Inagibilità e inabitabilità dei fabbricati

I riflessi sulla tassazione IMU e TARI

Servizi Comunali IMU TARI
di Martini Lorella
03 Luglio 2023

Inagibilità e inabitabilità dei fabbricati
I riflessi sulla tassazione

La definizione di fabbricato
Il fabbricato è definibile come la singola unità immobiliare iscritta o iscrivibile a Catasto ed avente una rendita propria. A sua volta, la rendita è il valore che viene attribuito all’immobile e che costituisce il dato di riferimento per il calcolo delle imposte.

Inagibilità e inabitabilità: c’è differenza?
Nel momento in cui si parla di casa inagibile, è normale chiedersi se esistano o meno delle differenze rispetto all’immobile inabitabile, dal momento che nella normativa di riferimento i due termini vengono generalmente sempre accostati. 
Ebbene, la risposta è negativa: un fabbricato inagibile, di fatto, è nelle medesime condizioni di uno inabitabile. 
In proposito, il D.P.R. n. 380/2001, cd. Testo Unico dell’Edilizia, ha abbandonato la doppia terminologia parlando esclusivamente di immobili inagibili .

La definizione di inagibilità
Si definisce come inagibile il fabbricato che, per fattori che chiamano in causa l’integrità fisica e la salute delle persone che lo occupano, non è idoneo all’uso per il quale è stato inizialmente destinato. 
La definizione di “inagibile” può essere utilizzata in tutti i casi in cui, anche a fronte della concretizzazione di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, la condizione di obsolescenza a livello funzionale, tecnologico o strutturale non può essere superata. In tale contesto, non è consentito fruire dell’immobile, nemmeno per un uso diverso rispetto a quello a cui risultava originariamente destinato. 
In via esemplificativa, i criteri in presenza dei quali un edificio risulta inagibile sono i seguenti:


•    strutture orizzontali (solette, solai, tetti) lesionate in modo da creare pericolo a cose o persone, ovvero a rischio di crollo;
•    strutture verticali (pareti, muri portanti o perimetrali) lesionate in maniera tale da costituire pericolo a cose o persone, cioè a rischio di crollo parziale o totale;
•    caratteristiche dell’immobile tali da essere dichiarato come da demolire o da ripristinare;
•    incompatibilità all’uso per il quale era destinato;
•    mancanza di infissi;
•    mancanza di allacciamento alle opere di urbanizzazione primaria necessarie alla gestione della quotidianità negli spazi domestici;
•    precarie condizioni igienico sanitarie;
•    emissione di un’ordinanza di demolizione o di ripristino.

Ricordiamo che il mero distacco dalle utenze di energia elettrica e del gas non è sufficiente per parlare di casa inagibile. Trattasi, infatti, di un’evenienza riconducibile alle scelte del proprietario e che, per essere modificata, non richiede l’esecuzione di opere edilizie.

L’iter per la dichiarazione di inagibilità
In via generale possiamo affermare che la condizione di inagibilità viene accertata dagli esperti dell’Ufficio tecnico del Comune dove si trova l’unità immobiliare in questione, dietro istanza specifica presentata dal proprietario. 
L’ufficio tecnico procede quindi a verificare l’effettivo stato dell’immobile, redigendo una perizia il cui costo è a carico dal proprietario dell’unità.
Ultimata la perizia, se viene effettivamente riscontrata una situazione di inagibilità, l’ufficio tecnico rilascia una dichiarazione ad hoc. 
Non sempre però la procedura appena descritta è necessaria. La legge, infatti, prevede che non si segua tale percorso nelle ipotesi in cui, a causare l’inagibilità, sia stato un evento noto. In tal senso, la circostanza che si verifica più frequentemente è quella di calamità naturali.
Ma non solo. Alla definizione di “eventi noti” è possibile ricondurre pure le ordinanze di sgombero, delle quali gli uffici comunali hanno per forza di cose contezza. 
Doveroso è ricordare l’esistenza di un’ulteriore strada che porta alla dichiarazione di inagibilità: la presentazione da parte del proprietario dell’immobile di una dichiarazione sostitutiva in cui attesta di essere in possesso di una perizia che ne accerta l’inagibilità. In tal caso il contribuente dovrà allegare alla propria dichiarazione l’originale della perizia.

La denuncia di variazione catastale
Il contribuente che possiede un immobile inagibile può avviare la specifica procedura di variazione catastale. 
La denuncia di variazione, se inviata entro il 31 gennaio, è efficace per l’anno in cui la stessa è stata prodotta e per quelli successivi.
La variazione catastale comporta una riduzione della rendita che, a sua volta, permette un’agevolazione in fase di tassazione.
La denuncia di variazione non è necessaria se l’inagibilità è determinata da eventi calamitosi e tale condizione risulta dal certificato del Comune che attesta la distruzione ovvero l’inagibilità totale o parziale del fabbricato.

La commerciabilità di un immobile inagibile
Frequenti sono i dubbi se un immobile inagibile possa esser oggetto di compravendita.
Ricordiamo infatti che il certificato o la segnalazione di agibilità ha la funzione di garantire il rispetto dei requisiti minimi di salubrità, igiene e sicurezza dell’immobile, a tutela del diritto alla salute non solo del singolo occupante dell’immobile ma anche della collettività.
Sul punto è intervenuta la Corte di Cassazione, già con la sentenza n. 2294/2017, affermando che, in caso di inagibilità di un immobile, si deve parlare di “incommerciabilità economica” ma non giuridica. 
In sede di stipulazione del contratto di compravendita di un immobile sprovvisto dell’agibilità, infatti, le parti possono espressamente convenire di trasferire il bene a prescindere dall’esistenza di tale qualità . 
La Corte rileva come, nonostante in numerose pregresse sentenze si faccia riferimento alla incommerciabilità degli immobili sprovvisti di agibilità, in nessuna di queste pronunce si è mai effettivamente posta in contestazione la validità del negozio concluso. Al riguardo, basti considerare che è pacificamente ammessa la possibilità di agire ai sensi dell’art. 2932 c.c., al fine di ottenere una pronuncia giudiziale che produca gli effetti del contratto che le parti si sono obbligate a concludere in forza di un preliminare di vendita di un bene sprovvisto di agibilità.
L’unica eccezione individuata dalla giurisprudenza è costituita dall’ipotesi in cui l’assenza di agibilità comporti l’assoluta impossibilità di godimento del bene. In tal caso il negozio sarà infatti radicalmente nullo. Si tratta comunque di un’eventualità raramente rinvenibile nella pratica dei traffici immobiliari e destinata essenzialmente a costituire un caso di scuola.
Effettuate tali precisazioni, occorre chiarire perché allora la giurisprudenza faccia spesso riferimento alla incommerciabilità dei beni in tali ipotesi. Detta incommerciabilità assume infatti nelle pronunce una connotazione extra giuridica, comportando una valutazione in concreto, relativa alla minore appetibilità sul mercato di un immobile sprovvisto di agibilità e ai conseguenti ostacoli che si frappongono a una sua effettiva circolazione. Ciò in ragione dell’impossibilità dello stesso di soddisfare un bisogno tipico degli acquirenti di immobili, quale è appunto la destinazione del bene ad abitazione. L’orientamento giurisprudenziale pone dunque l’accento sulla funzione economico sociale del bene, la cui alterazione inciderebbe anche sui risvolti circolatori dello stesso.
A sostegno di tale lettura, è opportuno osservare che in alcune di tali pronunce si parla di “ridotta commerciabilità del bene” o di “problemi di commerciabilità”, rilevando come il difetto di agibilità comporti problemi alla “normale commerciabilità” del bene e ponendo al centro i “concreti bisogni che inducono il compratore all’acquisto”. Se dunque il bene, pur con maggiore difficoltà, può circolare, ne deriva che i relativi negozi saranno validi. Sulla base di quanto affermato è agevole concludere che un immobile sprovvisto dell’agibilità non è incommerciabile, subendo esclusivamente un deprezzamento rispetto al valore che avrebbe in caso contrario, sia in relazione all’impossibilità di pieno godimento dello stesso, che in considerazione delle spese che si renderanno eventualmente necessarie al fine dell’ottenimento dell’agibilità.
Per questi motivi, chi intende vendere un immobile trova più conveniente procedere preliminarmente ad una ristrutturazione edilizia, per rendere agibile la struttura. Non è un caso che il Legislatore preveda con una certa frequenza norme di favore ed agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni.

L’IMU sugli immobili inagibili 
Il presupposto per l’applicazione dell’IMU è il possesso di immobili, ad eccezione di quelli adibiti ad abitazione principale.
Pertanto, anche coloro che possiedono immobili inagibili o inabitabili di fatto, devono provvedere al pagamento dell’imposta, indipendentemente dal fatto che i predetti fabbricati non siano utilizzati. 
In proposito, il Legislatore ha avvertito l’esigenza di prevedere una norma che vada incontro alle obbiettive difficoltà dei possessori di immobili di fatto non usufruibili. Così, l’articolo 1, comma 747, lettera b), della L. 160/2019 stabilisce la riduzione della base imponibile del 50% per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni . Se il fabbricato è costituito da più unità immobiliari, catastalmente autonome e anche se con diversa destinazione, la riduzione è applicata alle sole unità dichiarate inagibili o inabitabili.
L’inagibilità o l’inabitabilità deve essere accertata seguendo una delle due procedure già sopra descritte ovvero mediante una perizia redatta dall’Ufficio tecnico comunale oppure attraverso la presentazione di una dichiarazione sostitutiva del proprietario
Affinché la riduzione possa essere applicata occorre poi che:


-     l’immobile non sia utilizzato, anche per usi difformi rispetto alla destinazione originaria ;
-     i fabbricati in questione non siano oggetto di interventi di demolizione o di recupero edilizio ai sensi dell’art. 3, lett. c), d) ed f), del D.P.R. 380/2001.

La riduzione della base imponibile ha trovato poi disciplina specifica nei regolamenti IMU dei singoli Comuni.
Il personale tecnico comunale provvederà ad accertare la sussistenza dei requisiti anche attraverso un sopralluogo che il proprietario si impegna ad autorizzare, pena la decadenza dell’eventuale beneficio.
Se le condizioni di inagibilità o inabitabilità sono state accertate da un’ordinanza sindacale, l’agevolazione fiscale è ammessa solo nel caso in cui siano rispettati i requisiti previsti dal regolamento IMU vigente, che devono, comunque, essere attestati attraverso la presentazione della dichiarazione sostitutiva. Se viene confermato il diritto all’agevolazione, lo stesso avrà effetto dalla data di presentazione della dichiarazione sostitutiva.
Nell’ipotesi in cui il fabbricato non disponga dei requisiti di inagibilità, gli uffici comunali emetteranno apposito provvedimento di diniego con effetto dal mancato riconoscimento del diritto all’agevolazione e conseguente conguaglio fiscale. Tale dichiarazione ha validità fino alla decadenza dei requisiti di inagibilità/inabitabilità. 
Nel caso in cui dovessero venir meno le condizioni richieste dalla legge per l’agevolazione in questione, dovrà essere dichiarata tale modifica agli uffici competenti tramite il modello di variazione IMU.

La TASI sugli immobili inagibili 
La disciplina TASI, imposta in vigore sino al 2020, non contiene alcuna indicazione circa la sua applicabilità in ipotesi di fabbricati inagibili. 
L’imponibile della TASI si determina con le medesime regole dell’IMU, il che porterebbe a concludere che anche in materia di TASI valgano le stesse norme di favore previste in materia di IMU per gli immobili inagibili.
Le norme agevolative, però, sono norme speciali e, in quanto tali, non possono trovare applicazione in fattispecie diverse da quelle per cui sono state previste. Pertanto, il dimezzamento della base imponibile prevista in materia di IMU non dovrebbe trovare applicazione nella TASI. 
Tuttavia, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha affermato che il richiamo alle regole di determinazione del l’imponibile IMU, contenute nella TASI, porta con sé anche la riduzione a metà per inagibilità e inabitabilità. Di conseguenza, occorrerà rispettare tutte le regole prescritte ai fini IMU, inclusa l’eventuale disciplina di fonte regolamentare adottata dal Comune.

La TARI sugli immobili inagibili
La situazione di inagibilità o inabitabilità ha importanti ricadute anche ai fini TARI.
In proposito, vale ricordare che sono soggetti a tassazione solo i locali e le aree che sono idonei alla formazione dei rifiuti e cioè quelli nei quali vi è la presenza continuativa dell’uomo. Per questo motivo, gli immobili inagibili o inabitabili sono a buon diritto esclusi da tassa, purché non siano comunque utilizzati e purché se ne dia notizia in una apposita denuncia di variazione.

IRPEF sugli immobili inagibili
Gli immobili inagibili o inabitabili per i quali si versa l’IMU non sono assoggettati all’IRPEF e alle relative addizionali (circolare Agenzia Entrate 11 marzo 2013, n. 5). 
Nel modello 730 o REDDITI PF, tuttavia, nei quadri B o RB, devono essere indicati tutti i fabbricati.

Agevolazioni “prima casa” in caso di immobile inagibile
Ai fini delle agevolazioni “prima casa” l’inagibilità dell’immobile o la sua inabitabilità rappresentano una di quelle cause di forza maggiore che libera il proprietario dall’obbligo di spostare la residenza pena la decadenza dal beneficio fiscale. 


Articolo di Lorella Martini

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