Approfondimento di Matteo Barbero

Commentario manovra 2019

Servizi Comunali Bilancio preventivo
di Barbero Matteo
04 Gennaio 2019

Approfondimento di Matteo Barbero                                                                                   

Commentario manovra 2019

Matteo Barbero

 

Introduzione

La legge di bilancio 2019 (L. 145/2018) contiene numerose misure di immediato interesse per gli enti locali. Di seguito, verranno analizzate le principali, distinte per i seguenti ambiti e attenendosi ad un ordine cronologico basato sulla successione degli articoli e dei commi del testo normativo. 

 Tributi 

 Enti in dissesto e pre-dissesto

 

 

Tributi  

Art. 1, comma 12. Deducibilità dell'Imu sugli immobili strumentali ai fini delle imposte sui redditi. 

La norma modifica l’art. 14, comma 1, del D. Lgs. 23/2011, portando dal 20% al 40% la percentuale di deducibilità dell’Imu dovuta sugli immobili strumentali dall'Ires e dell'Irpef. Come sottolinea Anci, essa non ha effetti quantitativi sulle entrate comunali se non nel senso di diminuire la distanza tra la deducibilità dell’Imu (ora 40%) e la deducibilità della Tasi (100%).  

Art. 1, commi 917-919. Imposta sulla pubblicità. 

Tali norme provano a mettere una pezza alla questione degli aumenti dell’imposta sulla pubblicità dichiarati illegittimi dalla sentenza n. 15/2018 della Corte costituzionale. Il correttivo è duplice: da un lato, si consente di dilazionare i rimborsi con pagamenti rateali entro al massimo cinque anni dal momento in cui la richiesta dei contribuenti è diventata definitiva, dall’altro, si reintroduce, a decorrere dal 2019, la facoltà di prevedere aumenti tariffari fino al 50% per le superfici superiori al metro quadrato soggette al tributo. 

Art. 1, comma 1092. Estensione agevolazioni Imu sugli immobili in comodato. 

Le agevolazioni Imu per gli immobili concessi in comodato vengono estese anche al coniuge del comodatario in caso di morte di quest’ultimo e in presenza di figli minori. Anche in tali casi, quindi, spetterà la riduzione del 50% della base imponibile, purché sussistano i requisiti previsti dalla legge fiscale. Essa, in particolare, si applica solo nel caso di possesso, da parte del comodante, di un unico immobile oppure di due immobili ubicati nello stesso comune di cui uno (quello non concesso in comodato) deve essere l’abitazione principale del possessore/comodante. Al riguardo, l’amministrazione finanziaria ha precisato che “laddove la norma richiama in maniera generica l’immobile, la stessa deve intendersi riferita all’immobile ad uso abitativo”.

Il contratto di comodato, inoltre, deve essere registrato presso un qualunque ufficio dell’Agenzia delle Entrate (non vale nessuna scrittura privata o altra forma/dichiarazione di concessione del comodato), per cui la riduzione del 50% potrà essere applicabile solo dalla data di registrazione del contratto.

Infine, per beneficiare dell’agevolazione, il possessore/comodante deve comunicare e attestare il possesso dei requisiti al comune tramite apposita dichiarazione.

Sono in ogni caso esclusi dall’agevolazione i comodati per le abitazioni accatastate in A1, A8 e A9.

Secondo il Mef, l’agevolazione in parola è cumulabile con quella analoga eventualmente spettante per gli immobili di interesse storico-artistico, per cui (in presenza di tutti i presupposti di legge) il contribuente dovrà calcolare le imposte dovute su una base imponibile ridotta al 25%. 

Art. 1, comma 1093. Deroghe al metodo normalizzato della Tari. 

La norma estende anche al 2019 le deroghe al metodo normalizzato per il calcolo della Tassa rifiuti (Tari) di cui al D.P.R. 158/1999 che ampliano il range di manovrabilità dei coefficienti Ka, Kb, Kc e Kd, consentendo di mantenere di fatto la struttura tariffaria dei piani finanziari già approvati nel 2018. 

Art. 1, comma 1133 lett. b). Conferma maggiorazione Tasi.  

La norma estende anche al 2019 la facoltà di maggiorare la Tasi nella misura massima dello 0,8 per mille. Tuttavia, solo i comuni che l’hanno deliberata entro il 30 settembre 2015 e l’hanno espressamente confermata in tutti gli anni successivi potranno mantenerla con una espressa deliberazione consiliare. 

Ricordiamo che la legge in commento non ha confermato il ”blocco” dei tributi locali introdotto dalla legge di stabilità 2016 e successivamente esteso fino al 2018. Pertanto, gli enti possono nuovamente deliberare aumenti di aliquote, riduzione di agevolazioni, oltre all’istituzione di nuovi prelievi. Per agire in tal senso, come noto, la dead line è il termine ultimo per l’approvazione dei bilanci di previsione (art. 1, comma 169, della L. 296/2006), al momento fissato al 28 febbraio 2019. Per chi ha già chiuso il preventivo, è destinata a riproporsi la querelle, mai risolta, sulla necessità o meno di riapprovare il bilancio, ovviamente entro il predetto termine. Per la tesi affermativa (più restrittiva ed onerosa in termini amministrativi) si è espressa la Sezione Autonomie della Corte dei conti (deliberazione n. 2/2011), mentre per il Ministero dell'Economia e delle Finanze è possibile e sufficiente agire mediante una semplice e più snella variazione, sempre prima della scadenza. Più lineare, invece, la strada per chi deve ancora varare il documento contabile, che però dovrà essere emendato per essere in sintonia con i provvedimenti tributari.  

 

Art. 1, comma 100. Proroga dei termini di ultimazione dei PRU. 

La norma si riferisce ai programmi di riqualificazione urbana di cui al decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 9 settembre 2015, prevedendo che, nel caso di interruzione delle attività di cantiere determinata da eventi indipendenti dalla volontà delle parti contraenti (forza maggiore), tutti i termini dell’articolo 1 del medesimo decreto si intendono prorogati del tempo di “fermo cantiere”, come riconosciuto dal collegio di vigilanza.  

Art. 1, comma 104. Fondo per il finanziamento delle piste ciclabili. 

E’ istituito in capo al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo con uno stanziamento di 2 milioni per il 2019 allo scopo di finanziare interventi finalizzati alla progettazione delle autostrade ciclabili,. Le modalità di accesso saranno stabilite con decreto del medesimo Dicastero da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge.  

Art. 1, commi 107-114. Contributi ai comuni per interventi di messa in sicurezza scuole, strade, edifici pubblici e patrimonio culturale. 

E’ previsto uno stanziamento di 400 milioni per il 2019, che dovrà essere ripartito entro il 10 gennaio, con importi crescenti in base alla dimensione demografica dei beneficiari: fino a 2.000 abitanti, l’assegno non potrà superare i 40.000 euro, e così a crescere fino ai 100.000 euro previsti per i comuni fra 10.001 e 20.000 abitanti. Tempi stretti per l’esecuzione dei lavori, che dovranno essere avviati entro il 15 maggio: a quel punto, il Ministero dell’Interno erogherà il 50%, mentre l’altra metà arriverà dopo il collaudo o la certificazione di regolare esecuzione, sulla base dei dati inseriti nel sistema BDAP-MOP.  

Art. 1, commi 134-148. Contributi per investimenti di messa in sicurezza edifici e territorio. 

Tali norme prevedono due misure quasi “gemelle”. Da un lato, i commi 134-138 prevedono uno stanziamento di 135 milioni di euro dal 2021 al 2025, 270 milioni per il 2026, 315 milioni annui dal 2027 al 2032 e 360 milioni per il 2033 a favore delle regioni, che dovranno a loro volta girare almeno il 70% di tali risorse, per ciascun anno, ai comuni del proprio territorio entro il 30 ottobre dell’anno precedente.

Dall'altro lato, i commi 139-148 prevedono un meccanismo di finanziamento diretto a favore dei comuni con uno stanziamento di 250 milioni di euro annui dal 2021 al 2025, 400 milioni fino al 2032 e 500 milioni per il 2033. La relativa disciplina ricalca quella di cui all’art. 1, commi 853 e seguenti, della L. 205/2017, che ha stanziato 150 milioni per il 2018, 300 milioni per il 2019 e 400 milioni per il 2020. In particolare, i comuni dovranno presentare richiesta entro il 15 settembre dell’esercizio precedente. In sede di riparto, saranno considerati prioritari gli interventi candidati dagli enti che presentano la minore incidenza del risultato di amministrazione, al netto della quota accantonata, rispetto alle entrate finali di competenza, ascrivibili ai titoli 1, 2, 3, 4 e 5 risultanti dai rendiconti della gestione del penultimo esercizio precedente a quello di riferimento, assicurando, però. ai comuni con risultato di amministrazione, al netto della quota accantonata, negativo, un ammontare non superiore alla metà delle risorse disponibili. Ciò al fine di evitare il riproporsi del paradosso che ha portato ad assegnare la prima tranche del finanziamento previsto per il 2018 solo ad enti in disavanzo.  

Art. 1, commi da 156 a 161. Erogazioni liberali per interventi su edifici e terreni pubblici. 

Le norme in questione istituiscono un credito d’imposta pari al 65% delle erogazioni liberali per interventi di bonifica ambientale su edifici e terreni pubblici, compresa la rimozione dell’amianto dagli edifici, la prevenzione e il risanamento del dissesto idrogeologico, la realizzazione o ristrutturazione di parchi e aree verdi attrezzate e il recupero di aree dismesse di proprietà pubblica. 

Art. 1, commi 171-175. Fondo per la progettazione di opere di PPP. 

Viene modificata una disciplina più che ventennale che finora non ha prodotto risultati significativi. Si tratta dell’art. 4 della L. 144/1999, che ha istituito un fondo per il finanziamento della progettazione preliminare delle amministrazioni regionali e locali, individuando la Cdp come soggetto erogatore dei relativi contributi. Uniche condizioni per accedere alle risorse erano l’acquisizione della prescritta certificazione da parte dei nuclei regionali di valutazione e verifica degli investimenti (istituiti dall’art. 1 della stessa L. 144) e la successiva ratifica con provvedimento del presidente della giunta regionale. Dopo un inizio promettente, questa linea di credito è risultata quasi sempre sottoutilizzata, sebbene i relativi finanziamenti siano a fondo perduto. La legge di bilancio 2019 è quindi intervenuta cambiando completamente pelle allo strumento. Esso, innanzitutto, viene indirizzato unicamente verso “opere da realizzare mediante contratti di partenariato pubblico privato”. Si tratta delle tipologie contrattuali previste in via generale dall’art. 180 del codice dei contratti, ovvero, in particolare, delle seguenti: concessione di costruzione e gestione, concessione di servizi, sponsorizzazione, locazione finanziaria. In secondo luogo, non sarà più preso in considerazione il progetto preliminare (non più previsto), ma il documento di fattibilità delle alternative progettuali, se redatto, il progetto di fattibilità tecnico economica e il progetto definitivo.

I finanziamenti saranno sempre erogati da Via Goito, con proprie determinazioni. Scompare, quindi, la certificazione dei nuclei regionali, così come il decreto presidenziale. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la stessa Cassa, saranno definiti termini e condizioni di utilizzo delle risorse. L’assegnazione potrà essere incrementata, con uno o più decreti ministeriali, a valere sulle risorse disponibili del fondo per la progettazione di fattibilità delle infrastrutture e degli insediamenti prioritari per lo sviluppo del Paese di cui all’articolo 202, comma 1, lettera a), del dlgs 50/2016.

Ricordiamo che possono usufruire delle risorse del fondo i soggetti richiamati espressamente dall'art. 1, comma 54, della l. 549/1995 e cioè le regioni, le province, i comuni, i loro consorzi anche con la partecipazione di altri soggetti pubblici e privati, le comunità montane, i consorzi di bonifica e d'irrigazione, le società per la gestione dei servizi pubblici cui partecipino gli enti locali, le aziende speciali di detti enti. i finanziamenti non assumono la configurazione di mutui, ma di erogazione di risorse che affluiscono direttamente dal bilancio dello stato. 

Art. 1, comma 653. Fondi credito sportivo. 

La norma incrementa di 12,8 milioni di euro per l’anno 2019, la dotazione del fondo per la concessione da parte dell’Istituto per il credito sportivo di contributi in conto interessi per i mutui agevolati destinati ad impianti sportivi (L. 1295/1957). 

Art. 1, comma 764. Fondo contenzioso tributi enti locali. 

Viene stanziato un fondo, con una dotazione iniziale pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 e a 7 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2022 e 2023, al fine di fare fronte agli oneri derivanti da contenziosi relativi all’attribuzione di pregressi contributi erariali conseguenti alla soppressione o alla rimodulazione di imposte locali.  

Art. 1, comma 889. Contributi alle province. 

La norma stanzia 250 milioni di euro annui per gli anni dal 2019 al 2033 per finanziare contributi alle province da destinare al finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale per la manutenzione di strade e di scuole. Le somme dovranno essere assegnate (con decreto del Ministero da emanare entro il 20 gennaio 2019 previa intesa in sede di Conferenza Stato) per il 50% agli enti che presentano una diminuzione della spesa per la manutenzione di strade e di scuole nell’anno 2017 rispetto alla spesa media con riferimento agli anni 2010, 2011 e 2012 e in proporzione a tale diminuzione e, per il restante 50%, in proporzione all’incidenza determinata al 31 dicembre 2018 dalle precedenti manovre di finanza pubblica rispetto al gettito dell’anno 2017 dell’imposta sull’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile dei veicoli, dell’imposta provinciale di trascrizione, non ché del Fondo sperimentale di riequilibrio. Le spese finanziate dalle risorse assegnate per ogni annualità dovranno essere liquidate o liquidabili entro il 31 dicembre di ogni anno. 

Art. 1, comma 891. Fondi per il bacino del Po. 

La norma istituisce nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un fondo con una dotazione annua di 50 milioni di euro dal 2019 al 2023 per gli interventi di messa in sicurezza dei ponti esistenti e la realizzazione di nuovi ponti in sostituzione di quelli esistenti con problemi strutturali di sicurezza sul bacino del Po, da ripartire con decreto ministeriale, a favore degli enti locali territorialmente competenti, oltre che dell’Anas.  

Art. 1, commi 892-895. Contributi Imu-Tasi. 

Tali norme attribuiscono ai comuni, per ciascuno degli anni dal 2019 al 2033, un contributo a ristoro del minor gettito ad essi derivante in conseguenza della sostituzione dell’Imu sull’abitazione principale con la Tasi su tutti gli immobili. Il contributo è assegnato nell’importo complessivo di 190 milioni annui, da destinare al finanziamento di piani di sicurezza a valenza pluriennale finalizzati alla manutenzione di strade, scuole ed altre strutture di proprietà comunale. Il riparto avverrà tramite decreto del Ministro dell’interno, in proporzione alla ripartizione dei contributi già effettuata nei due anni precedenti. Tali contributi dovranno essere monitorati attraverso il sistema di monitoraggio delle opere pubbliche (BDAP-MOP) e le relative spese liquidate o liquidabili entro il 31 dicembre di ogni anno.

Tale disciplina, quindi, conferma la concessione del contributo, assegnato anche negli anni precedenti e finalizzato a ristorare i comuni interessati dalla perdita di gettito conseguente all’introduzione della Tasi. Infatti, la sostituzione dell’Imu con il nuovo balzello presupponeva l’invarianza di gettito, in connessione con la possibilità per ciascuno dei comuni interessati di poter applicare un’aliquota Tasi all’1 per mille su tutte le fattispecie imponibili. Tuttavia tale invarianza non era assicurata nei casi in cui le previgenti aliquote Tasi non consentivano l’integrale applicazione dell’incremento a compensazione della perdita di gettito Imu sull’abitazione principale.

Dal 2014, quindi, agli enti penalizzati viene assegnato un ristoro che inizialmente valeva 625 milioni milioni, poi progressivamente ridotti fino ai 300 milioni del 2018. Dal 2019, invece, si scende a 190 milioni, con un ulteriore riduzione di circa il 37%.

Non solo: quello che resta del contributo non potrà essere speso in parte corrente, poiché la legge di bilancio 2019 ne impone l’utilizzo in parte capitale, per opere pubbliche monitorate tramite la Bdap.-Mop. Ne consegue che gli equilibri di bilancio 2019 di parte corrente sono privi, rispetto al 2018, dell'intera somma a tale titolo e richiedono una nuova copertura finanziaria sotto forma di maggiore entrata o minore spesa.  

Art. 1, comma 896. Fondo sperimentale di riequilibrio per le province. 

La norma conferma e mette a regime la disciplina le fondo sperimentale di riequilibrio dettata dal D.L. 210/2015. 

Art. 1, comma 913. Bando periferie. 

La norma recepisce l’accordo raggiunto il 18 ottobre 2018 tra il Governo e l’Anci in ordine alle risorse destinate al programma straordinario per le periferie urbane di cui all'art. 1, commi da 974 e seguenti, della L. 208/2015. La norma prevede che le convenzioni in essere producano effetti finanziari dal 2019, superando quanto stabilito dall'articolo 13, comma 2, del D.L. 91/2018, che ne aveva previsto il congelamento fino al 2020. Le risorse relative alle economie di spesa prodotte nel corso degli interventi rimangono nel Fondo di provenienza, per essere destinate a interventi per spese di investimento degli enti locali.  

Art. 1, comma 921. Fondo di solidarietà comunale. 

La norma conferma anche per il 2019 le assegnazioni quantificate per il 2018 dal DPCM 7 marzo 2018. Sono stati, quindi, sterilizzati il previsto incremento (dal 45% al 60%)  del peso degli indicatori di capacità fiscale e fabbisogno standard, nonché i nuovi coefficienti per il calcolo dei medesimi coefficienti.  

Art. 1, comma 969. Fondo aree di confine. 

La norma incrementa lo stanziamento del fondo per la valorizzazione e la promozione delle aree territoriali svantaggiate confinanti con le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano di 10 milioni per il 2019, di 6 milioni per il 2020 e di 20 milioni per il 2021.Vengono, inoltre, cancellate le limitazioni all’assegnazione in caso di fruizione dei benefici ex L. 191/2009. 

Art. 1, comma 970. Fondo Montagna 

Il Fondo nazionale per la montagna (art. 2 della L. 97/1994) è rifinanziato per un importo di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021. 

 

Art. 1, comma 124. Utilizzo personale “a scavalco”. 

La norma autorizza gli enti locali ad utilizzare personale assegnato da altri enti cui si applica il contratto collettivo nazionale del comparto Funzioni Locali. A tal fine, occorre:

1) il consenso dei lavoratori interessati;

2) che tale utilizzo sia circoscritto a periodi predeterminati;

3) che riguardi una parte del tempo di lavoro d’obbligo;

4) che sia effettuato sulla base di una convenzione;

5) che sia disposto previo assenso dell’ente di appartenenza.

Le modalità attuative della disposizione in esame sono demandate ad apposita convenzione fra gli enti interessati, chiamata a disciplinare gli aspetti utili per il corretto utilizzo del lavoratore, fra cui la definizione del tempo di lavoro in assegnazione, il rispetto del vincolo dell’orario settimanale d’obbligo e la ripartizione degli oneri finanziari.

Tale previsione ricalca quanto già previsto dall’art. 14 del CCNL del 22 gennaio 2004, alla cui applicazione, per altro, si fa espresso rinvio. 

Art. 1, commi 361-367. Utilizzo graduatoria.  

Le norme richiamate prevedono che le graduatorie dei concorsi banditi successivamente alla data di entrata in vigore della legge sono utilizzate esclusivamente per la copertura dei posti messi a concorso. Si ribadisce altresì la durata triennale delle graduatorie e si regola un regime transitorio per la validità delle graduatorie approvate dal 1° gennaio 2010 con tempistiche e requisiti differenti e articolati in base all’anzianità delle singole grauatorie. 

Art. 1, commi 446–449. Assunzione LSU 

Tali norme consentono, l’assunzione, nel triennio 2019-2021, dei lavoratori socialmente utili, anche con contratto di lavoro a tempo parziale, nei limiti della dotazione organica e del piano di fabbisogno del personale, purché ricorrano le condizioni ivi previste.  

Art. 1, comma 1091. Incentivi anti-evasione al personale  

In base a tale disposizione, i comuni che hanno approvato il bilancio ed il rendiconto entro i termini previsti dal Tuel potranno, con proprio regolamento, stabilire che il maggior gettito accertato e riscosso – relativamente, oltre che all’Imu, anche alla Tari – nell’esercizio fiscale precedente sia destinato, nella misura massima del 5%, al potenziamento delle risorse strumentali degli uffici competenti, nonché al trattamento accessorio del personale ad essi preposto, anche in deroga al tetto imposto dall’art. 23 delD. Lgs. 75/2017. La materia dovrà essere oggetto di contrattazione integrativa e la misura non potrà portare ad incrementi superiori al 15% del tabellare. Potranno essere premiate tutte le risorse umane impegnate a stanare gli evasori (non solo, quindi, quelle direttamente adibite all’ufficio entrate, ma anche, ad esempio, gli agenti della polizia locale), comprese quelle dedicate all’attività di collaborazione con l’Agenzia delle entrate e con la Guardia di finanza riguardante i tributi erariali.

  

Art. 1, commi 819-826. Cancellazione del pareggio di bilancio. 

Una delle novità più importanti della legge in commento è rappresentata dalla cancellazione del pareggio di bilancio, minato alle basi dalle sentenze n. 247/2017 e 101/2018 dalla Corte costituzionale e già parzialmente superato dal parziale sblocco degli avanzi previsto dalla circolare Mef n. 25/2018.

Regioni speciali, province autonome, città metropolitane, province e comuni possono, quindi, utilizzare il risultato di amministrazione e il fondo pluriennale vincolato di entrata e di spesa nel rispetto delle sole disposizioni previste dal D. Lgs. 118/2011.

Ciò, di fatto, significa che è stato abbandonato il c.d. doppio binario, in base al quale gli enti, oltre a dover garantire l’equilibrio complessivo di tutte le voci di bilancio, sono stati assoggettati a regole ulteriori finalizzate a limitare l’impatto delle proprie gestioni sui saldi di finanza pubblica, che escludevano la rilevanza dei risultati di amministrazione degli anni precedenti e dei prestiti, sterilizzando le due principali fonti di finanziamento degli investimenti (che infatti hanno registrato un drastico calo, sopratutto dopo il 2007). .

Tale architettura ha iniziato a vacillare dopo che la Consulta ha censurato le limitazioni riferite agli avanzi, il cui utilizzo è stato parzialmente liberalizzato dalla circolare n. 25/2018 della Ragioneria generale dello Stato.

Ora, invece, lo sblocco è a 360°: gli enti saranno considerati in equilibrio in presenza di un risultato di competenza dell’esercizio non negativo, come certificato dal prospetto accluso al consuntivo (allegato 10 al D. Lgs. 118/2011). Quest’ultimo include sia il risultato di amministrazione (indipendentemente dal fatto che sia applicato per finanziare spese di investimento o spese correnti), che le accensioni di prestiti (su cui la Corte non è intervenuta). In tal modo, verrebbe liberato anche il ricorso al debito, fatti salvi gli altri limiti previsti dall'ordinamento, ossia l’obbligo di destinare i relativi proventi solo a spese di investimento (art. 119, comma 6, Cost.) e di garantire un’incidenza degli interessi, al netto dei contributi statali o regionali in conto ammortamento, non superiore al 10% delle entrate correnti accertate nell’ultimo consuntivo.

Non solo: negli equilibri entra pienamente anche il fondo pluriennale vincolato (fpv) indipendentemente dal fatto che esso sia alimentato o meno da debito (ai fini del pareggio vale, invece, solo il fpv non derivante da debito). Ciò significa, da un lato, che il fpv di entrata (dove sono allocate le entrate già accertate a copertura di impegni futuri) sarà sempre rilevante, così come il fpv di spesa (che ospita le somme già oggetto di impegno o di prenotazione ma non ancora esigibili).

L’abolizione del pareggio determina anche la chiusura dei mercati statali e regionali di distribuzione degli spazi finanziari; sebbene non sia espressamente previsto, si ritiene che per i bonus acquisiti attraverso i patti orizzontali verrà meno anche l’obbligo di restituzione.

Altra conseguenza è la cancellazione degli obblighi di monitoraggio e certificazione, che resteranno in piedi solo più in relazione all’esercizio 2018.  Discorso diverso per le sanzioni : in tal caso, la disapplicazione scatta da subito, tranne che per chi ha sforato nel 2017 nel caso in cui l’inadempimento venisse accertato successivamente dalla Corte dei conti. Nessuna penalità, invece, in caso di mancato rispetto nel 2018, per cui gli inadempienti non subiranno i tagli al fondo di solidarietà e neppure le sanzioni accessorie (blocco delle assunzioni, tetto alle spese correnti, divieto di indebitamento e decurtazioni delle indennità di carica degli amministratori). Non sono previste neppure penalità a carico degli enti che chiuderanno i prossimi esercizi in squilibrio, che comunque dovranno ripianare gli eventuali disavanzi con le modalità ordinarie.

Viene previsto, inoltre, un controllo in itinere per i casi in cui risultino, nel corso di ciascun anno, andamenti di spesa degli enti non coerenti con gli impegni finanziari assunti con l’Unione europea: in tali casi, il Mef dovrà assumere tempestivamente le necessarie iniziative legislative al fine di assicurare il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione.

 

Art. 1, comma 827. Disapplicazione parziale delle sanzioni per il mancato rispetto dei vincoli di finanza pubblica in caso di elezioni comunali 2018. 

La norma dispone che ai comuni che abbiano rinnovato i propri organismi con le elezioni del giugno scorso non si applichi il divieto di assunzione di personale, a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale (compresi i processi di stabilizzazione in atto) previsto in caso di mancato rispetto dei vincoli di finanza pubblica (Patto di stabilità interno e pareggio di bilancio). Siccome, come abbiamo appena visto, tutte le sanzioni sono disapplicate per chi ha sforato nel 2018, la previsione deve intendersi riferita a inadempimenti relativi ad anni precedenti.

 

Art. 1, comma 831. Eliminazione dell'obbligo di redigere il bilancio consolidato per gli enti di minori dimensioni.  

La norma consente agli enti locali con popolazione non superiore a 5.000 abitanti di non predisporre il bilancio consolidato. L’esonero, già previsto fino al 2017 dall’attuale art. 233-bis del Tuel, avrà effetto anche a decorrere dal 2018. Si tratta di una mera facoltà, che però è prevedibile verrà ampiamente utilizzata dai predetti enti, che da tempo chiedevano un trattamento di favore anche rispetto alla tenuta della contabilità economico-patrimoniale. Quest’ultima, invece, rimane obbligatoria (la prima versione dell’emendamento avrebbe reso anche tale adempimento meramente opzionale) così come il consolidato da parte delle amministrazioni più grandi e anche (almeno per ora) delle unioni di comuni. Per queste ultime, rimane dubbio il trattamento da riservare alle unioni con più di 5.000 abitanti, ma che includono uno o più comuni al di sotto di tale soglia. Secondo la tesi sostenuta dal Mef, in tal caso il consolidato sarebbe obbligatorio, anche se anche se il comma 115 della legge “Delrio” (L. 56/2014) recita: “Le disposizioni normative previste per i piccoli comuni si applicano alle unioni composte da comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti”.  

Art. 1, commi 849–857 Anticipazioni di liquidità per il pagamento dei debiti pregressi.  

Viene prevista la possibilità per gli enti locali di richiedere a banche, intermediari finanziari, Cassa depositi e prestiti e istituzioni finanziarie dell’Unione europea anticipazioni di liquidità da destinare al pagamento di debiti, certi, liquidi ed esigibili, maturati alla data del 31 dicembre 2018, relativi a somministrazioni, forniture, appalti e a obbligazioni per prestazioni professionali. Si tratta di un meccanismo solo in parte analogo a quello a suo tempo introdotto dal D.L. 35/2013 e dal D.L. 66/2014. Anche in tal caso, le risorse non costituiscono debito e vengono erogate solo in termini di cassa e non potranno quindi essere utilizzate per coprire nuove spese. A differenza dei due precedenti provvedimenti (che prevedevano tempi lunghi di ammortamento), però, le nuove anticipazioni dovranno essere rimborsate entro il prossimo 15 dicembre o anticipatamente in conseguenza del ripristino della normale gestione della liquidità, alle condizioni pattuite contrattualmente con gli istituti finanziatori. Al riguardo, quindi, non valgono le modalità di contabilizzazione definite dalla commissione Arconet e dalla Corte dei conti, che impongono di sterilizzare in competenza l’entrata accantonando un fondo non impegnabile. Tali modalità, infatti, sono applicabili alle sole anticipazioni di liquidità che non si estinguono entro l’anno.

Le richieste dovranno essere presentate entro il 28 febbraio 2019, corredate da un’apposita dichiarazione sottoscritta dal rappresentante legale dell’ente richiedente, contenente l’elenco dei debiti da pagare con l’anticipazione; per il pagamento di debiti fuori bilancio, occorre procedere preliminarmente al riconoscimento. Gli enti debitori dovranno effettuare il pagamento dei debiti per i quali hanno ottenuto l’anticipazione di liquidità entro quindici giorni dalla data di effettiva erogazione da parte dell’istituto finanziatore. Gli istituti finanziatori verificheranno attraverso la piattaforma elettronica per la certificazione dei crediti l’avvenuto pagamento e, in mancanza, potranno chiedere, per il corrispondente importo, la restituzione dell’anticipazione. E’ bene precisare che, sebbene si tratti di uno strumento facoltativo, la sua mancata attivazione potrebbe comportare l'applicazione delle sanzioni previste dal comma 857, ovvero un’applicazione rinforzata delle misure di velocizzazione dei tempi di pagamento previste dai successivi commi 858–872 al cui commento si rinvia. 

Art. 1, commi 858-872. Misure per velocizzare i pagamenti dei debiti commerciali. 

Tali disposizioni, espressamente qualificate come principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, diventeranno efficaci dal 2020. Esse introducono una serie di vincoli contabili a carico degli enti che non riducono il proprio debito commerciale residuo almeno del 10% rispetto a quello del secondo esercizio precedente, ovvero presentano un indicatore di ritardo annuale dei pagamenti, calcolato sulla piattaforma per la certificazione dei crediti sulle fatture ricevute e scadute nell’anno precedente, non rispettoso dei termini fissati dall’art. 4 del D. Lgs. 231/2002. Le misure correttive sono differenziate, rispettivamente, per gli enti in contabilità finanziaria e per quelli in contabilità economico-patrimoniale. Il riferimento deve essere inteso come operato al sistema contabile principale adottato, per cui gli enti locali si considerano senz’altro in contabilità finanziaria. In tal caso, con delibera di giunta, dovrà essere stanziato nella parte corrente del bilancio un accantonamento denominato Fondo di garanzia debiti commerciali, sul quale non è possibile disporre impegni e pagamenti, che a fine esercizio confluisce nella quota libera del risultato di amministrazione, per un importo pari:

a) al 5% degli stanziamenti riguardanti nell’esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, in caso di mancata riduzione del 10% del debito commerciale residuo oppure per ritardi superiori a sessanta giorni, registrati nell’esercizio precedente;

b) al 3% degli stanziamenti riguardanti nell’esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, per ritardi compresi tra trentuno e sessanta giorni, registrati nell’esercizio precedente;

c) al 2% degli stanziamenti riguardanti nell’esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, per ritardi compresi tra undici e trenta giorni, registrati nell’esercizio precedente;

d) all’1% degli stanziamenti riguardanti nell’esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, per ritardi compresi tra uno e dieci giorni, registrati nell’esercizio precedente.

L’accantonamento dovrà essere perfezionato entro il 31 gennaio dell’esercizio in cui sono state rilevate le predette condizioni riferite all’esercizio precedente,. Poiché, come detto, tale disciplina diventerà efficace dal 2020, si ritiene che essa si applichi a valere sul bilancio 2020-2022 e non già sull’annualità 2020 del bilancio 2019-2021. In altri termini, il primo accantonamento dovrà essere disposto entro il 31 gennaio 2020 se nel 2019 l’ente non avrà ridotto il proprio debito commerciale almeno del 10% rispetto al 2017, ovvero ha accumulato ritardi nel pagamento delle fatture nel 2019. E così via. Nel corso dell’esercizio l’accantonamento al Fondo di garanzia debiti commerciali dovrà essere adeguato alle variazioni di bilancio relative agli stanziamenti della spesa per acquisto di beni e servizi. Esso, in ogni caso, non riguarda gli stanziamenti di spesa che utilizzano risorse con specifico vincolo di destinazione.

Come detto, le misure richiamate saranno raddoppiate per gli enti che non avranno richiesto, nel 2019, l’anticipazione di liquidità o non avranno effettuato il pagamento dei debiti per cui essa è stata erogata.

Per rendere applicabili tali misure, si prevede, infine, che a decorrere dal 2020, entro il 31 gennaio di ogni anno, debba essere comunicato mediante la piattaforma per la certificazione dei crediti l’ammontare complessivo dello stock di debiti commerciali residui scaduti e non pagati alla fine dell’esercizio precedente. Per l’anno 2019 la comunicazione è effettuata dal 1° al 30 aprile 2019.  

Art. 1, comma 906. Anticipazioni di tesoreria. 

La norma eleva, fino al 31 dicembre 2019, il limite entro il quale gli enti locali possono chiedere anticipazioni di liquidità al proprio tesoriere a 4/12. Ricordiamo che la materia è regolamentata dall’art. 222 del Tuel, che fissa il massimale dell’anticipazione attivabile ai 3/12 delle entrate accertate nel penultimo esercizio precedente ai primi tre titoli del bilancio (ossia delle entrate correnti). In precedenza, l’art. 2, comma 3-bis, del D.L. 4/2014, come modificato, da ultimo, dal comma 618 della l. 205/2017, ha previsto che: “Al fine di agevolare il rispetto dei tempi di pagamento di cui al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, il limite massimo di ricorso da parte degli enti locali ad anticipazioni di tesoreria, di cui al comma 1 dell'articolo 222 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e' elevato da tre a cinque dodicesimi sino alla data del 31 dicembre 2018”.

Al di là delle criticità degli enti in cronica carenza di cassa, una maggiore flessibilità è molto utile anche per sostenere il percorso di accelerazione degli investimenti avviato con la liberalizzazione degli avanzi prevista dalla circolare n. 25/2018 della Ragioneria generale dello Stato e rafforzata dalla stessa manovra. In un simile contesto, la disponibilità di un doppio polmone a cui attingere liquidità potrebbe essere decisiva per far marciare speditamente i cantieri.  

Art. 1, comma 901. Lavori di somma urgenza.  

La norma modifica l’art. 191 del Tuel in materia di riconoscimento delle spese per lavori pubblici urgenti, cagionati da eventi eccezionali e imprevedibili, prevedendo che la giunta possa sottoporre alla deliberazione consiliare il riconoscimento della legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da tali spese anche nell’ipotesi in cui non ricorra la circostanza della dimostrata insufficienza dei fondi specificamente previsti in bilancio per tali finalità. 

Art. 1, commi 897-900. Utilizzo del risultato di amministrazione per gli enti in disavanzo. 

Le norme mirano a regolamentare l’applicazione dell’avanzo da parte degli enti “in rosso”, sbloccando l’impasse creata da alcune prese di posizione della Corte dei conti. Con diverse pronunce (in particolare, le deliberazioni n. 238/2017 della Sezione regionale di controllo per la Campania e n. 134/2017, della Sezione regionale di controllo per il Piemonte), i magistrati contabili hanno sostenuto che agli enti in disavanzo sarebbe precluso l’utilizzo dell’avanzo fino al completo riequilibrio dei conti. In pratica, in tali amministrazioni non solo non potrebbe essere applicato avanzo libero, ma neppure quello accantonato, vincolato o destinato fino alla piena copertura del disavanzo.

Il tema è molto delicato, anche perché, al di là della comprensibile preoccupazione di evitare il protrarsi di gestioni “allegre, rischia di mettere a rischio la possibilità di far fronte, ad esempio, ad oneri derivanti da contenziosi in essere o da debiti fuori bilancio e finanche di pagare il salario accessorio dei dipendenti.

Da tempo, erano quindi allo studio interventi normativi per consentire di trovare un equilibrio fra tali opposte esigenze. Nei mesi scorsi, in particolare, la Commissione Arconet ha elaborato una proposta di disposizione per consentire agli enti con buchi di bilancio l’utilizzo dell’avanzo nei limiti della “lettera A” del prospetto dimostrativo del risultato di amministrazione, al netto della quota minima obbligatoria accantonata nel fondo crediti di dubbia esigibilità e dell’accantonamento al fondo anticipazioni di liquidità, incrementato dell'importo del disavanzo da recuperare iscritto nel primo esercizio del bilancio di previsione.

Tale correttivo è stato inserito nel comma 897, mentre il comma 2 ha aggiunto che “Nel caso in cui l’importo della lettera A) (...) risulti negativo o inferiore alla quota minima obbligatoria accantonata nel risultato di amministrazione per il fondo crediti di dubbia esigibilità e al fondo anticipazione di liquidità, gli enti possono applicare al bilancio di previsione la quota vincolata, accantonata e destinata del risultato di amministrazione per un importo non superiore a quello del disavanzo da recuperare iscritto nel primo esercizio del bilancio di previsione”. C

Ciò significa che la “rata” annuale di disavanzo si somma alla lettera A sia nel caso in cui quest’ultima risulti negativa, sia quando sia capiente, sia ancora nel caso in cui non sia capiente rispetto al fcde ed al fal. Come si nota dagli esempi in pagina, questo può portare al paradosso di consentire maggiore flessibilità agli enti messi peggio.

Le norme in esame avranno ovviamente effetti per il futuro, lasciando quindi ancora incerta (e in balia della Corte dei conti) la posizione di quegli enti che hanno già applicato avanzo pur essendo in rosso.

 

 

Lettera A “capiente”

Lettera A “non capiente”

Lettera A negativa

Lettera A

100

100

-110

Parte accantonata (B)

120

120

120

di cui fondo crediti dubbia esigibilità

80

80

80

di cui fondo anticipazione liquidità

15

25

25

Parte vincolata (C)

60

60

60

Parte destinata agli investimenti (D)

10

10

10

Parte disponibile (E=A-B-C-D)

-90

-90

-300

Rata annuale di ripiano del disavanzo

3

3

10

Avanzo applicabile (pari al l’importo positivo della lettera A al netto del fcde e del fal e incrementata della rata annuale di recupero del disavanzo)

8

3

10

 In generale, come noto, l’avanzo è applicabile solo a consuntivo approvato, perché prima tale posta non è certa. Tuttavia, l’ordinamento contabile contempla un’eccezione per le quote accantonate e vincolate, che devono essere rese utilizzabili quando se ne manifesta la necessità anche se l’ente non ha ancora chiuso i conti.

Tale esigenza viene tenuta ferma anche in caso di “rosso”: dispone infatti il comma 897 che “nelle more dell'approvazione del rendiconto dell'esercizio precedente, si fa riferimento al prospetto riguardante il risultato di amministrazione presunto allegato al bilancio di previsione. In caso di esercizio provvisorio, si fa riferimento al prospetto di verifica del risultato di amministrazione effettuata sulla base dei dati di preconsuntivo di cui all'articolo 42, comma 9, del decreto legislativo 23 giugno 2001, n. 118, per le regioni e di cui all'articolo 187, comma 3-quater, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per gli enti locali”. Per effetto di tali richiami, la giunta è tenuta a verificare, entro il 31 gennaio, l'importo dell’avanzo presunto e, se esso risulta inferiore a quello applicato al bilancio di previsione, l'ente deve provvedere immediatamente alle necessarie variazioni.

Infine, il comma 897 precisa che “Gli enti in ritardo nell'approvazione dei propri rendiconti non possono applicare al bilancio di previsione le quote vincolate, accantonate e destinate del risultato di amministrazione fino all'avvenuta approvazione”. La portata della norma è chiara per le regioni (per le quali il comma 4 specifica che rileva l’approvazione del rendiconto da parte della giunta per consentire la parifica delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti e non la successiva approvazione consiliare), meno per gli enti locali, posto che per questi, in caso di ritardo, scatta la procedura di scioglimento.  

Art. 1, comma 905. Semplificazioni contabili per gli enti puntuali nell’approvazione dei documenti contabili.  

La norma prevede nuove semplificazioni per i comuni e le loro forme associative che approvano il bilancio di previsione entro il 31 dicembre dell’anno precedente e il rendiconto entro il 30 aprile dell’anno successivo. In tali casi, verranno disapplicate le seguenti norme:

a) art. 5, commi 4 e 5, della L. 67/1987 (obbligo di comunicare al Garante delle spese pubblicitarie effettuate nel corso di ogni esercizio finanziario, al momento previsto per i soli comuni con più di 40.000 abitanti);

b) art. 2, comma 594, della L. 244/2007 (obbligo di approvare piani triennali per l’individuazione di misure finalizzate alla razionalizzazione dell’utilizzo delle dotazioni strumentali, anche informatiche, che corredano le stazioni di lavoro nell’automazione d’ufficio, delle autovetture di servizio, attraverso il ricorso, previa verifica di fattibilità, a mezzi alternativi di trasporto, anche cumulativo, dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali);

c) art. 6, commi 12 e 14, del D.L. 78/2010 (contenimento delle spese di missione e per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi);

d) art. 12, comma 1-ter, del D.L. 98/2011 (limitazione all’acquisito di beni immobili);

e) art. 5, comma 2, del D.L. 95/2012 (contenimento delle spese per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi);

f) art. 24 del D.L. 66/2014 (limitazioni in materia di locazioni e manutenzioni di immobili).

Le nuove semplificazioni si aggiungono a quelle già previste dall’art. 21-bis del D.L. 50/2017, riguardo alle spese per studi ed incarichi di consulenza, relazioni pubbliche, convegni, pubblicità, rappresentanza, sponsorizzazioni, formazione e spesa per la stampa delle relazioni e di ogni altra pubblicazione.

Poiché l'emendamento fa decorrere i propri effetti dall'esercizio 2019, si ritiene che esso valga anche per gli enti che hanno approvato il bilancio 2019-2021 entro il 31 dicembre 2018, anche se ovviamente bisognerà attendere l’approvazione della legge ed eventualmente andare successivamente in variazione. 

Art. 1, comma 1015. Riduzione del fcde. 

La norma consente agli enti locali di alleggerire l’accantonamento minimo del fondo crediti di dubbia esigibilità stanziato nel bilancio preventivo 2019-2021. Se tale voce di bilancio (dove devono essere allocate le entrate di dubbia e difficile esazione) cresce troppo, l’unica strada è quella di tagliare la spesa, perlopiù corrente, che rappresenta la carne viva delle politiche locali. Per questo, in sede di Conferenza Stato-città, era stato concordato di mantenere, per il 2019, al 75% il tetto minimo (attualmente fissato all’85% dell’importo teorico risultate dall'applicazione delle regole contabili), diluendo ulteriormente la tabella di marcia per arrivare al 100% (ora il traguardo sarebbe raggiunto nel 2021). La legge in commento, invece, abbassa l’asticella solo fino all’80% e solo a valere sul preventivo relativo al triennio in corso. Per di più, la misura si applica unicamente a favore degli enti che nel 2018 risultano aver pagato senza ritardi le fatture, sulla base die parametri previsti dal comma richiamato. Per chi è fuori linea, sarà possibile ridurre il fcde solo dopo il 30 giugno, se la situazione avrà fatto registrare un sensibile miglioramento. Nessuno sconto, invece, alle amministrazioni che, con riferimento agli esercizi 2017 e 2018, non hanno pubblicato nel proprio sito internet, entro i termini previsti dalla legge, gli indicatori concernenti i tempi di pagamento ed il debito commerciale residuo. Da notare che non è stato esteso il c.d. metodo semplificato per il calcolo del fcde a rendiconto, che quindi potrà essere utilizzato solo più per l’esercizio 2018.

  

Appalti e gare 

Art. 1, comma 130. Limite per l’acquisito di beni e servizi tramite MEPA 

La norma eleva da 1.000 a 5.000 euro la soglia al di sopra della quale è obbligatorio rivolgersi al mercato elettronico della pubblica amministrazione per gli acquisti di beni e servizi. 

Art. 1, comma 812. Semplificazione delle procedure di affidamento dei lavori pubblici.  

Nelle more riforma del codice degli appalti, volta a semplificare le procedure di affidamento di lavori pubblici, la norma consente, per i lavori di importo pari o superiore a 40.000 euro e inferiore a 150.000 euro, di procedere all’affidamento diretto previa consultazione, ove esistenti, di tre operatori economici e per i lavori di importo pari o superiore a 150.000 euro e inferiore a 350.000 euro di applicare la procedura negoziata, previa consultazione, ove esistenti, di almeno dieci operatori economici.  

Art. 1, commi 909-911: Disciplina del fondo pluriennale vincolato per i lavori pubblici. 

Tali norme puntano ad agevolare la costituzione del fondo pluriennale vincolato per accelerare gli investimenti degli enti locali. L’importanza del tema, solo apparentemente tecnico, è emersa in tutta la sua evidenza proprio nella fase successiva allo sblocco degli avanzi di amministrazione disposto dalla Ragioneria generale dello Stato con la recente circolare n. 25 e confermato dalla legge in commento. Le spese che non sono impegnate entro fine anno, infatti, genereranno nuove economie destinate a riconfluire nel risultato di amministrazione. Come si è visto, la manovra, recependo i diktat della Corte costituzionale, ne agevola la riprogrammazione, attraverso l’eliminazione del pareggio di bilancio. Ma anche così gli enti dovranno attendere l'approvazione del rendiconto 2018 e la verifica degli equilibri 2019 per poter riapplicare gli avanzi (con le sole eccezioni delle quote vincolate e accantonate), perdendo mesi preziosi.

Eppure la soluzione era a portata di mano: lo scorso mese di luglio, la Commissione Arconet aveva licenziato una bozza di decreto correttivo dei principi contabili che avrebbe consentito, almeno per i lavori pubblici, di attivare il fondo pluriennale vincolato laddove fossero state anche solo avviate le procedure di affidamento dei livelli di progettazione successivi al minimo. Ciò avrebbe consentito di agevolare il completamento del progetto e l’avvio della relativa esecuzione, senza le eccessive complicazioni contabili legate che, come detto, si pongono quando le risorse finiscono in avanzo. Ma il Governo ha stoppato la modifica (che quindi non ha trovato posto nel D.M. del 29 agosto scorso recante il nono correttivo), nelle more di una più profonda e complessiva semplificazione delle norme sui contratti pubblici (che prevedibilmente avrà tempi lunghi). In tal modo, tuttavia, ha paradossalmente complicato la vita alle amministrazioni, che per il momento sono rimaste soggette ad un regime assai più restrittivo.

La manovra ripropone il tema, prevedendo una revisione di tutta la disciplina del fpv per i lavori pubblici, ma ne rimette lo sviluppo ad un decreto del Mef che dovrà essere approvato entro il 30 aprile venturo e che probabilmente recupererà almeno in parte le norme stralciate. Se tale provvedimento arriverà al traguardo prima di tale scadenza, esso potrebbe anche produrre effetti già sulla chiusura del 2018. 

Art. 1, commi 961-964: Rinegoziazione mutui CDP 

Tali norme consentono di rinegoziare i mutui rimasti nella titolarità del Ministero dell’economia e delle finanza dopo la riforma della Cassa de depositi e prestiti del 2003, sui quali Cdp mantiene esclusivamente la gestione operativa. Secondo l’Anci, lo stock complessivo di tali posizioni debitorie vale circa 2,2 mld di euro. Dalle operazioni di rinegoziazione dovrà derivare una riduzione del valore finanziario delle passività totali; in altri termini l’operazione ora attivata, diversamente da precedenti operazioni di rinegoziazione riguardanti i mutui Cassa depositi e prestiti, ristruttura il debito locale tenendo conto della discesa dei tassi di interesse intervenuta negli ultimi anni, diminuendo l’onere per gli enti per alcune decine di milioni di euro complessivi.

Sarà un decreto del Mef, da emanarsi entro il 28 febbraio 2019, ad individuare i mutui che potranno essere rinegoziati (che comunque dovranno avere le caratteristiche indicate dal comma 963, ossia tasso fisso, oneri di rimborso a diretto carico del soggetto beneficiario, scadenza successiva al 31/12/2022, debito residuo superiore a 10.000 euro, non rinegoziati ai sensi del D.M. 20 giugno 2003, non già differiti da norme relative agli enti locali siti in territori colpiti da eventi sismici) e le modalità di perfezionamento delle operazioni. La norma precisa altresì che le rinegoziazioni saranno determinate sulla base della curva dei rendimenti di mercato dei titoli di Stato, secondo un piano di ammortamento a tasso fisso e a rate costanti, comprensive di quota capitale e quota interessi. 

 

Enti in dissesto e pre-dissesto

Art. 1, comma 828-830. Condono sanzioni per la violazione dei vincoli di finanza pubblica.  

I commi 828 e 830, escludono l’applicazione delle “limitazioni amministrative” connesse alle sanzioni per violazioni del patto di stabilità o del saldo di competenza relativo all’anno 2016 che siano state accertate dalla Corte dei Conti e che alla data di tale accertamento si trovavano in dissesto o in pre-dissesto. Il comma 829 esclude l’applicazione delle sanzioni relative al mancato rispetto del saldo di competenza agli enti locali in stato di dissesto che hanno adottato la procedura semplificata di accertamento e liquidazione dei debiti di cui all’art. 258 del TUEL, nel caso in cui il mancato raggiungimento del saldo sia imputabile al pagamento dei debiti residui mediante utilizzo dell’avanzo accantonato. 

Art. 1, comma 907. Anticipazioni finanziarie agli enti in dissesto. 

La norma assegna un’anticipazione di somme per pagamenti in sofferenza ai comuni che abbiano dichiarato lo stato di dissesto finanziario nel secondo semestre 2016. Tali enti possono presentare a tal fine, entro il 31 gennaio 2019, una richiesta motivata al Ministero dell’interno. L’assegnazione è effettuata entro il limite massimo complessivo di 20 milioni di euro e di 300 euro per abitante e deve inoltre essere restituita nei tre esercizi successivi, in parti uguali, entro il 30 settembre di ciascun anno. In caso di mancato versamento entro tale termine, l'Agenzia delle entrate provvede al recupero nei confronti del comune inadempiente all'atto del pagamento allo stesso dell'imposta municipale propria (Imu). Lo stesso comma 907 prevede anche che gli enti beneficiari, in caso di disavanzo, possono “applicare al bilancio la quota del risultato di amministrazione accantonato nel fondo anticipazioni per il rimborso triennale dell'anticipazione”.  

Art. 1, comma 960. Anticipazioni finanziarie agli enti in pre-dissesto. 

La norma consente agli enti che chiedono di accedere alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale (pre-dissesto) di richiedere al Ministro dell’interno un’anticipazione a valere sul Fondo di rotazione pari al massimo al 50% dell’anticipazione massima concedibile da destinare al pagamento dei debiti fuori bilancio nei confronti delle imprese nonché a transazioni e accordi con i creditori. Tale importo sarà riassorbito in sede di concessione dell’anticipazione stessa a seguito dell’approvazione del piano di riequilibrio. In caso di diniego del piano di riequilibrio o in caso di mancata previsione nel predetto piano delle prescrizioni per l’accesso al Fondo di rotazione, le somme anticipate sono recuperate dal Ministero dell’interno a valere su qualunque assegnazione finanziaria dovuta dal Ministero stesso all’ente locale e, in caso di incapienza, tramite trattenuta effettuata dall’Agenzia delle entrate sull’Imu spettante all’ente.

  

Società partecipate

Art. 1, comma 723. Esclusioni dall’obbligo di alienazione delle società in utile 

La norma inserisce un nuovo comma 5-bis nel corpo dell’art. 24 del D. Lgs.175/2016. Quest’ultimo ha imposto una revisione straordinaria delle partecipazioni detenute, direttamente o indirettamente, dalle amministrazioni pubbliche, al fine di individuare quelle da dismettere in quanto non rientranti nelle categorie ammesse, ovvero prive dei requisiti che ne consentono il mantenimento (ad esempio, perché non hanno dipendenti, presentano un fatturato basso, svolgono attività analoghe o similari ad altre società partecipate o enti pubblici strumentali, oppure hanno registrato perdite negli ultimi tre esercizi). All’esito di tale verifica, fatti salvi i casi in cui essa abbia dato esito negativo e quelli in cui l’ente abbia deciso altri interventi di razionalizzazione (ad esempio, tramite la fusione o la messa in liquidazione), è scattato l'obbligo di alienazione, da adempiere, in base all’art. 24, comma 4, entro un anno. Poiché la dead-line per approvare i piani era stata fissata al 30 settembre 2018, il termine per razionalizzare le società fuori legge è scaduto da più di un mese. Per chi non ha adempiuto, sono scattate le sanzioni previste dall’art. 24, comma 5, in base al quale il socio pubblico non può più esercitare i diritti sociali nei confronti della società e, salvo in ogni caso il potere di alienare la partecipazione, la medesima dovrà essere liquidata in denaro in base ai criteri stabiliti dal codice civile.

In questo contesto, interviene il correttivo in commento, che prevede la possibilità di rinviare ogni misura di razionalizzazione, compresi quindi, oltre alle alienazioni, anche gli interventi di fusione o liquidazione, fino al 31 dicembre 2021 senza incappare nelle richiamate penalità. Ciò, al fine di salvaguardare il patrimonio pubblico ed il valore delle quote di partecipazione detenute dagli enti, a condizione che le società interessate abbiano registrato un risultato medio di esercizio positivo nel triennio precedente alla ricognizione (ossia il 2014 – 2016).

La modifica riguarda, peraltro, solo la revisione straordinaria e non quella ordinaria prevista dall’art. 20 del D. Lgs. 175 da approvarsi entro il 31 dicembre di ogni anno.  

Art. 1, comma 724. Esclusione delle società quotate dai piani di razionalizzazione.  

La norma esclude dall’ambito di applicazione dell’art. 20 del D. Lgs. 75/2016 le società controllate da società pubbliche quotate in borsa, che quindi non devono essere considerate nie piani di revisione periodica delle partecipazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni.  

3 gennaio 2018

 

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