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Garante per la protezione dei dati personali – 3 aprile 2025
Nell’esercizio del diritto di accesso generalizzato la posizione del giornalista non si distingue da quella del comune cittadino e non può riguardare atti tra privati.
Servizi Comunali AccessoApprofondimento di Eugenio De Carlo
Nell’esercizio del diritto di accesso generalizzato la posizione del giornalista non si distingue da quella del comune cittadino e non può riguardare atti tra privati.
Eugenio De Carlo
E’ questo il principio affermato con sentenza del TAR Lazio, sez. I quater, del 28 marzo 2019, n. 4122, nell’ambito di un contenzioso sorto tra un giornalista ed il Garante della Protezione dei dati personali, riguardante, tra l’altro, l’accesso alla documentazione relativa non solo l’entità del compenso liquidato ad alcuni avvocati, ma anche alle fatture e ai documenti contabili con cui era stata liquidata la spesa. Ciò al fine di una inchiesta giornalistica consiste nel disvelamento degli eventuali rapporti professionali tra alcuni avvocati e approfondire la legittimità della posizione di taluno di essi. Tuttavia, l’istanza di accesso per prendere visione della documentazione relativa alla fattispecie oggetto d’inchiesta, nell’ambito del quale l’Autorità garante era stata contrapposta alla Rai Radiotelevisione italiana nell’anno 2001, veniva respinta dal Garante per la protezione dei dati personali, così da spingere il giornalista a ricorrere al TAR del Lazio. Nell’occasione, quindi, il giudice amministrativo ha ritenuto che “Trattandosi di un interesse diffuso, il diritto di accesso civico generalizzato è stato riconosciuto senza limiti di legittimazione attiva, per cui la posizione del giornalista non si distingue, in tale ambito, da quella del comune cittadino.”
Il TAR Lazio, richiamato l’articolo 5 del decreto legislativo numero 33 del 2013, che riconosce il diritto di accesso generalizzato allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, nonché di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, ha osservato che detto accesso, per la propria natura pubblicistica e per le finalità suddette, si distingue dal diritto di accesso documentale riconosciuto dalla legge sul procedimento amministrativo n. 241/1990, quest’ultimo posto a tutela di interessi privati e che presuppone una posizione soggettiva differenziata.
Secondo i giudici, dunque, affinché il diritto suddetto sia esercitabile è necessario che sia funzionale allo scopo stabilito dalla legge, ravvisabile nel controllo generalizzato sul buon andamento della pubblica amministrazione e sul corretto utilizzo delle risorse pubbliche, mentre non è ammissibile per controllare l’attività dei privati o i rapporti tra essi intercorrenti.
Nella fattispecie, il diritto di accesso era privo di fondamento posto che l’istanza presentata dal ricorrente era proposta al solo fine di conoscere i rapporti professionali tra soggetti privati (specificamente, tra due avvocati) e riguardava documenti e informazioni non comprese tra quelle accessibili in base all’articolo 5 citato decreto l.gs. n. 33/2013.
A margine della fattispecie, si rammenta che da un lato, il Consiglio di Stato (cfr. sent. n.3631/2016) ha affermato che il diritto di cronaca non legittima neanche il diritto di accesso ai sensi del decreto legislativo n. 97 del 2016, che pur svincola il diritto di accesso da una posizione legittimante differenziata, perché anche in tal caso, la P.A. dovrà in concreto valutare, se i limiti ivi enunciati siano da ritenere in concreto sussistenti, nel rispetto dei canoni di proporzionalità e ragionevolezza, a garanzia degli interessi ivi previsti e non potrà non tener conto, nella suddetta valutazione, anche le peculiarità della posizione legittimante del richiedente, mentre, dall’altro, la Funzione Pubblica (cfr. circolare n. 2/2017, par. 8.1), ha osservato che, occorre tener conto della particolare rilevanza, ai fini della promozione di un dibattito pubblico informato, delle domande di accesso provenienti da giornalisti e organi di stampa o da organizzazioni non governative, cioè da soggetti riconducibili alla categoria dei “social watchdogs”, raccomandando alle amministrazioni di verificare con la massima cura la veridicità e la attualità dei dati e dei documenti rilasciati, per evitare che il dibattito pubblico si fondi su informazioni non affidabili o non aggiornate.
30 marzo 2019
Garante per la protezione dei dati personali – 3 aprile 2025
Presentata dalla dott.ssa Grazia Benini e da Gioele Dilevrano
IFEL – 11 marzo 2024
IFEL – 5 febbraio 2024
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