Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Sanità privata convenzionata: esenzione Imu non automatica
Servizi Comunali Esenzioni TASIApprofondimento di Luciano Catania
SANITA’ PRIVATA CONVENZIONATA: ESENZIONE IMU NON AUTOMATICA
Luciano Catania
Qualora venga svolta attività commerciale, è legittimo per i Comuni sottoporre a tassazione Imu-Tasi gli immobili della sanità privata, anche se accreditata, contrattualizzata o convenzionata, con il servizio nazionale.
A determinare un generale diritto all’esenzione non basta che l’attività della struttura sanitaria privata sia svolta in maniera complementare o integrativa con il servizio pubblico, ma dev’essere appurata la sua natura non commerciale.
L’ha sancito la Corte di Cassazione (ordinanza 11 aprile 2019, n. 10124) smentendo, di fatto, le indicazioni ministeriali (circolare n. 2/2009 del Dipartimento Finanze, Decreto ministeriale n. 200/2012).
L’art. 7, primo comma, lett. i) del D.Lgs. n. 504/1992 prevede l’esenzione per gli immobili destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non commerciali di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive.
La questione dirimente è, quindi, se l’immobile ospita una struttura sanitaria che svolge attività commerciale o meno.
Le indicazioni ministeriali escludevano l’attività commerciale per la sanità privata svolta in base ad una convenzione con il servizio sanitario nazionale.
Secondo gli ermellini, però, il DM non ha forza di legge, giacché la norma (articolo 91-bis del D.L. n. 1/2012) non demandava al provvedimento ministeriale il compito di definire autoritativamente il concetto di “modalità non commerciali”, ma solo quello di stabilire modalità e procedure da seguire in caso di utilizzazione mista di un immobile, al fine di individuare il rapporto percentuale tra utilizzazione commerciale e utilizzazione non commerciale dello stesso.
Per concedere l’esenzione non basta accertare la sussistenza di caratteri di solidarietà sociale dell’attività svolta ma serve valutare se, considerata nel suo insieme, abbia o meno natura commerciale.
A risolvere la questione, secondo la Corte, non è il fatto che l’attività sanitaria sia inserita, tramite il convenzionamento, nel servizio pubblico.
Il servizio sanitario è, infatti, una funzione pubblica, eventualmente gratuita per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione ed i suoi rapporti con il cittadino, ma nel caso delle convenzioni con strutture private, l’attività di queste ultime è commerciale qualora sia prestata dietro corrispettivi pattuiti o stabiliti in funzione dei costi e dell’adeguata remunerazione dei fattori di produzione.
La Cassazione ricorda che rientrano tra le attività commerciali le prestazioni di servizi rese a terzi dietro il pagamento di un corrispettivo funzionale alla copertura dei costi. L’esenzione non spetta per il solo fatto che il corrispettivo non sia materialmente elargito dal singolo utente ma dallo Stato, dalle Regioni o da altra Pubblica Amministrazione.
Per escludere la natura commerciale di un’attività occorre che la stessa sia offerta gratuitamente, oppure dietro il pagamento di corrispettivi meramente simbolici o, comunque, in misura nettamente inferiore a garantire la remunerazione delle risorse impiegate.
Questo principio vale per distinguere le attività commerciali da quelle non commerciali, anche ai fini delle esenzioni dal pagamento dei tributi locali, compresa l’attività sanitaria convenzionata.
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