Novità in materia di accertamento di conformità e di strutture amovibili temporanee realizzate durante l’emergenza Covid-19
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Le novità in materia di accertamento di conformità
L’accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo, totale difformità o variazioni essenziali
In primo luogo, l’art. 36 del Testo Unico Edilizia è adesso rubricato “Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo, totale difformità o variazioni essenziali” e non, come prima, “Accertamento di conformità” (il motivo della modifica apparirà chiaro a breve).
Anche il testo ha subito numerose modifiche e, di conseguenza, è necessario avvalersi del seguente prospetto per meglio apprezzare le novità:
Vecchio testo |
Nuovo testo |
1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. |
1. In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali nelle ipotesi di cui all’articolo 31, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all’articolo 23, comma 01, o in totale difformità da essa o con variazioni essenziali , fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda. |
2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso. |
2. Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16. |
3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata. |
3. Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata. |
In primo luogo, l’accertamento di conformità ex art. 36 è attivabile per gli interventi realizzati:
In secondo luogo, rimane sempre necessaria la c.d. doppia conformità dell’intervento edilizio: quest’ultimo, cioè, deve rispettare le prescrizioni urbanistiche vigenti tanto al momento della realizzazione dell’abuso quanto al momento della presentazione della domanda.
L’accertamento di conformità il caso delle parziali difformità dal permesso di costruire, dalla SCIA alternativa e in caso di assenza o difformità della SCIA ordinaria
Esulano dall’art. 36 l’accertamento di conformità nei casi di parziali difformità dal permesso di costruire, dalla SCIA alternativa e di assenza o difformità della SCIA ordinaria, disciplinate dal nuovo art. 36-bis.
La difformità parziale dal permesso di costruire per le nuove costruzioni è prevista e regolata dall’art. 34 del TUE (applicabile anche ai casi di SCIA alternativa): si tratta di una categoria residuale, la cui nozione è stata chiarita dalla giurisprudenza amministrativa (1), secondo cui si configura la difformità parziale quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera.
Il nuovo art. 36-bis prevede che, in caso di esecuzione dei suddetti interventi, fino alla scadenza del termine di cui all’art. 34, comma 1, T.U. (di rimozione e/o demolizione degli abusi fissati nell’ordinanza del Dirigente o del responsabile dell’ufficio) e, comunque, fino all’irrogazione delle relative sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso (o l’attuale proprietario dell’immobile) può ottenere il permesso di costruire in sanatoria e/o presentare la SCIA in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda e ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento. In sintesi, in questi casi viene meno l’obbligo della c.d. doppia conformità come intesa nel caso dell’art. 36.
Ancora una volta, fondamentale è la figura del professionista tecnico: infatti, la richiesta del permesso di costruire e la SCIA in sanatoria devono essere accompagnate dalla dichiarazione del tecnico abilitato che attesti le necessarie conformità. In particolare, per quanto concerne la conformità edilizia, la dichiarazione è resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell’intervento.
L’epoca di realizzazione dell’intervento è provata mediante la documentazione prevista per la determinazione dello stato legittimo ex art. 9-bis, comma 1-bis, del T.U. (2). Nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione dell’intervento mediante detta documentazione, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la sua responsabilità.
L’ufficio tecnico può condizionare il rilascio del provvedimento di sanatoria o l’efficacia della S.C.I.A. in sanatoria, alla realizzazione, da parte del richiedente, entro il termine assegnato, degli interventi edilizi necessari ad assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, superamento delle barriere architettoniche e la rimozione delle opere che non possono essere sanate.
Aspetto delicato è quello procedurale, visto che la norma introduce il meccanismo del “silenzio assenso”: l’ufficio deve esprimersi motivatamente entro 45 giorni sull’istanza di rilascio del permesso di costruire, decorsi i quali la richiesta si intende accolta; per le SCIA, ovviamente, vale il termine dei 30 giorni di cui all’art. 19, comma 6-bis, della Legge n. 241/1990, trascorso il quale, in assenza di interventi da parte dell’ufficio, la SCIA si consolida.
Rimane sempre possibile intervenire dopo i termini tramite l’esercizio del potere di annullamento del provvedimento: tuttavia, in questi casi, è necessario che siano rispettate le condizioni di cui all’art. 21-nonies della Legge n. 241/1990, ossia:
Rimane possibile l’interruzione dei termini qualora l’ufficio rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale nei termini stessi; i termini decorrono nuovamente da zero dalla ricezione degli elementi istruttori.
In caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per la sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica le sanzioni del T.U.
Il rilascio del permesso in sanatoria e la presentazione della SCIA in sanatoria sono subordinati al pagamento di una sanzione pecuniaria pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile conseguente alla realizzazione degli interventi e, comunque, in misura compresa tra € 1.032,00 e € 30.987,00; eventuali sanzioni/oblazioni già pagate non potranno essere restituite.
Qualora gli interventi siano eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente.
Ancora, nel caso l’immobile sia soggetto a vincoli paesaggistici ma venga, comunque, accertata la compatibilità paesaggistica, si avrà una sanzione pari al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione (il relativo importo è determinato previa perizia di stima).
Tale possibilità, però, comporta un’inevitabile riflessione: considerato che l’autorizzazione paesaggistica postuma è consentita solo nel rispetto di rigidi paletti previsti dall’art. 167, comma 4 (3), del Codice dei beni culturali e del paesaggio (4), sarà interessante verificare come troverà concreta applicazione la nuova disposizione. A mio parere, serve una modifica del citato art. 167, comma 4, o, comunque, un intervento normativo che consenta di coordinare le due disposizioni.
Non può non rilevarsi un’altra difficoltà di interpretazione e coordinamento: con riferimento agli immobili vincolati sotto il profilo paesaggistico, l’art. 32, comma 3, del Testo Unico Edilizia dispone che gli interventi realizzati con variazioni essenziali su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli 31 e 44; mentre tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali. Di conseguenza, sembra che non ci sia spazio, in questi casi, per le parziali difformità.
Appare evidente che la volontà di predisporre velocemente il testo del decreto salva-casa abbia determinato inevitabili problematiche di coordinamento che, con ogni probabilità, saranno affrontate in sede di conversione.
Infine, nel caso di interventi in parziale difformità non sanabili e non demolibili senza pregiudizio per la parte conforme, la sanzione applicata è pari al triplo (e non più al doppio) del costo di produzione, se ad uso residenziale; al triplo (e non più al doppio) del valore venale, se ad uso diverso.
Le novità in materia di strutture amovibili temporanee realizzate durante l’emergenza Covid-19
L’art. 2 del decreto, che non modifica il Testo Unico Edilizia, consente il mantenimento, in deroga al limite massimo dei 180 gg. previsto dall’art. 6 del Testo Unico per le opere temporanee, delle strutture amovibili realizzate durante l’emergenza Covid-19 per finalità sanitarie, assistenziali ed educative, al ricorrere di alcune condizioni:
L’interessato dovrà presentare una CILA al Comune, indicando le comprovate e obiettive esigenze di mantenimento e l’epoca di realizzazione della struttura.
Il Comune può richiedere la rimozione delle strutture non conformi con provvedimento motivato. Restano salvi di diritti dei terzi.
I locali di somministrazione di bevande e cibi non potranno usufruire della norma.
Articolo di Mario Petrulli
(1) Consiglio di Stato, sez. VI, sent. 30 marzo 2017, n. 1484.
(2) Si rinvia alla prima parte dell’approfondimento, pubblicato nei giorni scorsi.
(3) “L'autorità amministrativa competente accerta la compatibilità paesaggistica, secondo le procedure di cui al comma 5, nei seguenti casi:
a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;
c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell'articolo 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.”
(4) Decreto Legislativo n. 42/2004.
--> Per approfondire alcuni aspetti:
presentata dal geom. Salvatore Di Bacco
Le prime indicazioni della giurisprudenza
Il Quaderno 56 dell'Anci: guida per gli operatori di Comuni e Città metropolitane
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