Per il risarcimento da cose in custodia alla Pubblica Amministrazione è richiesta la rigorosa prova del fatto

Approfondimento di Alessandro Russo

Servizi Comunali Cause e liti
di Russo Gianluca
26 Luglio 2018

Approfondimento di Alessandro Russo                                                             

Per il risarcimento da cose in custodia alla Pubblica Amministrazione è richiesta la rigorosa prova del fatto

Alessandro Russo

 

Con sentenza n. 592/2018 pubblicata il 5 febbraio 2018 il Tribunale di Milano sez. X civile rigetta la richiesta di risarcimento avanzata da una danneggiata che dichiarava di essere caduta sul marciapiede di un Comune alle porte di Milano a causa di una buca non segnalata.

Preliminarmente il Comune sollevava il difetto di legittimazione passiva, essendo dell’adiacente condominio la proprietaria del sedime ammalorato.

Il Giudice però rigettava la richiesta, inquadrando la fattispecie all’interno della responsabilità oggettiva da cose in custodia alla Pubblica Amministrazione, ai sensi dell’art. 2051 c.c. e specificando nel contempo che il Comune è responsabile per il solo fatto di ricoprire il ruolo di custode della cosa, se questa cagioni un danno a terzi[1].

Però - a bilanciamento del principio - grava sull’attore l’onere di provare il nesso causale tra la cosa in custodia all’Ente ed il danno: <<ossia dimostrare che l’evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione posseduta dalla cosa; resta, invece, a carico del custode offrire la prova liberatoria del caso fortuito, quale fattore estraneo alla sua sfera di custodia avente impulso causale autonomo e carattere di imprevedibilità.>>.   

Da queste premesse il Giudice ritiene la domanda carente, perché non adeguatamente supportata da evidenze probatorie, indispensabili a fondare la tutela risarcitoria: <<Parte attrice infatti non ha fornito prova alcuna che consentisse di localizzare esattamente l’evento del sinistro né tanto meno di comprendere la precisa dinamica dello stesso, essendosi limitata ad indicare il luogo del sinistro e ad allegare quale prova dell’insidiosità dei luoghi, documentazione fotografica scarsamente decifrabile.>>.

Dall’istruttoria è inoltre emerso che il luogo del sinistro coincideva con quello di residenza dell’attrice e che la stessa riconosceva che la buca era presente da parecchio tempo, lamentando un’inerzia dell’Amministrazione a provvedere al tempestivo riassetto della platea del marciapiede: <<Tale circostanza evidenzia la significativa prevedibilità dell’evento in considerazione del fatto che le condizioni del luogo fossero indubbiamente note e facilmente percepibili per coloro che, come la danneggiata, frequentavano con assiduità quella strada. Oltretutto il sinistro si sarebbe verificato in pieno giorno; per tutti questi elementi, se ne ricava che un comportamento più attento dell’attrice avrebbe consentito alla stessa di evitare senz’altro la caduta.>>[2].

Il Giudice quindi spiega che non basta la presenza di una buca sulla strada per vedersi riconosciuto il diritto al risarcimento del danno, occorre anche tener conto dell’elemento soggettivo della prevedibilità dell’insidia.

Così, nel caso in cui il dissesto si trovi in una strada conosciuta dal danneggiato, è onere di quest’ultimo tenere un comportamento maggiormente prudente e diligente. In  caso contrario la sua imprudenza sarà idonea ad integrare quel fortuito soggettivo che azzera la responsabilità del custode[3].

Il Tribunale rigetta la domanda condannando l’attrice al pagamento delle spese processuali.

16 luglio 2018

 

[1] In questo modo la decisione in commento si allinea nell’ormai sedimentata giurisprudenza sui danni da cose in custodia, che afferma: <<Con riferimento al danno cagionato da cose in custodia dell’Ente proprietario di strade, configuratosi il rapporto di custodia di cui all’art. 2051 c.c. come relazione di fatto tra soggetto e cosa, tale da consentirne il «potere di governo» (potere di controllarla, di eliminare situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con la cosa), solo l’oggettiva impossibilità di esercitare tale poteri vale ad escludere quel rapporto, che configura la responsabilità del custode come oggettiva, salva la prova del fortuito>> (cfr. Cass. sez. III civ. n. 15779/2006).

[2] Per giustificare la sua tesi il Giudice richiama noti arresti di legittimità: <<La conoscenza dei luoghi da parte del danneggiato è un elemento da considerare, insieme agli altri, nell’effettuare il necessario bilanciamento tra prevenzione e cautela sotteso alla responsabilità per custodia>> (cfr Cass. Sez. III civ. n. 12174/2016) ed ancora: <<La giurisprudenza ha ormai pacificamente escluso il risarcimento del danno per colui che incorre in una caduta alla presenza di una buca in una zona a lui conosciuta.>> (cfr. Cass. sez. III civ. n. 13930/2015).

[3] Ai fini di cui all’art. 2051 c.c. infatti: <<il caso fortuito può essere integrato anche dalla colpa del danneggiato, perché la pericolosità della cosa specie se nota o comunque facilmente rilevabile, impone un obbligo massimo di cautela, proprio in quanto il pericolo è altamente prevedibile. E tale prevedibilità con l’ordinaria diligenza è sufficiente ad escludere la responsabilità del custode.>> (cfr. Cass. sez. III civ. n. 23919/2013)

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