Risposta al quesito dell'Avv. Lorella Martini
QuesitiUna società acquista un’area edificabile con un valore nettamente inferiore (valore d’asta!) rispetto a quello venale in comune commercio al 1° gennaio dell’anno di imposizione. L’imposta è stata versata dalla stessa sulla base imponibile risultante dal valore contabile d’acquisto e non con riferimento alla base imponibile determinata dalla tabella dei valori venali - €./mq - minimi di riferimento delle aree fabbricabili, di cui alla delibera di Giunta Comunale.
Si precisa che il divario dei valori sopra menzionati risulta essere piuttosto significativo. Inoltre si precisa altresì che la società uscente, in liquidazione, ha sempre dichiarato e versato l’imposta in questione calcolando l’imposta sull’imponibile determinato come da tabella deliberata.
Alla luce di quanto suesposto, quale valore delle aree fabbricabili considerare per il calcolo dell’imposta IMU?
La questione prospettata è già stata portata all’attenzione del Giudice tributario. In quel caso il Comune accertava il maggior valore dell’area fabbricabile rispetto a quello considerato dall’acquirente del suolo pari al prezzo di acquisto all’esito della procedura di vendita ai pubblici incanti. Il Giudice di merito dava prevalenza al valore di acquisto a mezzo gara pubblica rispetto a quello adottato dal Comune. La Corte di Cassazione, invece, adita dal Comune, con ordinanza n. 12273/2017 ne accoglieva il ricorso. La Suprema Corte rammenta la tassatività dei criteri determinati dall’art. 5, comma5, del D.L.vo n. 504/1992 (richiamato anche dall’art. 13, c.3, D.L. n. 201/2011) sicchè il Giudice di merito, investito della questione del valore attribuito all’area edificabile, non può esimersi dal verificarne la corrispondenza ai predetti parametri, senza che possa assumere alcun rilievo il prezzo indicato nella compravendita, che non rientra tra i parametri previsti dal predetto art.5 ed essendo ben possibile che il prezzo di aggiudicazione in sede di asta sconti ribassi correlati alla necessità di vendere, così da non costituire base sufficiente per esprimere l’effettivo valore del bene che ne costituisce oggetto.
Per completezza, si segnala però che con un’altra pronuncia, per quanto più remota, ovvero la sentenza n. 14148/2003, la Corte di cassazione ha invece ritenuto rispondente al valore venale il prezzo di un’asta fallimentare in ragione dello scopo di realizzare il miglior prezzo possibile garantito dalle forme di pubblicità della vendita all’incanto.
Avv. Lorella Martini 05/07/2018
Consiglio di Stato, Sezione VI - Sentenza 28 aprile 2025, n. 3575
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