Fruizione delle ferie maturate e non godute

Risposta al quesito del Dott. Angelo Maria Savazzi

Quesiti
di Savazzi Angelo Maria
13 Settembre 2018

Un dipendente si trova in malattia e, avendo superato i nove mesi nell'ultimo triennio, gli viene applicata la riduzione stipendiale del 10%. Lo stesso chiede di poter fruire delle ferie maturate e non godute (30 gg.) interrompendo il periodo di malattia. Si chiede se questo è possibile e se, nel caso di fruizione delle ferie, per il relativo periodo si debba corrispondere lo stipendio per intero.

 

Risposta

Le risposte ai quesiti sono positive per le ragioni di seguito esposte.

Non si rinviene alcuna regolamentazione espressa in materia né di fonte legislativa  né di fonte contrattuale, che invece si rinviene nell’ipotesi opposta in cui l’evento morboso si dovesse verificare quando il dipendente sia già in ferie; conseguentemente non può che farsi riferimento agli orientamenti giurisprudenziali formatisi in materia e alle indicazioni provenienti dall’ARAN.

Alcune pronunce giurisprudenziali più datate avevano escluso tale possibilità, mentre le pronunce più recenti ammettono la possibilità di un mutamento del titolo dell’assenza del dipendente, da malattia a ferie, anche in mancanza di una ripresa dell’attività lavorativa.

E’ utile a tal fine riportare quanto si legge nella sentenza 2 luglio 2015, n. 13645 della Sezione Lavoro della Cassazione: “La giurisprudenza è assolutamente costante nell'ammettere che per evitare il licenziamento per superamento del periodo di comporto il lavoratore imputi le assenze a ferie residue ove ciò non comprometta apprezzabili interessi aziendali. A fronte d'una richiesta del lavoratore di imputare a ferie già maturate un'assenza per malattia, il datore di lavoro e' tenuto a prendere in debita considerazione il fondamentale interesse del richiedente ad evitare la perdita del posto di lavoro e, se non accoglie la sua richiesta, ha l'onere di spiegarne e provarne i motivi (cfr. Cass. 8.11.2000 n. 14490; conf. 22.3.2005 n. 6143; Cass. 10.11.2004 n. 21385; Cass. 9.4.2003 n. 5521; Cass. 17.12.2001 n. 15954; Cass. 19.11.98 n. 11691)”. E ancora: “In sintesi, il lavoratore può sempre imputare a ferie (piuttosto che a malattia) le proprie assenze, con i soli limiti che si tratti di ferie già maturate e che, giova ribadire, il datore di lavoro non abbia validi motivi di ordine organizzativo o produttivo per rifiutare tale richiesta”.

Dalla seconda parte di quanto riportato della sentenza, confermata da altre pronunce, si evince che la sostituzione del titolo dell’assenza è sempre legittimo, come confermato anche da alcuni orientamenti ARAN dai quali è possibile evincere le seguenti indicazioni applicabili al caso specifico:

  • in caso di malattia il lavoratore ha la facoltà di sostituire alla malattia stessa la fruizione delle ferie, maturate e non godute, allo scopo di sospendere il decorso del periodo di comporto, anche in mancanza di una ripresa dell’attività lavorativa, escludendosi una incompatibilità assoluta tra ferie e malattia quanto segue”;
  • tale conversione è possibile anche se implica la rinunzia al diritto di fruire delle suddette ferie, secondo la destinazione cui queste sono preordinate, in quanto prevale la necessità di garantire una tutela prevalente all’interesse primario del dipendente a conservare il posto di lavoro” e, quindi, si ritiene, anche al fine di prolungare/interrompere il periodo di comporto nell’ipotesi che la malattia dovesse proseguire dopo il periodo di ferie;
  • In sostanza, il datore di lavoro è tenuto a prendere in considerazione la richiesta del lavoratore e ad aderirvi, a meno che non possa respingerla per la presenza di un giustificato motivo di rifiuto riconducibile a valide ragioni produttive ritenute prevalenti”;

L’ARAN ha, inoltre avuto modo di precisare che “Trattandosi di orientamenti giurisprudenziali che possono ritenersi ormai consolidati, si ritiene che degli stessi possano tenere conto anche le pubbliche amministrazioni, nell’ambito della propria autonomia decisionale, nella gestione delle assenze per malattie del personale dipendente”.

Ricapitolando: a) è sempre possibile, su richiesta del dipendente, la conversione del titolo dell’assenza come indicato nel quesito; b) le ferie devono essere maturate; c) l’amministrazione può respingere la richiesta se vi siano ragioni organizzative e di servizio cui normalmente si fa riferimento per respingere la richiesta di ferie che, nel caso specifico, trattandosi di una assenza già prolungata nel tempo, è difficile sostenere considerato che l’amministrazione avrà già attivato opportuni interventi per rimediare alla prolungata assenza.

Relativamente alla ulteriore problematica esposta, si ritiene che, ove sussistendone i presupposti, l’ente dia luogo alla conversione delle assenze per malattia in ferie, per la fase successiva alla fruizione di queste ultime, per il computo del triennio del periodo di comporto, debbano trovare applicazione le regole generali. Pertanto, una volta esaurite le ferie, nel caso di ulteriore assenza per malattia nel primo giorno successivo, da questo, a ritroso si calcolerà quel triennio precedente l’ultimo evento morboso considerato dalla disciplina contrattuale ai fini della determinazione del periodo di comporto, con la sommatoria di tutte le assenze per malattia intervenute in tale arco temporale; ciò ovviamente sia ai fini della verifica del periodo massimo di conservazione del posto in caso di malattia e sia ai fini della determinazione del trattamento economico da corrispondere (100% della retribuzione per i primi 9 mesi di assenza; 90 % per i successivi 3 mesi; 50% della retribuzione per gli ulteriori 6 mesi).

A tal proposito si riporta quanto sostenuto dall’ARAN in proposito: “Pertanto, man mano che trascorre il tempo e si passa da un anno all’altro, in base al meccanismo dello scorrimento annuale, in occasione di ogni ulteriore episodio morboso, sarà necessario procedere alla sommatoria di tutte le assenze per malattia intervenute nei tre anni precedenti l’ultimo in atto.

Dato il carattere dinamico del sistema, la circostanza che in un dato momento il dipendente si trovi, sulla base delle assenze effettuate, nel periodo per il quale viene corrisposta una retribuzione pari al 90% della retribuzione, non vuol dire che necessariamente da quel momento le ulteriori assenze potranno essere remunerate solo in tale misura oppure in quella più bassa pari al 50% della retribuzione ma è sempre necessario, di volta in volta, procedere al calcolo” delle assenze dell’ultimo triennio; “pertanto, potrebbe accadere che, decorso un significativo arco temporale dalle precedenti assenze per malattia, scorrendo in avanti il triennio di riferimento (con la conseguente possibile esclusione dal computo dei precedenti periodi di assenza per malattia più remoti nel tempo), sommando l’ultimo periodo di malattia a quelli ricomprese nei tre anni immediatamente antecedenti allo stesso, il numero dei giorni risultanti da tale operazione consente di collocare di nuovo il dipendente nella prima fascia retributiva stabilita dall’art. 21, comma 7 (assenze retribuite al 100%)” (orientamento applicativo ARAN).

Infine si precisa che la disciplina per le parti sopra commentate è confermata dall’art. 36 del nuovo CCNL funzioni locali. 21.5.2018.

La retribuzione nel periodo di ferie ritorna ad essere quella ordinariamente prevista senza che sia possibile procedere ad alcuna decurtazione.

Dott. Angelo Maria Savazzi 03/09/2018

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