Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo

Presupposti e limiti alla finanziabilità di opera pubblica di altro Comune

Servizi Comunali Opere pubbliche
di Palumbo Pietro Alessio
14 Giugno 2019

Approfondimento di Pietro Alessio Palumbo                                                                                 

Presupposti e limiti alla finanziabilità di opera pubblica di altro Comune

Pietro Alessio Palumbo

Il Comune può erogare ad altro Comune, in base ad una convenzione che disciplini i reciproci rapporti, un contributo a fondo perduto finalizzato alla realizzazione di un'opera pubblica, rilevante per il conseguimento, da parte del Comune richiedente, di un interesse pubblico per la comunità. La Deliberazione 135 del 2019 della Corte dei Conti Sezione regionale di controllo per il Veneto ha tuttavia chiarito che ciò è legittimo se e nella misura in cui l’impegno finanziario del Comune contributore sia proporzionato al beneficio che ne trae la propria stessa collettività di riferimento: l’attribuzione patrimoniale è da considerarsi lecita solo se finalizzata a servizi pubblici o, comunque, interessi per la collettività insediata sul territorio del Comune finanziatore.

Il quadro normativo

Le convenzioni di cui all’art. 30 del TUEL costituiscono un’ipotesi speciale di accordi tra Pubbliche amministrazioni, istituto di carattere generale contemplato dall’art. 15 legge 7 agosto 1990, n. 241. Esse realizzano una forma di partenariato cosiddetta di tipo debole che, diversamente dal partenariato di tipo forte, non si concretizza nella costituzione di un soggetto fornito di una veste giuridicamente autonoma rispetto a quella dei soggetti contraenti. Le convenzioni ex art. 30 TUEL sono pertanto riconducibili a contratti di diritto pubblico, che istituiscono una forma di cooperazione tra gli enti locali per l’esercizio di funzioni amministrative comuni. In particolare le convenzioni ex art. 30 TUEL non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione in materia di contratti pubblici, in quanto non lesive del principio di concorrenza. Segnatamente le norme del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici non sono applicabili ai contratti che istituiscono una cooperazione tra enti pubblici finalizzata a garantire l’adempimento di una funzione di servizio pubblico comune a condizione che: tali contratti siano stipulati esclusivamente tra enti pubblici, senza la partecipazione di una parte privata; che nessun prestatore sia posto in una situazione privilegiata rispetto ai suoi concorrenti; che la cooperazione da essi istituita sia retta unicamente da considerazioni ed esigenze connesse al perseguimento di obiettivi d’interesse pubblico.

La questione posta all’attenzione della Corte

Precisa la Corte meneghina che se l’azione è intrapresa al fine di soddisfare esigenze della collettività rientranti nelle finalità perseguite dal Comune, l’erogazione di un finanziamento non può equivalere ad un depauperamento del patrimonio comunale, in considerazione dell’utilità che l’ente o la collettività ricevono dallo svolgimento del servizio pubblico effettuato dal soggetto che riceve il contributo. A ben guardare, all’interno dell’ordinamento generale ovvero nella disciplina di settore degli enti territoriali non esiste alcuna norma che ponga uno specifico divieto. Se l’azione è intrapresa al fine di soddisfare esigenze della collettività rientranti nelle finalità perseguite dal Comune, l’attribuzione di beni, anche se apparentemente a “fondo perso”, non può equivalere ad un impoverimento del patrimonio comunale, in considerazione dell’utilità che l’ente o la collettività ricevono dallo svolgimento del servizio realizzato dal soggetto percettore. In altre parole il nodo del corretto impiego delle risorse pubbliche va correlato con l’effettiva realizzazione di un interesse pubblico a prescindere dal soggetto destinatario in via diretta dell’attribuzione patrimoniale. Peraltro, se il criterio di orientamento è quello della necessità che l’attribuzione avvenga allo scopo di perseguire i fini dell’ente pubblico, la natura pubblica o privata del soggetto che riceve l’attribuzione patrimoniale è indifferente. Tuttavia qualora l’Amministrazione ricorra a soggetti privati per raggiungere i propri fini e, conseguentemente, riconosca loro benefici di natura patrimoniale, le cautele debbono essere maggiori, rispetto ai casi in cui vengano in rilievo enti pubblici, anche al fine di garantire l’applicazione dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione che debbono caratterizzare l’attività amministrativa.

L’interesse della comunità

Posto che il Comune è l'ente locale che rappresenta e cura gli interessi della propria comunità, qualunque genere di intervento economico dell’amministrazione comunale, per potersi qualificare in termini di legittimità della sottostante azione, deve necessariamente sottendere alla realizzazione di un interesse proprio della comunità stanziata sul territorio. Qualora sia stabilito che il contributo debba andare a beneficio non esclusivo della collettività di riferimento dell’ente erogatore, ma anche di quella insediata presso un differente territorio - in sostanza, una parte delle risorse a disposizione dell’ente vada a beneficio di altra collettività - ciò è regolare se l’impegno finanziario del Comune contributore sia proporzionato al beneficio che ne trae la propria stessa collettività. Da un punto di vista economico è questa una cosiddetta negoziazione di esternalità positive. Pur tuttavia si presti attenzione, poiché l’eventuale attribuzione deve essere conforme al principio di congruità della spesa grazie a una valutazione comparativa degli interessi complessivi dell’ente locale. Discende che affinché l’operazione non si concretizzi in un depauperamento del patrimonio dell’ente, spetta al Comune valutare se l’esposizione finanziaria aggiuntiva sia proporzionata o meno all’effettivo, concreto, tangibile beneficio della collettività del cui interesse è latore per legge.

11 giugno 2019

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