Riconsegna anticipata dei carichi affidati all’agente della riscossione
Risposta del Dott. Ennio Braccioni
Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo
Servizi Comunali WhistleblowingApprofondimento di Pietro Alessio Palumbo
Il whistleblower non è “agente provocatore”.
Pietro Alessio Palumbo
Con la recente sentenza 35792/2018 la suprema Corte di Cassazione ha chiarito che il whistleblower, il segnalatore di condotte illecite in corso nella propria amministrazione, non è anche “agente provocatore”. La corte territoriale aveva ritenuto integrato l’illecito accesso al sistema informatico della propria amministrazione, in cui l’imputato si era introdotto utilizzando l’account e le password di altra dipendente e mediante il quale aveva elaborato un falso documento di fine rapporto a nome di persona che non aveva mai prestato servizio presso l’amministrazione, cancellandolo subito dopo la compilazione. L’imputato, per mezzo del difensore, aveva dedotto l’esclusione della rilevanza penale del fatto, in conseguenza della finalità di denuncia che avrebbe ispirato l’accesso. Sull’imputato, gravava l’obbligo di segnalazione di condotte illecite di cui fosse venuto a conoscenza nell’esercizio del servizio, con conseguente sussistenza della causa di giustificazione di cui all’art. 51 cod. pen. Invero, l’art. 54-bis del D.Lgs. 165/2001, nel testo aggiornato dalla L.179/2017, intende tutelare il soggetto, legato da un rapporto pubblicistico con l’amministrazione, che rappresenti fatti antigiuridici appresi nell’esercizio del pubblico ufficio o servizio. L’articolo 54-bis prevede che il dipendente virtuoso non possa essere sanzionato, licenziato o sottoposto a misure discriminatorie, dirette o indirette, aventi effetti sulle condizioni di lavoro, per motivi collegati alla segnalazione effettuata che deve avere ad oggetto una condotta illecita, peraltro non necessariamente penalmente rilevante. La formula riferita al contesto di acquisizione della notizia (“di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro”) esprime che il fatto oggetto di segnalazione possa riguardare, a fini di tutela del dipendente, solo informazioni acquisite nell’ambiente lavorativo. Alle condizioni date, i commi 2 e 4 dell’articolo 54-bis prevedono un articolato sistema di protezione dell’anonimato del segnalante. Emerge, all’evidenza, come la normativa in analisi si limiti a scongiurare conseguenze sfavorevoli, per il segnalante che acquisisca notizia di un’attività illecita, mentre non fonda alcun obbligo di attiva acquisizione di informazioni, autorizzando improprie attività investigative, in violazione dei limiti posti dalla legge. In tal senso, l’insussistenza dell’invocata scriminante dell’adempimento del dovere è fondata sui medesimi principi che in tema di “agente provocatore”, giustificano esclusivamente la condotta che non si inserisca, con rilevanza causale, nell’ iter criminis, ma intervenga in modo indiretto e marginale, concretizzandosi prevalentemente in un’attività di osservazione, di controllo e di contenimento delle azioni illecite altrui.
30 agosto 2018
Risposta del Dott. Ennio Braccioni
Risposta del Dott. Massimo Monteverdi
Risposta del Dott. Massimo Monteverdi
Risposta del Dott. Luigi Oliveri
Ricevi via email i nuovi contenuti pubblicati nel portale
In collaborazione con: