Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Gli oneri e le responsabilità dei Comuni nella gestione del Reddito di cittadinanza
Servizi Comunali Lotta alla povertà e inclusione sociale Servizi alla personaApprofondimento di Amedeo Di Filippo
Gli oneri e le responsabilità dei Comuni nella gestione del Reddito di cittadinanza
Amedeo Di Filippo
Il D.L. 28 gennaio 2019, n. 4, istitutivo del Reddito di cittadinanza (Rdc) e della “pensione quota 100”, è stato convertito dalla Legge 28 marzo 2019, n. 26. Numerosi gli impegni previsti per i Comuni, che rispetto al Reddito di inclusione (Rei) si vedono sottrarre il protagonismo dai centri per l’impiego, ma che mantengono un ruolo centrale nella elaborazione dei progetti e nella gestione della misura.
Il Rdc
Il Reddito di cittadinanza, formalmente istituito a decorrere da aprile, è impostato dal D.L. n. 4/2019 “quale misura fondamentale di politica attiva del lavoro a garanzia del diritto al lavoro, di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale”. Costituisce livello essenziale delle prestazioni, sebbene nei limiti delle risorse disponibili. Il decreto regola anche la “Pensione di cittadinanza” (Pdc), destinata ai nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 67 anni.
Per accedere al Rdc l’art. 2 elenca al primo comma i requisiti che i nuclei familiari devono possedere “cumulativamente” al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio. Sono di quattro ordini: a) cittadinanza, residenza e soggiorno; b) reddituali e patrimoniali; c) godimento di beni durevoli; c-bis) mancanza di misure cautelari personali e di condanne definitive, intervenute nei dieci anni precedenti la richiesta, per taluno dei delitti indicati all’art. 7, comma 3.
I casi di accesso alla misura potranno essere integrati, “in ipotesi di eccedenza di risorse”, con apposito regolamento sulla base di indicatori di disagio socioeconomico che riflettono le caratteristiche di multidimensionalità della povertà e tengono conto, oltre che della situazione economica, anche delle condizioni di esclusione sociale, di disabilità, di deprivazione socio-sanitaria, educativa e abitativa.
Il Patto per l’inclusione sociale
Il ruolo centrale per i Comuni è ritagliato dall’art. 4, che condiziona l’erogazione del beneficio alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni e all’adesione ad un “percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale”. I servizi sociali entrano in gioco nel caso in cui il centro per l’impiego ravvisi che nel nucleo familiare siano presenti particolari criticità in relazione alle quali sia difficoltoso l’avvio di un percorso di inserimento al lavoro.
I servizi si coordinano a livello di ambito territoriale per la valutazione multidimensionale, che è la stessa del Rei, regolata dall’art. 5 del D.Lgs. n. 147/2017. I beneficiari quindi sottoscrivono un “Patto per l’inclusione sociale”, che anche in questo caso assume le caratteristiche del progetto personalizzato di cui all’art. 6 del decreto Rei. Nel Patto sono inclusi sia gli interventi per l’accompagnamento all’inserimento lavorativo che quelli di contrasto alla povertà.
I progetti
Nell’ambito del Patto per l’inclusione sociale, il comma 15 dell’art. 4 impone ai beneficiari di offrire la disponibilità per la partecipazione a “progetti a titolarità dei comuni, utili alla collettività, in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, da svolgere presso il medesimo comune di residenza”. Le ore settimanali da mettere a disposizione non possono essere inferiori otto, aumentabili fino sedici col consenso di entrambe le parti. Le forme, le caratteristiche e le modalità di attuazione dei progetti sono rinviate ad apposito decreto del Ministro del lavoro, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.
La partecipazione ai progetti comunali è obbligatoria, anche perché la facoltatività è prevista dal comma 15 per le sole “persone non tenute agli obblighi connessi al Rdc”. Se non fosse che l’art. 7, comma 5, lett. d), prevede la decadenza dal beneficio qualora il beneficiario non aderisca ai progetti “nel caso in cui il comune di residenza li abbia istituiti”.
Verifiche e controlli
Il primo requisito richiesto dall’art. 2 per l’accesso al Rdc è legato alla cittadinanza, alla residenza e al soggiorno. Le verifiche rispetto a queste ultime due sono affidate dal comma 4 dell’art. 5 ai Comuni, nelle more del completamento dell’Anagrafe nazionale della popolazione residente (Anpr), con modalità che saranno definite mediante accordo in Conferenza Stato-città. L’esito delle verifiche dovrà essere comunicato all’INPS per il tramite della piattaforma digitale.
La stessa disposizione è ripetuta al comma 15 dell’art. 7, che però affida ai Comuni la responsabilità delle verifiche e dei controlli anagrafici attraverso l’incrocio delle informazioni dichiarate ai fini ISEE con quelle disponibili presso gli uffici anagrafici e quelle raccolte dai servizi sociali e ogni altra informazione utile per individuare omissioni nelle dichiarazioni o dichiarazioni mendaci al fine del riconoscimento del Rdc.
Una ulteriore responsabilità è stata inserita in sede di conversione al comma 5 dell’art. 2, laddove definisce il nucleo familiare ai fini Rdc: la lett. a) dispone che i coniugi permangono nel medesimo nucleo anche a seguito di separazione o divorzio qualora continuino a risiedere nella stessa abitazione, ma se la separazione o il divorzio sono avvenuti successivamente al 1° settembre 2018, “il cambio di residenza deve essere certificato da apposito verbale della polizia locale”.
Le comunicazioni
L’art. 6 istituisce presso il Ministero del lavoro il Sistema informativo del Reddito di cittadinanza, nel cui ambito operano due piattaforme digitali: una presso l’ANPAL, per il coordinamento dei centri per l’impiego, l’altra presso lo stesso Ministero per il coordinamento dei Comuni. Questi ultimi devono comunicare l’avvenuta o la mancata sottoscrizione del Patto per l’inclusione sociale, l’esito delle verifiche sui requisiti di residenza e di soggiorno, l’attivazione dei progetti a titolarità comunale, gli esiti della valutazione preliminare, le informazioni sui Patti già sottoscritti.
I Comuni e i centri per l’impiego inoltre comunicano alle piattaforme le informazioni sui fatti suscettibili di dar luogo alle sanzioni di cui all’art. 7 entro dieci giorni lavorativi dall’accertamento dell’evento. La mancata comunicazione determina responsabilità disciplinare e contabile del soggetto responsabile. Rimane inoltre attivo il Sistema informativo unitario dei servizi sociali (SIUSS), istituito dall’art. 24 del D.Lgs. n. 147/2017 in sostituzione del sistema informativo dei servizi sociali e del casellario dell'assistenza.
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