Il contratto è l’atto consensuale che regola le prestazioni tra le parti contraenti. Pertanto, occorre verificare se il capitolato speciale e/o il contratto sottoscritto prevedevano o meno la certificazione dei lavori ai sensi della legge n.46/1990, rendendo così esigibile o meno detta prestazione sul piano delle obbligazioni.
Trattandosi, peraltro, di un elemento essenziale della prestazione era, comunque, dovere procedimentale - secondo la diligenza ordinaria esigibile - del RUP verificare l’esistenza del requisito di qualificazione/abilitazione occorrente del soggetto affidatario dell’appalto, così come era dovere di buona fede e di correttezza, in base alle comuni regole del Codice civile, di quest’ultimo rappresentare alla stazione appaltante la mancanza di un siffatto requisito così rilevante (o almeno accertarsi in modo univoco), sia in ragione delle rilevanti finalità della certificazione sia della natura pubblica del soggetto con cui veniva a contrattare.
Pertanto, ove il contratto/capitolato nulla dica in ordine alla prestazione qualificata (da certificare ai sensi della legge 46/1990) di che trattasi, si suggerisce di definire bonariamente la questione mediante un mutuo scioglimento del rapporto, riconoscendo all’impresa le prestazioni già rese e, ove occorra, procedendo a fare transazione mediante reciproche concessioni a norma dell’art. 208 d.lgs. n. 50/2016 e art. 1965 CC in ordine ad eventuali rispettive pretese risarcitorie.
Una volta risolto il contratto in corso, in base al valore economico della prestazione si procederà ad un nuovo affidamento a soggetto economico avente i requisiti specialistici occorrenti, secondo le procedure consentite dalla soglia economica di riferimento.
Si ritiene, invece, di escludere qualsiasi modifica delle regole previste in sede di gara e di contratto perché si violerebbe la par condicio, specie se non rientranti tra quelle consentite nei limiti e con i presupposti di cui all’art. 175 del predetto Codice.
Dr. Eugenio De Carlo 30/08/2018