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La Consulta dichiara la costituzionalità della trattenuta del 2,5% dei dipendenti pubblici in regime di TFR: lo Stato risparmia 4 Miliardi
Servizi Comunali Trattamento economico Trattamento fine rapporto - TFRApprofondimento di Alessandro Russo
La Consulta dichiara la costituzionalità della trattenuta del 2,5% dei dipendenti pubblici in regime di TFR: lo Stato risparmia 4 Miliardi
Alessandro Russo
Con sentenza n. 213/2018 la Corte costituzionale dichiara non fondata la questione di costituzionalità in merito all’art. 26 c. 19 Legge n. 448/1998, che disciplina il passaggio dei dipendenti pubblici assunti dopo il 2001 dal TFS al TFR.
Come noto, il TFS/TFR dei dipendenti pubblici è una retribuzione differita, accantonata dal solo datore di lavoro il TFR ed in misura diversa da quest’ultimo e dal dipendente il TFS.
Il Tribunale di Perugia sollevava questione di costituzionalità della norma che, disciplinando il passaggio dal TFS al TFR, impone ai dipendenti pubblici assunti dopo il 31/12/2000 la riduzione della retribuzione lorda, nella misura del 2,5% sull’80% dello stipendio.
Si costituiva il Governo, affermando che la decurtazione del 2,5% sarebbe stata lo strumento - peraltro contrattato con i sindacati - atto da una parte a garantire l’invarianza della retribuzione tra i dipendenti assunti prima del 31/12/2000 e quelli assunti dopo, ed a scongiurare dall’altra nuovi oneri a carico del bilancio dello Stato.
Affermava infatti l’Avvocatura di Stato che senza questa decurtazione si sarebbe determinato un aumento della retribuzione lorda e di quella netta, che avrebbe prodotto una disparità di trattamento economico fra dipendenti aventi identica qualifica funzionale. Decurtazione comunque recuperata grazie ad un incremento figurativo ai fini previdenziali e del calcolo dello stesso TFR.
Il Governo stimava che una pronuncia di illegittimità avrebbe immediatamente gravato il bilancio pubblico per oltre 4 miliardi di euro.
La Corte costituzionale - convinta e persuasa delle ragioni della PA datore di lavoro - dichiara la questione non fondata.
La disposizione censurata infatti si collocherebbe nella complessa transizione del rapporto di lavoro alle dipendenze della PA, dal regime di diritto pubblico a quello di diritto privato. Il legislatore, nell’esercizio della sua discrezionalità, ha scandito gradualmente la transizione, che investe anche la disciplina del TFS; progressivamente ricondotta alla matrice civilistica. È in tale gradualità che si inquadrerebbe la coesistenza del regime del TFS con il regime del TFR. Per i dipendenti in regime di TFR il superamento dell’istituto precedente determinava l’eliminazione della trattenuta a carico del lavoratore del 2,5% sull’80% della retribuzione lorda.
La Consulta spiega che l’art. 26 c. 19 riguarda solo il personale che sin dall’origine è assoggettato al TFR: il meccanismo della riduzione della retribuzione lorda, applicato in misura pari all’ammontare del contributo soppresso, risponde in questo caso all’esigenza di apportare gli indispensabili adeguamenti della struttura retributiva e contributiva del personale in TFR.
Tale riduzione infatti è l’approdo di un percorso volto a salvaguardare la parità di trattamento retributivo dei dipendenti con il medesimo inquadramento e le medesime mansioni.
Inoltre la riduzione della retribuzione lorda sarebbe compensata da un corrispondente incremento figurativo ai fini previdenziali e del trattamento di fine rapporto, che neutralizzerebbe gli effetti della decurtazione.
La Corte pertanto afferma la legittimità dell’art. 26 c. 19 Legge n. 448/1998, che per garantire l’invarianza della retribuzione netta tra i lavoratori in regime di TFR e quelli in regime di TFS trattiene ai primi il 2,5% sull’80% dello stipendio lordo.
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