Consiglio di Stato, sezione Quarta, sentenza 25 ottobre 2017, n. 4906

Servizi Comunali Attività edilizia Attività edilizia
di Alberici Debora
21 Novembre 2017

 

massima

 

In materia di edilizia e urbanistica, va detto che i comuni siano obbligati ad istruire e definire gli strumenti urbanistici attuativi di iniziativa privata afferenti le aree edificabili in base alle previsioni degli strumenti urbanistici generali, con priorità per le aree incluse nei programmi pluriennali di attuazione approvati.

 

Pubblicato il 25/10/2017

                                                                                           N. 04906/2017REG.PROV.COLL.

                                                                                                    N. 01312/2008 REG.RIC.

 

                                                 REPUBBLICA ITALIANA

                                        IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

                                                 Il Consiglio di Stato

                                     in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

 

ha pronunciato la presente

                                                      SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 1312 del 2008, proposto da E. V., M. V., B. V., C. V. e S. V., quest’ultima in proprio e nella qualità di procuratore della madre G. G., tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Pasquale Medina, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Franco Gaetano Scoca in Roma, via Paisiello, n. 55; 

contro

Comune di Bari, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Augusto Farnelli, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fabio Caiaffa in Roma, via Nizza, n. 53; 

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per la Puglia – Sede di Bari, Sez. III n. 4520 del 21 dicembre 2006, resa tra le parti, concernente rigetto di piano particolareggiato;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2017 il Consigliere Luca Lamberti e uditi per le parti gli avvocati P. Medina e F. Caiffa su delega di A. Farnelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;

 

FATTO

Gli odierni ricorrenti hanno impugnato avanti il T.a.r. per la Puglia, Sede di Bari, la delibera del Consiglio comunale di Bari n. 15 del 16 febbraio 2004 che ha respinto, ai sensi degli articoli 21 e 27 l.r. 31 maggio 1980, n. 56, la proposta di “piano particolareggiato - piano di lottizzazione” presentata in data 25 maggio 1990, relativa a suoli di loro proprietà ubicati a sud-est del capoluogo pugliese sul Lungomare (........) in località (........) e destinati dall’allora vigente P.R.G. ad “attività terziaria”.

I ricorrenti hanno articolato un duplice ordine di censure: in primis, il diniego sarebbe illegittimo per difetto di istruttoria, in quanto basato sul solo parere negativo rilasciato dal Comitato Urbanistico Regionale nel giugno 1998, ossia ben sei anni prima, e non recherebbe alcuna considerazione delle sopravvenienze, tra cui, in particolare, l’approvazione da parte della Regione, con deliberazione giuntale n. 748 del 15 dicembre 2000, del Piano Urbanistico Tematico Territoriale del paesaggio, le cui N.T.A., all’art. 1 punto 5.2., qualificherebbero le aree de quibus come “territorio costruito”.

In subordine, l’atto impugnato sarebbe comunque attinto dall’illegittimità che, a monte, affliggerebbe il cennato parere del C.U.R., che, con una motivazione in tesi “pretestuosa”, avrebbe esondato dalle proprie funzioni istituzionali, spingendosi a stigmatizzare le scelte pianificatorie contenute nell’allora vigente P.R.G. di Bari cui, per vero, il proposto strumento attuativo era conforme; oltretutto, il Comitato avrebbe omesso di considerare che il piano in parola era stato oggetto di un adeguamento progettuale proprio al fine di prestare ottemperanza alle indicazioni rese dallo stesso Comitato con previo parere del gennaio 1996.

Costituitosi in resistenza il Comune, il Tribunale ha respinto il ricorso osservando che, a prescindere dalle sopravvenienze e, in particolare, dall’intervenuta approvazione del P.U.T.T., il parere del C.U.R. del giugno 1998 manterrebbe integra la propria idoneità ostativa all’approvazione del piano presentato dai ricorrenti con riguardo a due aspetti di ravvisata “improcedibilità dell’iter di approvazione del Piano in questione”.

In particolare, aveva sostenuto il Comitato con valutazione stimata corretta dal Tribunale, l’adozione del piano attuativo, disposta con deliberazione in data 14 febbraio 1995 del Commissario ad acta n. 3, sarebbe stata operata in assenza di valido ed efficace Programma Pluriennale di Attuazione in virtù del disposto dei decreti legge 25 novembre 1994, n. 649 e 26 gennaio 1995, n. 24 (ai sensi dei quali “I comuni sono obbligati ad istruire e definire gli strumenti urbanistici attuativi di iniziativa privata afferenti le aree edificabili in base alle previsioni degli strumenti urbanistici generali, con priorità per le aree incluse, alla data di entrata in vigore del presente decreto, nei programmi pluriennali di attuazione approvati e ancorché scaduti”), che, tuttavia, sarebbero poi decaduti per mancata conversione; il fatto che i relativi effetti siano stati in seguito fatti salvi dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662 non consentirebbe, comunque, la prosecuzione del procedimento.

In secondo luogo, il piano poi rielaborato dai proponenti in base alle indicazioni date dal Comitato con il riferito parere del gennaio 1996 sarebbe così diverso dal precedente, quanto agli aspetti plano-volumetrici e morfologici, da integrare un piano funditus nuovo, che, come tale, avrebbe dovuto essere ex novo riadottato da parte del Consiglio comunale.

I ricorrenti hanno interposto appello riproponendo le censure svolte in prime cure ed osservando, inter alia, che il parere del C.U.R. del 1998 non avrebbe specificato le differenze del nuovo piano rispetto al precedente, né, tanto meno, avrebbe motivatamente indicato l’effettiva idoneità delle stesse - oltretutto di carattere obbligatorio, in quanto tese al soddisfacimento di interessi generali e non individuali dei proponenti - a stravolgere ab imis le caratteristiche dell’originario progetto.

Costituitosi il Comune, il ricorso è stato trattato alla pubblica udienza del 27 giugno 2017, in vista della quale le parti hanno versato in atti difese scritte, e, all’esito della discussione, introitato per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso non merita accoglimento.

Il Collegio premette che nella specie, ai sensi dell’art. 21 l.r. 56/1980, il parere del C.U.R. era obbligatorio, inerendo il piano de quo ad aree soggette a tutela paesaggistica ex lege in quanto ricadenti nella fascia posta entro i 300 metri dalla linea di battigia, e vincolante.

Nel merito, il Collegio rileva che, come ravvisato dapprima dal Comitato nel parere del 1998 e, quindi, dalla delibera consiliare n. 15, ricorre effettivamente una causa di “improcedibilità” del procedimento teso all’approvazione del piano, a causa del carattere di novità del piano medesimo come da ultimo riformulato dai proponenti.

Sul punto, giova osservare che nel parere del 16 gennaio 1996 il Comitato, premesso che “l’intervento, pur comportando un certo impatto data l’estrema vicinanza alla linea di costa in relazione all’altezza dei fabbricati, appare conforme alle previsioni del P.R.G.”, aveva cionondimeno ritenuto opportuno “che venga ricercata una diversa soluzione progettuale con maggiore permeabilità visiva verso il mare e con altezze, se possibile, più contenute per i corpi edilizi”, accompagnata ed illustrata da “apposita relazione sull’impatto paesaggistico dell’intervento, con approfondimenti nel merito delle visuali e dell’inserimento costiero ed urbano dello stesso”.

Allo scopo il Comitato aveva, in particolare, suggerito talune modifiche: nominatim, “un arretramento dei corpi di fabbrica dalla linea di costa, che può essere ottenuto con il posizionamento delle aree da cedere al Comune in posizione limitrofa alla litoranea”; “lo spostamento dei fabbricati alla distanza ammissibile dalla linea ferroviaria o dalla viabilità di piano regolatore”; “l’accorciamento del fabbricato previsto al limite della stessa litoranea”; la sistemazione a verde delle aree lungo la linea di costa, anche “con la previsione di corpi edilizi da destinare ai servizi pubblici di altezza contenuta al fine di migliorare il raccordo dell’intero intervento con le caratteristiche peculiari della costa”.

Il Comitato, pertanto, aveva stabilito che “il piano …, opportunamente adeguato alle indicazioni predette, dovrà essere sottoposto al riesame del C.U.R. prima dell’approvazione da parte del Consiglio comunale”.

Il Collegio osserva, in proposito, che tale parere, peraltro non espressamente e specificamente impugnato, veicola la spendita di poteri propri del Comitato, organo tecnico della Regione incaricato di delibare, con valutazione di carattere marcatamente tecnico-discrezionale, la compatibilità della pianificazione territoriale comunale con i più generali assetti programmatori regionali, tenendo in particolare conto i valori paesaggistici.

I proponenti ritenevano di accogliere le indicazioni del Comitato mediante una diversa formulazione del progetto, che veniva “articolato in sei corpi di fabbrica distanziati tra loro di circa 40 metri”, al cui interno, “dove possibile, sono stati ricavati dei cannocchiali visivi attraverso i <<pilotis>> sia lungo tutta la lunghezza dell’intervento, sia in altezza”: in particolare, “sono stati ricavati porticati liberi per due o tre piani e sono state posizionate ai livelli inferiori le piastre libere dei parcheggi a più piani, con il risultato di una quasi totale permeabilità visiva da e verso il mare. Il risultato configura una serie di piazze aperte a più livelli che si affacciano verso il mare” (così la “Relazione sull’impatto paesaggistico dell’intervento” allegata al nuovo progetto e citata in ricorso a pag. 31).

Nel successivo parere del 18 giugno 1998 il Comitato, prima di esternare le proprie valutazioni di merito in ordine al progetto, esprimeva preliminarmente, al punto 2.5.2, le proprie “perplessità circa la riproposizione [del piano] senza la riadozione da parte del Consiglio comunale, in quanto lo stesso, rivisto in seguito al negativo parere del Comitato del gennaio 1996, si configura sia per l’aspetto plano-volumetrico che morfologico in maniera del tutto differente rispetto alla progettazione iniziale, trattandosi a tutti gli effetti di nuovo piano del quale non poteva non prendere atto, riadottandolo, il Consiglio comunale”, per poi concludere assertivamente, nel dispositivo, che “esprime parere negativo all’argomento per le seguenti motivazioni specifiche: […] 3.3 Ancora, il piano "adeguato" […] si configura sia per 1'aspetto planovolumetrico che morfologico in maniera del tutto differente rispetto alla progettazione iniziale, trattandosi a tutti gli effetti di nuovo Piano per il quale necessitava la riadozione, a norma di legge, da parte del Consiglio Comunale.”.

Siffatto rilievo preliminare del Comitato, richiamato e fatto integralmente proprio dall’impugnata delibera consiliare, appare esente dai lamentati profili di illegittimità articolati dai ricorrenti nell’ambito del secondo ordine di censure, peraltro principalmente incentrato sul merito della delibazione operata dall’organo tecnico.

Il Collegio osserva in proposito che, a quanto consta, l’iniziativa di urbanizzazione prevista nella nuova versione susseguente alle indicazioni rese dal Comitato nel 1996 contempla sei distinti corpi di fabbrica alti circa 50 metri paralleli alla linea di costa, per complessivi 530.000 metri cubi di volumetria su una superficie di 10 ettari (cfr. la citata “Relazione” di parte nonché il punto 2.6. del parere del Comitato del 18 giugno 1998).

Nella stessa ricostruzione defensionale operata dai ricorrenti, del resto, la rielaborazione progettuale seguita al parere del Comitato del 1996 si è spinta a disporre una globale riallocazione fisica della volumetria, ora appunto distribuita tra sei distinti corpi di fabbrica caratterizzati, a quanto consta, da profilo, sagoma e struttura assai diversi rispetto all’originaria soluzione.

In tale contesto, mentre il parere del C.U.R. del 1996 si incentrava sull’ “intervento” sottoposto all’organo a tale data e chiedeva una serie di rimodulazioni correttive del progetto (“arretramento dei corpi di fabbrica dalla linea di costa”, “spostamento dei fabbricati alla distanza ammissibile dalla linea ferroviaria o dalla viabilità di piano regolatore”; “accorciamento del fabbricato previsto al limite della stessa litoranea”; risistemazione a verde delle aree lungo la linea di costa “con la previsione anche dei corpi edilizi, da destinare ai servizi pubblici, di altezza contenuta al fine di migliorare il raccordo dell’intero intervento con le caratteristiche peculiari della costa”, rilevandosi pertanto “l’opportunità che venga ricercata una diversa soluzione progettuale con maggiore permeabilità visiva verso il mare e con altezze, se possibile, più contenute per i corpi edilizi”), che tuttavia, nella prospettiva del CUR comportavano pur sempre il permanere nella sua essenza del “piano di lottizzazione di che trattasi” ancorché “opportunamente adeguato alle indicazioni predette”, il piano presentato al CUR nel 1998 va oltre il mero “adeguamento” del progetto originario, risolvendosi piuttosto nella presentazione di un intervento sostanzialmente nuovo e diverso.

In relazione a tali premesse non si palesa, pertanto, viziata la valutazione del Comitato: questa radicale revisione progettuale di un intervento di così significativo impatto urbanistico e paesaggistico (definito dagli stessi proponenti come “duro” – cfr. la citata “Relazione” allegata alla proposta di piano rielaborata, pag. 5), mutandone in profondità le caratteristiche strutturali, esondava oggettivamente dall’alveo procedimentale già tracciato e ne imponeva la riedizione ab initio.

In sostanza, la riformulazione in questione, tenuto conto della particolare struttura del progetto, veicolava una modificazione di natura oggettivamente essenziale, come tale implicante il dovere di attendere ad una nuova adozione del piano, conseguenza questa di carattere logico, prima ancora che giuridico, riveniente dalla circostanza che il progetto sub judice era oramai divenuto altro rispetto a quello a suo tempo adottato (arg., ex multis, da Cons. Stato, Sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 847 e 1 luglio 2013, n. 3537).

Sotto altra angolazione prospettica, il Collegio osserva che gravava comunque sui proponenti l’onere della prova in ordine all’allegata natura viceversa non essenziale e meramente accessoria delle modifiche apportate dalla nuova versione del progetto: essi, di contro, si sono limitati a censurare l’assunta genericità del rilievo operato in proposito dal Comitato, senza, tuttavia, attendere dal canto loro ad una puntuale, dettagliata ed autonoma analisi circa gli eventuali elementi di comunanza strutturale, topografica, volumetrica e geometrica fra l’iniziale progetto e la sua successiva rielaborazione atti a dimostrare la sostanziale continuità edilizia ed urbanistica comunque mantenuta dal divisato intervento.

Del resto, è proprio del potere tecnico-discrezionale inverare nella concreta situazione amministrata concetti giuridici generali: in particolare, ove, come nella specie, un organo tecnico deputato, fra l’altro, alla tutela del bene paesaggio stimi, in esito ad un complessivo, sintetico ed unitario apprezzamento di merito, che la modifica di una proposta di piano attuativo ne determini un’alterazione strutturale così profonda (appunto, essenziale) tale da costituire un novum e, conseguentemente, da determinare la necessità di una riedizione ab initio del procedimento, grava sull’interessato l’onere di dimostrare la radicale illogicità, l’intrinseca irragionevolezza, la macroscopica insostenibilità di siffatta valutazione, evidenziando di contro con chiarezza e specificità gli elementi di continuità fra le diverse soluzioni progettuali.

In assenza di tale sforzo probatorio il Giudice, posto di fronte a due contrastanti valutazioni, non può che dare la prevalenza a quella espressa da un organo deputato alla cura di interessi generali e, per di più, portatore di competenze specialistiche.

Né coglie nel segno l’osservazione circa il carattere obbligatorio delle modifiche: ciò di cui si discute non è, invero, lo scopo per cui le modifiche sono state apportate, ma la ricorrenza stessa di modifiche di portata ed incidenza tali da stravolgere ab interno il profilo stesso del progetto, tanto da spezzarne l’identità rispetto all’iniziale stesura.

Le esposte considerazioni determinano la conseguente reiezione pure delle censure formulate nei confronti della successiva delibera consiliare n. 15, la cui motivazione, operata per relationem alle conclusioni raggiunte dal Comitato, sfugge alle critiche mosse dai ricorrenti per le stesse motivazioni sopra sinteticamente enucleate.

L’infondatezza delle censure mosse dai ricorrenti avverso un profilo come quello in esame, di per sé solo idoneo a sorreggere la legittimità dei provvedimenti gravati, rende superfluo attendere allo scrutinio sia delle censure mosse avverso l’altro profilo di “improcedibilità” evidenziato dal Comitato, sia, a fortiori, delle censure attinenti al merito del giudizio operato dall’organo tecnico circa le concrete scelte progettuali.

In conclusione, i ricorrenti, ove ancora interessati, hanno la facoltà di ripresentare nuovamente, scilicet nel rispetto della vigente disciplina, una proposta di piano attuativo, in ordine alla quale le Amministrazioni preposte conservano intatte le attribuzioni di competenza, in nessun modo intaccate dal presente giudizio, limitatosi in ambedue i gradi allo scrutinio di profili di carattere esclusivamente procedimentale.

Il regolamento delle spese di lite, liquidate come in dispositivo, segue la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna i ricorrenti, in solido fra loro, al pagamento in favore del Comune di Bari delle spese di lite, liquidate in complessivi € 2.000,00 (euro duemila/00), oltre accessori di legge ove dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2017 con l'intervento dei magistrati:

Paolo Troiano, Presidente

Oberdan Forlenza, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Leonardo Spagnoletti, Consigliere

Luca Lamberti, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Luca Lamberti

 

Paolo Troiano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL SEGRETARIO

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