Approfondimento sulle modifiche al Codice dei Contratti previste dal “Dl Infrastrutture”
ANCI – 29 maggio 2025
Le novità in materia di distanze contenute nella legge n. 55/2019
Servizi Comunali Attività edilizia Attività ediliziaApprofondimento di Mario Petrulli
LE NOVITÀ IN MATERIA DI DISTANZE CONTENUTE NELLA LEGGE N. 55/2019
Mario Petrulli
La recente Legge 14 giugno 2019 n. 55[1], di conversione del c.d. Decreto Sblocca Cantieri, ha modificato l’art. 2-bis[2] del Testo Unico Edilizia[3] con l’inserimento dei nuovi commi 1-bis e 1-ter.
Come è noto, l’art. 2-bis, introdotto qualche anno addietro[4], consente alla legislazione regionale di prevedere distanze disposizioni derogatorie rispetto a quelle previste dal DM n. 1444/1968 e sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali. Ed in effetti alcune Regioni hanno previsto norme derogative: ad esempio, la L.R. Piemonte 4 ottobre 2018 n. 16, contenente Misure per il riuso, la riqualificazione dell’edificio e la rigenerazione urbana, consente, in determinati contesti, densità fondiarie, indici di copertura, altezze superiori rispetto a quelle previste dal citato DM n. 1444/1968 maggiori e distanze inferiori[5].
Con il nuovo comma 1-bis si forniscono le linee guida alle Regioni nella individuazione delle disposizioni adottabili: le norme regionali devono essere finalizzate a orientare i Comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio. In altri termini, le norme regionali devono fornire indicazioni ai Comuni rispetto ai tre parametri appena ricordati e, comunque, solo per le zone urbane già oggetto di consolidamento edilizio, ossia già urbanizzate.
Il nuovo comma 1-ter è, per certi aspetti, più interessante, perché rappresenta il classico esempio di positivizzazione di un orientamento giurisprudenziale già esistente. La norma, in sostanza, afferma che la demolizione e ricostruzione di un edificio è sempre consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo.
Si tratta di un principio che era già stato affermato dalla giurisprudenza: ed infatti, il Consiglio di Stato, sez. IV, nella sent. 12 ottobre 2017, n. 4728, aveva osservato che “nel caso in cui il manufatto che costituisce il risultato di una ristrutturazione edilizia venga comunque ricostruito con coincidenza di area di sedime e di sagoma, esso – proprio perché “coincidente” per tali profili con il manufatto preesistente – potrà sottrarsi al rispetto delle norme sulle distanze innanzi citate, in quanto sostitutivo di un precedente manufatto che già non rispettava dette distanze (e magari preesisteva anche alla stessa loro previsione normativa). Come questa Sezione ha avuto modo di osservare (Cons. Stato, sez. IV, 14 settembre 2017 n. 4337), “la disposizione dell’art. 9 n. 2 D.M. n. 1444 riguarda “nuovi edifici”, intendendosi per tali gli edifici (o parti e/o sopraelevazioni di essi: Cons. Stato, sez. IV, 4 agosto 2016 n. 3522) “costruiti per la prima volta” e non già edifici preesistenti, per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse”. Quindi, le distanze legittimamente preesistenti sono quelle previste da norme locali in essere prima dell’entrata in vigore del DM n. 1444/1968.
L’art. 1 ter nulla dice riguardo l’ipotesi in cui la demolizione e ricostruzione, pur mantenendo la medesima aree di sedime, comporti un volume inferiore: ebbene, per la regola generale secondo cui “il più contiene il meno”, sembra corretto ritenere che anche in questo caso sia possibile il mantenimento della distanza inferiore preesistente. Ovviamente, a soluzione diversa deve pervenirsi nell’ipotesi opposta in cui la ricostruzione genera un volume maggiore e non sarà possibile, quindi, invocare l’art. 1 ter al fine di mantenere la preesistente distanza inferiore; stesso discorso vale anche nel caso in cui non fosse rispettata l’area di sedime.
La Legge n. 55/2019, infine, all’art. 5 comma 1, lett. b-bis), contiene l’interpretazione autentica dell’art. 9, commi 2 e 3, del citato DM n. 1444/1968: tali disposizioni “si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alle zone di cui al primo comma, numero 3), dello stesso articolo 9”, ossia alle zone di espansione, vale a dire le zone territoriali omogenee C[6]. L’esclusione delle zone A e B al rispetto delle distanze minime previste dall’art. 9 del DM 1444/1968 è chiaramente finalizzata alle operazioni di rigenerazione urbana.
2 luglio 2019
[1] Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, recante disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l'accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici, G.U. n. 140 del 17-6-2019.
[2] Art. 2-bis - Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati
1. Ferma restando la competenza statale in materia di ordinamento civile con riferimento al diritto di proprietà e alle connesse norme del codice civile e alle disposizioni integrative, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono prevedere, con proprie leggi e regolamenti, disposizioni derogatorie al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e possono dettare disposizioni sugli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, a quelli produttivi, a quelli riservati alle attività collettive, al verde e ai parcheggi, nell’ambito della definizione o revisione di strumenti urbanistici comunque funzionali a un assetto complessivo e unitario o di specifiche aree territoriali.
1-bis. Le disposizioni del comma 1 sono finalizzate a orientare i comuni nella definizione di limiti di densità edilizia, altezza e distanza dei fabbricati negli ambiti urbani consolidati del proprio territorio.
1-ter. In ogni caso di intervento di demolizione e ricostruzione, quest’ultima è comunque consentita nel rispetto delle distanze legittimamente preesistenti purché sia effettuata assicurando la coincidenza dell’area di sedime e del volume dell’edificio ricostruito con quello demolito, nei limiti dell’altezza massima di quest’ultimo.
[3] DPR n. 380/2001.
[4] Articolo aggiunto con il D. L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98.
[5] Cfr., in particolare, gli artt. 4 e 5.
[6] Ricordiamo che per le zone C il DM n. 1444/1968 dispone che:
“[…] è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml. 12.
Le distanze minime tra fabbricati, tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti), debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di:
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Risposta dell'Avv. Mario Petrulli
Presentata dalla dott.ssa Grazia Benini e da Gioele Dilevrano
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