevanti ai fini del pareggio di bilancio. Al momento, non è chiaro se ciò accadrà subito, ovvero (come lascia intendere la sentenza n. 101) solo dal 2020.

Tuttavia, è evidente che si tratti di un cambiamento di prospettiva radicale: da circa 20 anni, infatti, gli enti sono alle prese con limitazioni e vincoli all’utilizzo dei propri avanzi, dapprima in base al Patto di stabilità interno, successivamente sostituito dal pareggio di bilancio. Per poter spendere tali risorse, in molti casi è stato necessario partecipare a bandi (statali o regionali) per ottenere gli “spazi finanziari” necessari a sterilizzare l’impatto negativo sul propri saldi.

Ora la musica finalmente cambierà. Come, al momento, non è ancora possibile dirlo con certezza. La soluzione più gettonata prevede il superamento della L. 243, con applicazione dei soli equilibri previsti dal D. Lgs. 118,  che annoverano fra le entrate sia l’avanzo (e il fpv) che il debito. E’ prevedibile, però, che a ciò verrà abbinata una ulteriore stretta dei controlli sulla correttezza delle poste iscritte a bilancio, al fine di evitare il reiterarsi di patologie che, in passato, hanno prodotto debiti fuori bilancio e ritardi biblici nei pagamenti delle fatture da parte delle pa. Di ciò è pienamente consapevole la stessa Consulta, che non a caso rimarca la necessità di rigorose verifiche, da parte dei responsabili finanziari, dei revisori e della Corte dei conti, in sede di rendiconto, spingendosi fino a richiamare la recente giurisprudenza della Cassazione che ha considerato punibili anche sul piano penale le manipolazioni finanziarie del risultato di amministrazione degli enti territoriali.

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