MASSIMA
Con la sentenza n. 6326 del 9 novembre 2018, il Consiglio di Stato elenca i principi generali che governano il subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta. Come affermato dalla sentenza i principi fondamentali sono:
a) nelle gare pubbliche il giudizio circa l’anomalia o l’incongruità dell’offerta costituisce espressione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo solo in caso di macroscopica illogicità o di erroneità fattuale e, quindi, non può essere esteso ad una autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci (Cons. St., sez. V, 17 novembre 2016, n. 4755; id., sez. III, 6 febbraio 2017, n. 514);
b) al di fuori dei casi in cui il margine positivo risulti pari a zero, non è possibile stabilire una soglia minima di utile al di sotto della quale l’offerta deve essere considerata anomala, poiché anche un utile apparentemente modesto può comportare un vantaggio significativo, sia per la prosecuzione in sé dell’attività lavorativa, sia per la qualificazione, la pubblicità, il curriculum derivanti per l’impresa dall’essere aggiudicataria e aver portato a termine un appalto pubblico (Cons. St., sez. V, 13 febbraio 2017, n. 607 e 25 gennaio 2016, n. 242; id., sez. III, 22 gennaio 2016, n. 211 e 10 novembre 2015, n. 5128);
c) la verifica di congruità di un’offerta sospetta di anomalia non può essere effettuata attraverso un giudizio comparativo che coinvolga altre offerte, perché va condotta con esclusivo riguardo agli elementi costitutivi dell’offerta analizzata ed alla capacità dell’impresa – tenuto conto della propria organizzazione aziendale e, se del caso, della comprovata esistenza di particolari condizioni favorevoli esterne – di eseguire le prestazioni contrattuali al prezzo proposto, essendo ben possibile che un ribasso sostenibile per un concorrente non lo sia per un altro, per cui il raffronto fra offerte differenti non è indicativo al fine di dimostrare la congruità di una di esse (Cons. St., sez. III, 9 ottobre 2018, n. 5798).
Va ancora ricordato che il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta non mira ad individuare specifiche e singole inesattezze nella sua formulazione ma, piuttosto, ad accertare in concreto se la proposta economica risulti nel suo complesso attendibile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto e se i prezzi offerti trovino rispondenza nella realtà, sia di mercato che aziendale, cioè se gli stessi siano verosimili in relazione alle modalità con cui si svolge il lavoro, alle dimensioni dell’azienda, alla capacità di effettuare acquisti convenienti o di realizzare particolari economie, anche di scala (Cons. St., sez. V, 3 aprile 2018, n. 2053).
Tali ultima precisazione appare tanto più necessaria perché la relazione del verificatore non sempre è riuscita a dare una risposta definitiva ai diversi quesiti posti dalla Sezione e comunque non univocamente tale da escludere ex se l’anomalia di tutte le voci dubbie, con la conseguenza che questi profili non saranno tali da determinare l’esclusione dell’offerta della GPI solo se, “nel loro complesso”, non ne escludono la congruità.
In ogni caso, dalla documentazione versata in atti e dagli elementi forniti dal verificatore il Collegio è in grado di decidere, senza che siano necessari incombenti istruttori, con l’acquisizione delle offerte integrali (come richiesto dall’appellante), o di un supplemento del verificatore, traendo dalla relazione del verificatore nel suo complesso gli elementi necessari, non essendo di contro utile ripercorrere i singoli passaggi della stessa”.