Approfondimento di Luigi Oliveri

Gli incarichi a contratto sono connessi strettamente al comune incaricante. No agli scavalchi

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di Oliveri Luigi
16 Giugno 2020

Approfondimento di Luigi Oliveri                                                                                    

Gli incarichi a contratto sono connessi strettamente al comune incaricante. No agli scavalchi

Luigi Oliveri

 

Nonostante il diritto amministrativo sia caratterizzato dal principio di legalità e della tassatività delle fonti, gli enti locali persistono nell’atteggiamento di creare continuamente situazioni giuridiche “ibride” o innominate, combinando tra loro regole ed istituti, creando nuove fattispecie.

L’esito per lo più porta a gestioni illegittime. Infatti, la possibilità di creare istituti ibridi è concessa ai privati nell’ambito dell’esercizio dell’autonomia di diritto privato, posto che il codice civile non contiene un elenco tassativo di rapporti obbligatori, ma consente alle parti di creare nuove fattispecie, purché non contrarie all’ordine pubblico, all’ordinamento economico-sociale e a norme imperative di legge. La medesima possibilità non è data alle amministrazioni pubbliche, tenute ad applicare le norme entro i loro specifici confini: spetta solo al legislatore definire nuovi istituti, o al giudice fornire interpretazioni applicative delle norme da cui desumere eventuali aspetti attuativi di carattere innovativo.

Nel segno della tendenza degli enti locali ad eludere i vincoli imposti dai principi di legalità e tassatività è la tendenza sempre più diffusa ad consentire ed attribuire incarichi ulteriori presso altri comuni, anche a scavalco, ai dirigenti o funzionari responsabili di servizio incaricati a contratto ai sensi dell’articolo 110 del d.lgs 267/2000.

Gli enti, in sostanza, agiscono nella convinzione che in termini generali sia possibile per gli incaricati a contratto condurre contemporaneamente rapporti di lavoro con più enti, anche attraverso l’applicazione dell’articolo 1, comma 557, della legge 311/2004.

In linea di massima, tuttavia, si deve ritenere che questo non sia considerato ammissibile e legittimo.

L’attribuzione degli incarichi a contratto è, non si deve dimenticare, un sistema di reclutamento extra ordinem del tutto peculiare, connesso ad una sia pur attenuata (dalla prova selettiva necessaria) “fiduciarietà” che riconnette l’incaricato col mandato del sindaco o del presidente della provincia.

Ciò connette strettamente ed indissolubilmente l’incarico a contratto a quell’ente ed alle vicende del vertice politico monocratico, senza possibilità di uno “scavalco”.

In particolare, non sembra possibile individuare alcuna compatibilità tra l’incarico a contratto e l’articolo 1, comma 557, della legge 311/2004, erroneamente definito da gran parte della giurisprudenza e della dottrina come “scavalco d’eccedenza”.

Non si tratta per nulla di uno scavalco, perché l’istituto postula la possibilità del prestatore di un comune di grandi dimensioni di svolgere attività lavorativa presso comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti o unioni di comuni, oltre il normale debito orario di servizio.

Le ragioni che ostano alla possibilità di autorizzare a tal fine un incaricato a contratto sono almeno 2.

Sia che si tratti di un dirigente, sia che si tratti di un funzionario incaricato come responsabile di servizio e quindi inquadrato nell’area delle posizioni organizzative, il debito orario non è definibile nelle 36 ore. Il dirigente non ha un vincolo orario, ma deve organizzare il proprio tempo di lavoro per garantire le necessità organizzative e, verosimilmente, tale tempo di lavoro va considerato ulteriore alle 36 ore, per quanto non soggetto a stretta misurazione. L’ente non ha modo di autorizzare prestazioni verso altri enti “ulteriori” al debito orario, proprio perché quest’ultimo non è definibile ed è, al contrario, pretensibile una prestazione oraria maggiore.

L’inquadrato nell’area delle PO deve rendere le 36 ore come prestazione oraria minima, risultando tenuto contrattualmente a prestare tutte le ulteriori ore necessarie allo svolgimento dell’incarico. E’ ben evidente che un incarico ai sensi del comma 557 ostacola la corretta esplicazione della funzione direzionale assunta.

In secondo luogo, l’incaricato a contratto non può certo andare a svolgere presso l’ente di minori dimensioni, ma comunque anche presso qualsiasi altro ente, un incarico dirigenziale o di preposto come responsabile di servizio come “scavalco” e prosecuzione di quello condotto presso l’ente di provenienza.

Infatti, ai sensi dell’articolo 110, comma 1, del d.lgs 267/2000gli incarichi a contratto di cui al presente comma sono conferiti previa selezione pubblica volta ad accertare, in capo ai soggetti interessati, il possesso di comprovata esperienza pluriennale e specifica professionalità nelle materie oggetto dell' incarico”. Un ente non può attribuire un incarico ai sensi dell’articolo 110 ad un dipendente di altro ente locale, sol perché questo conduca già un incarico a contratto con quell’altro ente. Occorre applicare la norma, che impone la previa selezione pubblica: lo scavalco è un evidente modo per non solo eludere, ma violare platealmente la norma.

Lo stesso vale per il caso di incaricato a contratto con rapporto di lavoro a tempo parziale non superiore al 50% (situazione ovviamente impossibile per le qualifiche dirigenziali). Il fatto che l’incaricato a contratto possa, sulla base della normativa, condurre un altro rapporto di lavoro pubblico, anche regolato dall’articolo 110, non consente ad un ente locale di saltare la selezione pubblica ed estendere a se stesso l’incarico che il dipendente a contratto conduca già con altro ente locale: occorre comunque la selezione pubblica.

Il comune “di provenienza” non può “prestare” o comunque “condividere” un incaricato a contratto con altro ente, perché il legame stretto tra detto incaricato e l’ente è espressamente imposto dal comma 3 dell’articolo 110, ai sensi del quale l’esistenza e la durata dell’incarico sono commisurati al e condizionati dal mandato elettorale del sindaco incaricante. Non può ovviamente un medesimo incarico ai sensi dell’articolo 110 dipendere da due diversi sindaci.

E’ solo ammissibile che la medesima persona, se con rapporto di lavoro part time non superiore al 50%, svolga due autonomi e distinti incarichi a contratto in due comuni distinti, a seguito di due autonome procedure selettive.

Lo scavalco “condiviso”, regolato di recente dall’articolo 1, comma 124, della legge 145/2018 è ammissibile in quanto tale scavalco non costituisce due distinti rapporti di lavoro, ma configura lo svolgimento di una prestazione connessa ad un unico rapporto di lavoro a beneficio di due enti tra loro convenzionati. Pare, tuttavia, che questa formula possa applicarsi solo ai funzionari inquadrati nell’area delle qualifiche, dal momento che nei loro confronti è possibile la misura del debito orario minimo settimanale delle 36 ore. Non è ammissibile per la dirigenza, visto che manca la possibilità della quantificazione della prestazione oraria. La formulazione generica, tuttavia, dell’articolo 1, comma 124, potrebbe anche estendere alla dirigenza lo scavalco condiviso, sebbene il richiamo all’articolo 14 del Ccnl 22.1.2004, valevole solo per l’area delle qualifiche, lasci aperto il dubbio dell’estensibilità appunto alla dirigenza.

E’ ammissibile, comunque, che un incaricato a contratto sia preposto alla direzione di un vertice organizzativo ab origine convenzionato, ai sensi dell’articolo 30 del d.lgs 267/2000, purché sia chiarito che il rapporto sia condotto col capofila della convenzione.

15 giugno 2020

 

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