SINTESI DEGLI INTERVENTI INTRODOTTI DALLA LEGGE DI BILANCIO 2018 PER L’AREA TRIBUTI ENTI LOCALI
Gianluca Russo
Con legge 27 dicembre 2017 n. 205 “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020, pubblicata nella GU Serie Generale n.302 del 29-12-2017 Supplemento Ordinario n. 62, è stata approvata la legge di bilancio per il 2018.
Un solo articolo, 1247 commi
La nuova legge di bilancio, almeno nelle intenzioni iniziali del Legislatore, si proponeva di confermare e contemporaneamente snellire il sistema tributario locale, di fatto, i commi del nuovo testo presentano disposizioni normative in regime di “proroga” rispetto all’anno finanziario appena trascorso, con poche novità di rilievo ma solo qualche apertura a sostegno delle situazioni più critiche.
Il blocco della potestà impositiva in piena continuità con quanto già previsto nella legge di stabilità n. 208/2015 (stabilità 2016) prima, e poi riproposto nella Legge di Bilancio n. 232/2016 (Legge di bilancio 2017), conferma la volontà del Legislatore di voler “calmierare” l’andamento cronicamente tendente al rialzo della pressione fiscale a livello locale che dai dati dell’ultima relazione della Corte dei Conti in tema di coordinamento di finanza pubblica, si attesta su percentuali pari al 56%.
Tale blocco, che deve intendersi esteso anche all’aumento indiretto della pressione fiscale (esempio mancata conferma di aliquote agevolative), deve essere analizzato sulla base delle deroghe ammesse
Seppure i temi trattati sono stati di svariata natura, l’attenzione degli addetti ai lavori, si è principalmente concentrata su due disposizioni (la prima sin dalla redazione dello schema iniziale di legge, apparse controversa e a dir poco discutibile):
l’iscrizione all’albo ministeriale di quelle imprese che svolgono attività di supporto all’accertamento ed alla riscossione delle entrate;
l’estensione della deroga ai coefficienti delle tariffe dei rifiuti e il rinvio di un anno dell’obbligo di tenere conto dei fabbisogni standard.
La prima, nella versione definitiva della legge n. 205/2017 sarà poi definitivamente abbandonata, la determinazione delle tariffe della tassa sui rifiuti invece, per
l’anno 2018 potrà continuare a “godere” della facoltà di deroga ai coefficienti di
produttività dei rifiuti, oltre che dell’incidenza dei fabbisogni standard.
Invero, l’articolo 1, comma 652, della legge n. 147/2013 ha
consentito ai Comuni, nella determinazione dei coefficienti per il calcolo
della quota variabile delle utenze domestiche (Kb) e delle quote fissa e
variabile delle utenze non domestiche (Kc e Kd) per il periodo 2014-2017, di
derogare ai limiti massimi e minimi stabiliti dalle tabelle allegate al Dpr n.
158/1999, nella misura massima del 50% del loro ammontare. Inoltre, per il
medesimo periodo, è stata data facoltà ai Comuni, nel calcolo della quota fissa
delle utenze domestiche, di non considerare i coefficienti Ka, vale a dire di
determinare tale quota senza tenere conto dell’incidenza del numero degli
occupanti, basandola solo sulla superficie del locale.
Dette disposizioni derogatorie risultano prorogate con la legge di bilancio 2018, con la conseguenza che tutti i Comuni potranno continuare con i parametri di legge in uso descritti nel paragrafo precedente.
Pertanto si ritiene estesa di un anno tale facoltà di deroga ai coefficienti del metodo normalizzato di calcolo della Tari, mentre slitta di un anno l’obbligo di tenere conto dei fabbisogni standard, di contro nessun intervento, come invece da molti
auspicato, sulla annosa questione degli errati calcoli a danno dei
contribuenti.
In merito alla discrezionalità nella scelta dei coefficienti, anche recentemente la
giurisprudenza ha evidenziato come gli enti non abbiano un obbligo di
motivazione se rispettano i limiti imposti dalla legge (Tar Lecce, sentenza n.
486/2016, nella Tarsu Cassazione sentenza n. 11966/2016-8351/2015-7044/2014),
pur se in presenza di precedenti pronunce in senso contrario (Consiglio di
Stato, sentenza n. 5616/2010).
La facoltà derogatoria di cui sopra interessava anche i coefficienti impiegati per le tariffe delle utenze domestiche, con il rischio che il suo superamento determini nel 2018 un incremento del prelievo nei confronti delle famiglie più numerose. Con i piani finanziari 2018 doveva applicarsi anche la norma del comma 653 dell’articolo 1 della legge 147/2013, in base alla quale “a partire dal 2018, nella determinazione dei costi di cui al comma 654, il comune avrebbe dovuto avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard”. La norma si riferisce ai fabbisogni approvati con il Dpcm 29dicembre 2016, il quale ha fornito, tra l’altro, le specifiche tecniche
utilizzate per il calcolo del fabbisogno standard relativo al servizio di
gestione dei rifiuti. Tutto ciò descritto però viene nuovamente posticipato di un anno.
Sul versante finanziario, la moltitudine di emendamenti, hanno inciso su diversi settori di interesse:
alleggerimento dei vincoli sulla spesa corrente;
nuovi spazi finanziari e nuove risorse per investimenti;
semplificazioni per i piccoli comuni e ampliamento del turn over;
sblocco delle assunzioni;
norme finalizzate al miglioramento della situazione degli enti in predissesto e dissesto finanziario;
norme per i comuni colpiti dal sisma;
proposte in materia di debito, di tesoreria e di riscossione locale.
Tra questi, sicuramente quello più atteso, non foss’altro perché rischiava di “ingessare” irreparabilmente il circuito della spesa corrente, è stato quello della riduzione delle percentuali di accantonamento obbligatorio al Fondo crediti di dubbia esigibilità.
Nel 2018, la percentuale da accantonare, precedentemente prevista era dell’85% per salire al 100% dal 2019.
La manovra 2018 definisce un percorso più graduale: 75% nel 2018, 85% nel 2019, 95% nel 2020 e 100% nel 2021.
Una disposizione (tanto attesa quanto insperata) quantificabile in quasi 300 milioni di euro di risparmio per il 2018, che permetterà a non pochi Enti di evitare il dissesto finanziario. Tra l’altro, tale novità si aggiunge a quella già prevista nel testo del governo, che consentirà di finanziare il fondo di competenza con le quote di avanzo svincolate dall'omologo accantonamento operato in sede di rendiconto e che rappresenta un parziale accoglimento delle richieste dell'Anci bocciate dalla commissione Arconet.
Come non far cenno infine alla previsione che porta da 10 a 20 anni i tempi concessi agli enti locali più in difficoltà per riportare in equilibrio i propri bilanci. La novità interviene sul «pre-dissesto», il meccanismo costruito nel 2012 dal governo Monti per evitare i fallimenti a catena che rischiavano di innescarsi in tanti Comuni, soprattutto del Sud, mentre tutti gli occhi dei mercati erano puntati sul nostro debito pubblico. Quando un Comune o una Provincia aderisce al pre-dissesto, deve mettere in programma un piano di risanamento che riporti i conti in equilibrio strutturale: un “fondo rotativo”, cioè un prestito statale (massimo 300 euro ad abitante per i Comuni, 20 euro per le Province) da restituire nell’arco del piano, aiuta a far partire la macchina, e obbliga ad alzare al massimo le aliquote dei tributi locali (Imu, Tasi e addizionale Irpef per i Comuni) e le tariffe, e a ridurre le spese per il personale e per gli acquisti di beni e servizi.
In ogni caso, gli aspetti di maggior interesse dell’area tributi, desumibili dalla Legge n. 205/2017, possono essere così riassunti:
Estensione al 2018 del potere di incremento dei tributi locali ad eccezione delle deroghe ammesse (entrate patrimoniali di diritto pubblico e di diritto privato);
Conferma della maggiorazione TASI
Estensione al 2018 della deroga dei coefficienti TARI
La soppressione della norma che prevedeva il requisito di iscrizione all’albo della riscossione per l’espletamento dei servizi di supporto
La riduzione della prescrizione a due anni per il servizio gas, luce e idrico
Modifiche al servizio di notificazione a mezzo della posta al fine di completare la liberalizzazione dei servizi postali
L’attribuzione delle funzioni in materia di rifiuti e tariffa all’ARERA
Suolo pubblico-Bolkestein
Estensione al 2018 del potere di incremento dei tributi locali ad eccezione delle deroghe ammesse (entrate patrimoniali di diritto pubblico e di diritto privato)
Il comma 37 dell’articolo 1 della legge 205/2017 prevede che all’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 26, le parole: «e 2017» sono sostituite dalle seguenti: «2017 e 2018» e dopo il primo periodo è aggiunto il seguente «Per l’anno 2018 la sospensione di cui al primo periodo non si applica ai comuni istituiti a seguito di fusione ai sensi degli articoli 15 e 16 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n 267, al fine di consentire, a parità di gettito, l’armonizzazione delle diverse aliquote »
b) al comma 28, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Per l’anno 2018, i comuni che hanno deliberato ai sensi del periodo precedente possono continuare a mantenere con espressa deliberazione del consiglio comunale la stessa maggiorazione confermata per gli anni 2016 e 2017».
In sostanza la lettera a) conferma per l’anno 2018, il principio già espresso nella legge di stabilità 208/2015 (stabilità 2016) all’art. 1 comma 26 poi ripreso nel 2017 dalla Legge di bilancio n. 232/2016, ovvero:
“al fine di contenere il livello complessivo della PRESSIONE TRIBUTARIA, in coerenza con gli equilibri generali di finanza pubblica”, la SOSPENSIONE per l'anno 2018 DELL’EFFICACIA delle leggi regionali e delle deliberazioni degli enti locali nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti alle regioni e agli enti locali con legge dello Stato rispetto ai livelli di aliquote o tariffe”
Invero, il comma 37 estende al 2018 il divieto di rivedere in aumento i tributi di regioni, enti di area vasta e comuni. La misura risale alla legge di stabilità 2016 ed è stata successivamente estesa al 2017 dalla legge 232/2016. Nuovo stop, quindi, agli incrementi delle aliquote (anche se già deliberati), all'istituzione di nuovi prelievi, ovvero alla cancellazione di agevolazioni.
Quindi i Comuni non potranno nel 2018 aumentare la pressione fiscale a livello locale, a meno che gli aumenti non rientrino nelle deroghe specifiche, anch’esse già previste nelle precedenti Leggi di stabilità, quali:
Tari (causa copertura pef);
Enti in dissesto o pre-dissesto finanziario
Considerato inoltre che tale disposizione riguarda i tributi locali e le addizionali, non sono soggette al blocco degli aumenti, altresì:
le (COSAP-TARI CORR-SERVIZI A DOMANDA INDIVIDUALE);
le entrate patrimoniali di diritto privato (CANONE IDRICO-CANONI ALLOGGI COMUNALI).
Da sottolineare in ogni caso, che la predetta proroga del blocco degli aumenti dei tributi locali, per espressa previsione dell’art. 1 comma 37, non si applica ai comuni istituiti mediante fusione, ma solo al fine di consentire, a parità di gettito, l'armonizzazione delle diverse aliquote applicate sul rispettivo territorio.
Ciò però, come detto, solo «al fine di consentire, a parità di gettito, l'armonizzazione delle diverse aliquote». La portata di tale inciso non è chiarissima, perché in teoria il blocco è perfettamente conciliabile con l'esigenza di armonizzazione del prelievo sulle diverse porzioni di territorio accorpate in un unico municipio, essendo sufficiente applicare a tutti i contribuenti le aliquote più basse fra quelle introdotte dai comuni ante fusione.
Inoltre, occorre ricordare che già il comma 132 della legge Delrio (l 56/2014) consente ai comuni fusi di «mantenere tributi e tariffe differenziati per ciascuno dei territori degli enti preesistenti alla fusione non oltre il quinto esercizio finanziario del nuovo comune». C'è da attendersi, quindi, che le nuova norma susciterà qualche dubbio applicativo, che dovrà essere affrontato a colpi di circolari e risoluzioni dal Mef e di sentenze da parte delle commissioni tributarie. Nessuna deroga, invece, è stata prevista per eventuali interventi espansivi adottati in sede di salvaguardia degli equilibri, come in teoria prevedrebbe l'art. 193 del Tuel con una norma che, però, è pacificamente considerata inidonea a derogare al blocco (si veda, da ultimo, la risoluzione del Dipartimento finanze n. 1 del 29 maggio 2017).
La conseguenza è che molte amministrazioni si troveranno costrette a intraprendere la strada della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, laddove non riescano a ripristinare gli equilibri mediante i soli tagli di spesa.
Conferma della maggiorazione TASI
Il precitato art. 1 comma 37 alla lettera “b” prevede anche per l’anno 2018 la possibilità per i Comuni, della conferma della Maggiorazione TASI già disposta nel 2016 e 2017 (0,8 per mille)in ogni caso da confermarsi con ESPRESSA DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO COMUNALE se già deliberata l’anno precedente.
Estensione al 2018 della deroga dei coefficienti TARI
Il comma 38 dell’articolo 1 della legge 205/2017 prevede che all’articolo 1, comma 652, terzo periodo, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, le parole: « e 2017 » sono sostituite dalle seguenti: « 2017 e 2018 ».
In sostanza, nelle more della revisione del DPR 158/1999, il comune può ancora prevedere, anche per il 2018, l'adozione dei coefficienti di cui alle tabelle 2, 3a, 3b, 4a e 4b all 1 DPR 1999 n.158(Kb-Kc-Kd) inferiori ai minimi o superiori ai massimi del 50 %, e può altresì non considerare i coefficienti di cui alle tabelle 1a e 1b (Ka)
Viene prorogata al 2018 la modalità di commisurazione della Tari da parte dei comuni sulla base di un criterio medio-ordinario (ovvero in base alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte) e non sull'effettiva quantità di rifiuti prodotti (c.d. “metodo normalizzato”).
Gli Enti locali, devono tenere conto anche (per la prima volta) dei fabbisogni standard.
Il comma 38 estende di un anno la facoltà per i comuni che applicano il cosiddetto metodo normalizzato di disapplicare i coefficienti Ka, di cui all'allegato 1 al dpr 158/1999, da utilizzarsi per il calcolo della quota fissa della tariffa delle utenze domestiche, e di adottare, nel calcolo della quota variabile della tariffa delle utenze domestiche, nonché della quota fissa e di quella variabile delle utenze non domestiche, valori dei coefficienti Kb, Kc e Kd inferiori fino al 50% dei limiti minimi o superiori fino al 50% dei limiti massimi previsti dal citato dpr 158/1999. Si tratta di misure che hanno l'obiettivo di evitare un conto troppo pesante ad alcune categorie di produttori di rifiuti, che però in questo modo pagano meno di quanto dovrebbero in base al loro indice di produttività. Visto l'obbligo di copertura integrale dei costi che caratterizza la Tari, ciò significa che altre categorie pagano di più.
Anche in tal caso, il parlamento ha però preferito lasciare le cose come già stavano per altri 12 mesi, anche di nuovo, verosimilmente, per evitare ripercussioni sulle scelte di voto di coloro che avrebbero visto il loro conto salire (e di molto). Siccome la proroga delle deroghe entrerà in vigore dal 1° gennaio 2018, gli enti che hanno già approvato il bilancio 2018-2020 non hanno potuto tenerne conto: in tali casi, sarà necessario modificare i piani entro il termine per l'approvazione del bilancio (prorogato, come noto, al 28 febbraio), con inutile duplicazione degli adempimenti.
Non risulta, invece, rinviato l'obbligo, previsto dal comma 653 della stessa legge n. 147/2013, di avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard, che pertanto devono essere considerati nel piano finanziario.
Il vero problema però risiede nel fatto che non risulta per nulla chiaro come ciò possa avvenire, vista la mancata corrispondenza tra gli elementi di costo considerati nel conteggio dei fabbisogni standard e le voci del piano finanziario previste dal dpr 158/1999.
A partire dal 2018 quindi, nella determinazione dei costi di cui al co.654, il comune deve avvalersi anche delle risultanze dei fabbisogni standard
In ogni caso deve essere assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio, ricomprendendo anche i costi di cui all’art.15 D.Lgs. 2003 n.36, ad esclusione dei costi relativi ai rifiuti speciali al cui smaltimento provvedono a proprie spese i relativi produttori comprovandone l'avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente.
Soppressione della norma che prevedeva il requisito di iscrizione all’albo della riscossione per l’espletamento dei servizi di supporto
Il comma 39 dell’articolo 1 della legge di bilancio 205/2017 prevede all’articolo 1, comma 11, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, il secondo periodo è soppresso.
Tale articolo, che ha fatto tanto discutere prima dell’approvazione della Legge n.205/2017, risulta abrogato, in ogni caso prevedeva:
Per la tutela dell’integrità dei bilanci pubblici e delle entrate degli enti territoriali, nonché nel rispetto delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all’accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate sono affidate a soggetto iscritti all’albo previsto dall’articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.
A seguito di tale abrogazione quindi, le attività di supporto propedeutiche all’accertamento e alla riscossione delle entrate degli enti locali e delle società da essi partecipate possono essere affidate anche ai non iscritti all’albo
L’albo disciplinato dall’articolo 53 del d.lgs. n. 446/1997 è funzionale al solo svolgimento delle funzioni previste dall’articolo 52 dello stesso d.lgs. n. 446/1997. Infatti il legislatore ha inteso tutelare gli enti pubblici che decidano di affidare a terzi le attività di accertamento e riscossione dei tributi e di tutte le entrate prevedendo che dette attività possano essere affidate a soggetti dotati di particolari requisiti di idoneità professionale e di dotazione finanziaria. La norma ha rilevanza quindi solo per la gestione in affidamento, tramite concessione, delle attività di accertamento e riscossione dei tributi e delle entrate. L’articolo 52 del d.lgs. n. 446/1997 non contempla i servizi di supporto alla gestione diretta dei tributi. Nel caso in cui l’Ente decida di gestire all’interno i tributi e le entrate per potere addivenire all’attuazione della pretesa tributaria può avere necessità di essere supportato nello svolgimento di attività propedeutiche all’accertamento ed alla riscossione dei tributi. Tali attività sono sempre svolte senza alcuna rilevanza esterna, senza maneggio di danaro e si sostanziano in una serie di prestazioni che hanno ad oggetto, a titolo esemplificativo elaborazioni informatiche, predisposizione stampa ed imbustamento di atti, etc. Tutte le attività di supporto sono svolte sotto la responsabilità ed il coordinamento del funzionario responsabile dell’ente. In materia, vi è unanime riconoscimento da parte della giurisprudenza amministrativa e dell’ANAC sul fatto che per le attività meramente strumentali all’attuazione della pretesa tributaria non può essere richiesta dagli Enti l’iscrizione all’albo che si giustifica solo ove si provvede a trasferire a terzi soggetti lo svolgimento delle attività di accertamento e di riscossione.
Interventi relativi alla prescrizione a due anni per il servizio gas, luce e idrico
Il comma 4 dell’articolo 1 prevede che “Nei contratti di fornitura di energia elettrica e gas, il diritto al corrispettivo si prescrive in due anni, sia nei rapporti tra gli utenti domestici o le microimprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, o i professionisti, come definiti dall’articolo 3, comma 1, lettera c), del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e il venditore, sia nei rapporti tra il distributore e il venditore, sia in quelli con l’operatore del trasporto e con gli altri soggetti della filiera. Nei contratti di fornitura del servizio idrico, relativi alle categorie di cui al primo periodo, il diritto al corrispettivo si prescrive in due anni.
Si rammenta che le disposizioni si applicano a partire dal primo marzo 2018 per il settore elettrico, e dal primo gennaio 2019 per il settore del gas.
Nei contratti di fornitura relativi al servizio idrico, la prescrizione di due anni vale solo nei rapporti con utenti domestici e micro imprese e troverà applicazione dal primo gennaio 2020
Legge n.890/1982 - modifiche al servizio di notificazione a mezzo della posta al fine di completare la liberalizzazione dei servizi postali
La legge di bilancio riserva importanti modifiche alla legge 20 novembre 1982 n. 890 scritte nel complesso comma 461 dell’articolo 1, per dare completa attuazione al processo di liberalizzazione della comunicazione a mezzo posta, delle notificazioni di atti giudiziari e di violazioni del Codice della strada, previsto dall’ultima legge annuale per il mercato e la concorrenza (legge n. 124 del 2017). Numerose le modifiche apportate in diversi articoli della legge sulla notifica mediante modalità atti giudiziari, che comprende l’obbligo di indicare la pec per i soggetti obbligati ad averla
Da Autorità per l’energia elettrica, gas e servizio idrico ad Autorità di regolazione per energia e reti e ambiente (ARERA).
La legge di bilancio, al comma 527-528-529 e 530 dell’articolo 1 ridisegna le competenze dell’autorità per l’energia elettrica il gas ed il sistema idrico che diventa Autorità di regolazione per energia e reti e ambiente (ARERA). Si ampliano in tal modo anche le competenze dell’Autorità, che avrà il compito aggiuntivo di migliorare il sistema di regolazione del ciclo dei rifiuti e garantire l’adeguamento infrastrutturale agli obiettivi imposti dalla normativa comunitaria, compresa la predisposizione e aggiornamento del metodo tariffario dei corrispettivi
Suolo pubblico- Bolkestein
Le concessioni di suolo pubblico per i commercianti ambulanti resteranno valide fino a dicembre 2020. Viene così rimandata ancora la piena attuazione della direttiva europea che prende il nome da Fits Bolkestein.
Rottamazione bis 2018
per le cartelle di pagamento notificate dal 1° gennaio al 30 settembre 2017 e riapertura dei termini della sanatoria anche alle vecchi cartelle ma solo in alcuni casi, sono queste alcune delle importanti novità contenute all’articolo 1 del Decreto fiscale collegato alla Legge di Bilancio 2018, D.L. n. 148/2017 in merito all’estensione della definizione agevolata dei carichi.
In sostanza, quella che da più parti viene definita “rottamazione bis”, non è altro che il proseguimento anche nel 2018 del beneficio fiscale introdotto l'anno scorso disciplinato dall’articolo 6 del D.L. n. 193/2017, convertito con modificazioni nella legge 225/2017, che ha riconosciuto la possibilità per i contribuenti di optare, previa apposita domanda, della definizione agevolata dei carichi affidati all’Agenzia della Riscossione e notificati dal 1° gennaio 2000 e il 31 dicembre 2016.
Aderendo alla sanatoria, il contribuente, ha potuto ottenere un forte sconto sul debito con l’azzeramento delle sanzioni e degli interessi di mora e pagando solo la sorta capitale del tributo, gli interessi affidati all’agente della riscossione e l’aggio, spese per notifica delle cartelle ed eventuali procedure esecutive.
Ora, con il nuovo decreto fiscale 2018 collegato alla Legge di Bilancio, il Governo, ha voluto riprendere nuovamente la rottamazione cartelle al fine di trovare nuove e sicure risorse necessarie al bilancio, ma con qualche differenza rispetto al primo condono.
Alla rottamazione bis 2018, potranno aderire tutti, anche chi non ha presentato la domanda di adesione alla prima edizione della definizione agevolata prevista dal D.L. n. 193/2016.
1) I contribuenti che non hanno aderito al primo condono delle cartelle notificate dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2016, possono farlo ora, entro il 15 maggio 2018. Ciò significa che i contribuenti possono aderire alla definizione agevolate delle cartelle notificate dal 2000 al 30 settembre 2017.
In caso di rateizzazione dell’importo condonato, il numero di rate massimo è 5, recanti scadenze:
Luglio 2018;
Settembre 2018;
Ottobre 2018;
Novembre 2018;
Febbraio 2019.
2) i contribuenti che hanno aderito alla prima edizione della rottamazione ma non hanno provveduto al pagamento delle rate di luglio e di settembre, possono rientrare nella rottamazione se provvedono a pagare le rate omesse entro il 7 dicembre 2017 (non più entro il 30 novembre).
3) Per coloro che hanno partecipato alla prima rottamazione ma ne sono stati esclusi perché non hanno pagato le rate successive, possono rientrare nella nuova rottamazione bis se:
In ogni caso, si rammenta che la scadenza per aderire alla rottamazione è il 15 maggio 2018, per tutti colore che aderiranno alla rottamazione
8 gennaio 2018
Risposta del Dott. Ennio Braccioni
Delibera del Consiglio dei Ministri – 30 aprile 2025
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