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Razionalizzazione delle partecipate
Matteo Barbero
Partecipazioni societarie strette fra piani di razionalizzazione e obblighi di alienazione. Entro fine anno, le pa devono presentare il primo piano ordinario di razionalizzazione, mentre per le quote da dismettere in base ai piani straordinari approvati un anno fa è scattato il “congelamento”.
Il tema del controllo e della razionalizzazione delle società pubbliche si conferma fra i più attuali, non solo nel panorama della giurisprudenza contabile, ma anche in quello normativo.
Nella scorsa legislatura, il dlgs 175/2016 (attuativo della legge“Madia”) ha ridefinito in modo più restrittivo le regole che disciplinano la costituzione di società, nonché l’acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni, da parte delle pubbliche amministrazioni.
La riforma ha previsto un doppio meccanismo attuativo: dapprima (entro 1 anno dall’entrata in vigore del nuova disciplina) è scattato l’obbligo di revisione straordinaria, che avrebbe dovuto portare nell’anno successivo alla alienazione delle partecipazioni “fuori legge” (almeno 5000 secondo le stime di allora). Dal 2018, invece, la razionalizzazione diviene annuale e periodica, in modo da evitare che i carrozzoni usciti dalla porta rientrino dalla finestra.
In linea generale, alle pa è fatto divieto di costituire o mantenere partecipazioni (anche indirette) in società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali. Non si tratta di una novità, ma finora non è bastato a contenere l’esuberanza degli amministratori.
Ecco perché il dlgs 175 ha introdotto ulteriori limiti, definendo in modo rigido i settori nei quali le partecipazioni rimangono consentite, ovvero: produzione di un servizio di interesse generale (ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi), progettazione, realizzazione e gestione di opere pubbliche, autoproduzione di beni o servizi strumentali, servizi di committenza.
I vari adattamenti che ha subito il testo nei suoi vari passaggi hanno introdotto ulteriori deroghe, che riguardano, ad esempio, le finanziarie regionali, le società aventi per oggetto sociale prevalente la gestione di spazi fieristici e l’organizzazione di eventi fieristici, nonché la realizzazione e la gestione di impianti di trasporto a fune per la mobilità turistico sportiva eserciti in aree montane. Escluse dalla riforma anche alcune partecipate statali come Anas, Invitalia, Coni servizi, Invimit, Sogin e il Poligrafico.
Il terzo ordine di paletti riguarda i requisiti che anche le società che rientrano nei settori ammessi devono rispettare per poter sopravvivere. Nel mirino, sono finite le realtà che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti, quelle che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali e quelle che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro.
Come detto, in sede di prima applicazione le pa hanno dovuto redigere un piano straordinario per individuare le società da dismettere entro l’anno successivo. All’esito di tale verifica, fatti salvi i casi in cui essa abbia dato esito negativo e quelli in cui l’ente abbia deciso altri interventi di razionalizzazione (ad esempio, tramite la fusione o la messa in liquidazione), è scattato l'obbligo di alienazione, da adempiere, in base all’art. 24, comma 4, del dlgs 175 entro l’anno successivo. Poiché la dead-line per approvare i piani era stata fissata al 30 settembre 2017, il tempo è scaduto. In base al successivo comma 5, in caso di mancata alienazione entro i termini previsti, il socio pubblico non potrà esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima dovrà essere liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti dal codice civile. La penalità più grave è la prima, che rischia di paralizzare l’operatività delle società ancora attive.
Intanto, si avvicina la scadenza di fine anno per la redazione del primo piano ordinario di razionalizzazione, per il quale al momento non è stata predisposta alcuna modulistica (a differenza di quanto era accaduto per il piano straordinario).
28 settembre 2018
Risposta del Dott. Giovanni Suppa
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 marzo 2025
Agenzia delle Entrate – 4 giugno 2025
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