Concessione loculo discordante con Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria

Risposta al quesito del Dott. Pietro Rizzo

Quesiti
di Rizzo Pietro
14 Novembre 2018

Ho trovato un contratto di concessione loculo cimiteriale della durata di 80 anni, quando il Regolamento allora vigente prevedeva concessione quarantennale. Prevale il contratto stipulato o il Regolamento Comunale di Polizia Mortuaria? E nel caso come sanare questa situazione?

Risposta

Si premette che il quesito non contiene una serie di dati di particolare rilevo fra i quali:

  • quando è stata rilasciata la concessione quarantennale
  • a quando risale il regolamento di polizia mortuaria
  • le motivazioni poste a base del provvedimento amministrativo (deliberazione o determinazione dirigenziale) di concessione del suolo, dal quale è poi scaturito il “ contratto” stipulato fra l’Ente ed il privato, per una durata difforme rispetto a quella  prevista dal Regolamento comunale.

Ritengo di poter desumere che si tratta di una concessione risalente a parecchi anni orsono.

Il diritto al sepolcro nasce dal rilascio di una concessione amministrativa, da parte della Pubblica Amministrazione, di un’area di terreno demaniale in un cimitero pubblico, che consente al privato concessionario di realizzare, al di sopra o al di sotto del suolo, una costruzione destinata a raccogliere e custodire i resti mortali dei defunti.

La concessione di natura traslativa crea in capo al privato concessionario un diritto soggettivo perfetto, di natura reale particolare, assimilabile al diritto di superficie, la cui manifestazione è rappresentata dapprima dall’eventuale edificazione e, poi, dalla disponibilità del manufatto destinato alla sepoltura.

Il diritto di superficie così delineato è pienamente opponibile, da parte del concessionario, nei confronti della generalità dei consociati iure privato nel senso che esso è tutelabile con esperimento dinanzi all’Autorità giudiziaria ordinaria di ogni azione che il particolare caso richieda, ivi compresa al revindica o la tutela possessoria.

Nei confronti della Pubblica Amministrazione, invece, esso affievolisce, degradando ad interesse legittimo, nei casi in cui esigenze di pubblico interesse, per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero, richiedano  alla Pubblica Amministrazione di esercitare il potere di revoca della concessione, mediante l’adozione di un apposito provvedimento.

In altri termini, la demanialità del terreno cimiteriale determina l’intrinseca cedevolezza del diritto al sepolcro, che trae infatti origine da una concessione amministrativa su bene pubblico.

Al privato viene trasferito l’esercizio di un diritto rappresentato, nel caso di specie, dalla possibilità di sfruttare le utilitates connesse al bene pubblico rappresentato dallo spazio cimiteriale, oggetto di concessione (in tal senso, E. Casetta, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè editore, 2006, 320).

 La giurisprudenza ha preferito applicare al rapporto le norme sulle obbligazioni e, poi, quelle sui contratti, delineando così la figura della “concessione contratto” affermando  che la concessione o, meglio, il procedimento concessorio consta di due momenti giuridici distinti e precisamente: a) un “atto di sovranità”; b) una “vera e propria stipulazione di contratto” di diritto privato, per la disciplina degli aspetti di carattere patrimoniale.

I due atti sono strettamente collegati, atteso che l’annullamento del provvedimento concessorio a monte riverbera i propri effetti sulla concessione-contratto a valle che diviene inefficace e non viceversa.

Bisogna pertanto stabilire se nella redazione del regolamento di polizia mortuaria, vigente ratione temporis al momento del rilascio della concessione, si  riteneva norma a carattere imperativo quella che stabiliva in quaranta anni il limite massimo di concessione del suolo cimiteriale.

Se così fosse, considerato che le concessioni aventi ad oggetto aree cimiteriali sono assoggettate al regime delle concessioni demaniali, ai sensi dell’art. 824 comma 2 c.c. (C.d.S. Sez. IV n. 4812 del 26 settembre 2006), le quali, indipendentemente dal nomen juris adottato dalle parti e dal contenuto delle singole concessioni, si compendiano sempre in “concessioni-contratto” poiché in esse é dato ravvisare sia le caratteristiche dell’atto amministrativo che quelle dell’atto negoziale (C.d.S. Sez. IV n. 510 del 14 febbraio 2008), ne discende che singole clausole contenute nell’atto di concessione demaniale se contrarie a norme imperative sono colpite da nullità ai sensi dell’art. 1418 comma 1° c.c. e possono determinare la nullità dell’intero atto di concessione, ove risulti che le parti non sarebbero addivenute alla stipula dell’atto in mancanza di quella clausola colpita dalla nullità (T.A.R. Piemonte, Sez. I,  12 luglio 2013, n. 871).

Se invece, dagli in possesso dell’Ente, si evince che tale norma non ha carattere imperativo (scaturente da particolari situazioni che hanno imposto perentoriamente  tale termine), si deve tenere conto che l'annullamento in autotutela, ai sensi dell'art.21 nonies della legge n. 241/1990, del provvedimento amministrativo di concessione, che ha legittimato la successiva concessione-contratto e della quale costituisce necessario presupposto, richiede, per il suo esercizio, oltre all'illegittimità dell'atto, che sussistano valide ed esplicite ragioni di interesse pubblico e deve intervenire entro un termine ragionevole, previa valutazione degli interessi dei destinatari dell'atto da rimuovere.

L'autotutela non può, infatti, essere finalizzata al mero ripristino della legalità violata, ma deve essere il risultato di un'attività istruttoria adeguata che dia conto della valutazione dell'interesse pubblico e di quello del privato che ha riposto affidamento nella conservazione dell'atto (Cassazione civile 11/11/2016 n.511 sez. I;  Consiglio di Stato (Sezione Quarta) n. 3154 del 28/6/2017.

Bisogna, pertanto, valutare eventuali ragioni di interesse pubblico all'autoannullamento degli atti in questione, e  l'affidamento dei soggetti destinatari del titolo abilitativo che risulta particolarmente qualificato in ragione del ( presunto) lungo tempo trascorso. ( Consiglio di Stato sez. VI 31 agosto 2016 n. 3762).

 

Dr. Pietro Rizzo 02/11/2018

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