Rimborso spese legali in fase di dissesto

Risposta al quesito del Dott. Eugenio De Carlo

Quesiti
di De Carlo Eugenio
21 Luglio 2018

Un dipendente in fase di costituzione in difesa, ha regolarmente comunicato all'ente la scelta del legale di fiducia nel corso dell'anno 2015. Nell'anno 2017 l'ente ha dichiarato il dissesto. nell'anno 2018 il dipendente, con sentenza divenuta irrevocabile in febbraio 2018, e' stato prosciolto ed ha richiesto il rimborso delle spese legali sostenute. Posto che non è mai stato assunto alcun impegno di spesa, in rapporto alla apertura del procedimento, confermando in ogni caso l’obbligo nel dovere riconoscere quanto richiesto dal dipendente, si ravvisa la necessità di dovere comprendere se, tale obbligazione sorge sin dal momento dell’assunzione della difesa del dipendente o nella successiva e recente divenuta irrevocabilità della sentenza (22 Febbraio 2018), con la quale il dipendente è stato assolto perché il fatto non sussiste. Tale chiarimento diviene fondamentale poiché, a seconda se l’obbligazione nasce prima del 31.12.2017 o dopo tale data, in virtù dell’intervenuta dichiarazione di dissesto dell’Ente (23.12.2017), la competenza in materia di liquidazione del rimborso di che trattasi, spetta rispettivamente alla Commissione Straordinaria di Liquidazione o direttamente all’Ente. In ogni caso, nel momento in cui l'Ente viene a conoscenza e non contesta la difesa di un dipendente, ha degli obblighi circa l'assunzione di un impegno di spesa, almeno presunto, in attesa dell'esito. gentilmente riferimenti normativi.

Risposta

In riferimento al quesito, si possono considerare due orientamenti contrapposti.

 

Il primo, secondo cui “…, i crediti derivanti da sentenze passate in giudicato in epoca successiva alla dichiarazione di dissesto non entrano nella massa passiva della procedura di liquidazione straordinaria, anche se il fatto genetico dell'obbligazione è anteriore alla dichiarazione, ma seguono le ordinarie procedure di liquidazione dei debiti dell'Ente (cfr. Cons. Stato, sez. V, 6 maggio 2015 n. 2263; Cons. Stato, sez. V nn. 5788/2001 e 2455 /2003).”

 

Per giurisprudenza formatasi sull’applicazione della detta norma (art. 252, co. 4, TUEL), infatti, i crediti derivanti da sentenze passate in giudicato in epoca successiva alla dichiarazione dello stato di dissesto non entrano nella massa passiva della procedura di liquidazione straordinaria (seguendo così le procedure di liquidazione dei debiti dell’ente dissestato), anche se il fatto genetico dell’obbligazione è anteriore alla dichiarazione (cfr. CdS, Sez. VI, n. 3937/2017)”.

 

Ha osservato il Consiglio di Stato, quindi, che il principio secondo il quale, in sostanza, il debito che, pur avendo causa in ‘atto o fatto di gestione’ anteriore alla predetta data di discriminazione abbia tuttavia, in quanto all’epoca ancora incerto, illiquido ed inesigibile, bisogno di un successivo giudicato per tramutarsi in certo, liquido ed esigibile, si sottrae alla gestione della massa passiva e si trasferisce invece a quella fisiologica ed ordinaria dell’ente locale, resistendo, peraltro, alla disciplina introdotta dall’art. 5 D.L. n. 80/2004 (L. n. 140/2004) perché questa:

 

- data la sua palese natura, deve essere considerata di stretta interpretazione e non può ampliarsi applicativamente secondo parametri analogici;

 

- dato il suo tenore letterale, pur sempre mostra di volersi riferire a casi di accertamenti giudiziali riferibili al fatto che la certezza, liquidità ed esigibilità del credito sussista già anteriormente alla predetta data di discriminazione (e sia riconosciuta come tale con sentenza) e non piuttosto a casi nei quali tali connotati del credito sorgano dopo la medesima data, per un giudicato ad essa successivo.

 

A detto indirizzo si conformano numerose pronunce quali TAR Calabria, Catanzaro, sentenza n. 1720 del 15.11.2017, TAR Basilicata, Potenza, sez. I, sentenza n.212/2016; Cons. Stato, Sez. V, sentenza n. 4183 dell’11.10.2016: TAR Calabria, RC, sentenza n.1100 del 7.11.2016 e TAR Sicilia, Catania, sentenza n. 3449 del 20.12.2016); TAR Emilia Romagna – Bologna, sentenza n. 364/20.12.2016; TAR Sicilia – Palermo, sentenza n. 257/30.1.2017, secondo cui “in conformità al più recente indirizzo giurisprudenziale del Consiglio di Stato, condiviso dal Collegio … i crediti derivanti da sentenze passate in giudicato in epoca successiva alla dichiarazione di dissesto non entrano nella massa passiva della procedura di liquidazione straordinaria, anche se il fatto genetico dell'obbligazione è anteriore alla dichiarazione, ma seguono le ordinarie procedure di liquidazione dei debiti dell'Ente (Sez. V n. 5788 /2001; n.2455 /2003 e più di recente Cons. Stato, V, 4183/2016, 6 maggio 2015, n. 2263, 11 giugno 2013 n. 3232). Ciò nella semplice ma essenziale considerazione che l’ambito di competenza dell’organo straordinario di liquidazione non può considerarsi esteso fino ad includere nella massa passiva debiti ancora in via di accertamento, e pertanto privi dei requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità” .

 

Al suddetto orientamento si contrappone quello più recente, con precedenti prima del formarsi del suddetto indirizzo, secondo cui non è tanto la definizione della data di perfezionamento e di certezza, liquidità ed esigibilità del credito vantato, quanto quella della risalenza degli atti e dei fatti che hanno originato le diseconomie. L'art. 252 del d.lgs. n. 267/2000, come interpretato dalla citata disposizione del D.L. n. 80/2004, convertito con L. n. 140/2004, nell'individuare la gestione di competenza dell'organismo straordinario di liquidazione di ente locale dissestato consegna pertanto alla titolarità dell'organismo i fatti gestionali, la cui origine si riconduca fino alla conclusione dell'ultimo esercizio connotato da bilancio approvato.

 

In presenza dei presupposti individuati dalla norma, condivisibile orientamento giurisprudenziale, sulla base del rilievo che la procedura di liquidazione dei debiti è essenzialmente dominata dal principio della par condicio dei creditori, ha affermato che la tutela della concorsualità comporta, in linea generale, l'inibitoria anche del ricorso di ottemperanza in quanto misura coattiva di soddisfacimento individuale del creditore (Cons. Stato, sez. IV, n. 8363 del 30 novembre 2010 che richiama sez. VI, 26 novembre 2007, n. 6035; sez. V, 3 marzo 2004, n. 1035; sez. IV, 23 aprile 1999, n. 707; e, soprattutto Ad. plen., 24 giugno 1998, n. 4, resa in fattispecie governata dall'art. 21, d.l. n. 8 del 1993). Inoltre (cfr. Cons. Stato, IV, 9.4.2018, n. 2141), <<come ricordato dalla Sezione nella sentenza n. 8363 del 2010, testé citata, una importante, parziale, deroga a tale divieto è stata elaborata dalla menzionata pronuncia dell'Adunanza plenaria n. 4 del 1998 nella parte in cui ha riconosciuto che la speciale disciplina normativa per gli enti dissestati, inibendo le azioni esecutive «pure», ammette quelle aventi un sostanziale contenuto di cognizione perché rivolte, ad esempio, a quantificare le somme effettivamente dovute in base ad un giudicato che si sia limitato (come nel caso di specie) a fissare criteri generali; in tal caso il giudice dell'ottemperanza, anche mediante un proprio commissario, può liquidare le somme effettivamente dovute, segnalando l'esistenza e l'importo del credito all'organo straordinario di gestione">> (cfr., anche, ex plurimis, Cons. Stato, sezione quinta, 21 settembre 2015, n. 4411, sezione quarta, 30 novembre 2010, n. 8363 e già Ad. Pl. n. 4 del 1998; Cons. giust. amm., n. 423 del 2015).

 

Pertanto, dipenderà dall’orientamento, tra i due, che l’OSL e l’Ente civico riterranno di seguire, anche per coerenza con le scelte fatte in relazione ad altre analoghe fattispecie, se

 

a)  trattare il rimborso delle spese legali quale obbligazione nascente solo con la definitiva sentenza di assoluzione, seguendo le ordinarie competenze ai sensi del TUEL ossia impegnando la somma nel bilancio in cui il debito di rimborso è maturato, ovvero

 

b)    trattare il debito nell’ambito della competenza dell’OSL, considerando il fatto naturalistico dell’evento da cui il rimborso è scaturito in quanto ricadente nella gestione temporale di competenza anzidetta.

 

Se gestito nell'ambito della gestione ordinaria di competenza, una volta ricevuta la comunicazione di apertura di un procedimento per cui si intende chiedere il futuro rimborso, l'Ufficio, una volta valutata l'ammissibilità astratta e considerati i parametri applicabili (in genere i minimi tariffari), deve procedere all'opportuno accantonamento in modo che, in caso di successiva definitiva ammissione al rimborso, possa utilizzare le somme stanziate ed accantonate.

 

In ogni caso, il rimborso non si ritiene che vada trattato mediante l'art. 194 TUEL atteso che l’eventuale rimborso delle spese processuali sostenute dagli Amministratori locali non sia riconducibile a nessuna delle ipotesi tassativamente previste dal richiamato art. 194 TUEL. Ed infatti, al solo verificarsi di tutti i presupposti di legge legittimanti detto rimborso (la cui valutazione, si ripete, è rimessa al prudente apprezzamento dell’Ente) e nel momento in cui la richiesta di rimborso viene rivolta all’Ente dall’Amministratore assolto, può ritenersi che sorga l’obbligo di rimborsare le spese legali sostenute. Prima di tale momento, manca il presupposto che caratterizza la formazione di un debito fuori bilancio in quanto non è stata assunta, in violazione delle norme giuscontabili che regolano i procedimenti di spesa, nessuna obbligazione per il pagamento di una determinata somma di denaro da parte dell’Ente. Qualora, quindi, l’Ente dovesse accertare che ricorrono tutti i presupposti che legittimano il diritto al rimborso delle spese legali per i propri Amministratori assolti, potrà procedere al relativo pagamento, seguendo, non la procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio, ma il procedimento di spesa ordinario previsto negli articoli 182-185 e 191 del TUEL (in termini: Corte 45 dei conti, Sez. Controllo Emilia Romagna, Deliberazione n. 311/2012/PAR).

 Dott. Eugenio De Carlo 19/07/2018

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