La tutela effettiva del whistleblower (il dipendente pubblico che segnala illeciti) da pratiche ritorsive

Alcuni appunti di commento alla Sentenza della Corte di Cassazione Sez. lavoro del 09/05/2024, n. 12688

Servizi Comunali Anticorruzione Procedimenti disciplinari Whistleblowing Whistleblowing
di Amato Daniel
26 Giugno 2024

 

Il whistleblowing è un termine di matrice anglosassone utilizzato per identificare la segnalazione da parte di un dipendente pubblico di illeciti, irregolarità o comportamenti antitetici all'interno di un'organizzazione. Chiunque faccia una segnalazione di questo tipo è chiamato "whistleblower" (o segnalante).

In Italia, la tutela dei whistleblowers, già prevista e delineata dalla disciplina di cui all’art. 54 bis D.lgs. 165/2001, è stata rafforzata dal Decreto Legislativo n. 24 del 2023, che recepisce la Direttiva Europea 2019/1937. La nuova normativa garantisce ai segnalanti una protezione da ritorsioni e discriminazioni da parte del datore di lavoro.

Le segnalazioni possono essere fatte attraverso diversi canali:

  • Canali interni: le organizzazioni sono obbligate a predisporre canali di segnalazione interna, come una piattaforma online o un numero verde.
  • Autorità competenti: a seconda della tipologia di illecito è possibile segnalare alle autorità competenti, come la Polizia Giudiziaria, l'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), o le Autorità di Vigilanza.
  • Canali di informazione: in casi estremi, i whistleblowers possono rivolgersi ai media per denunciare gravi illeciti.

Il Legislatore, dunque, stabilisce chiaramente che il pubblico dipendente e chiunque entri in contatto con la P.A. (Operatori Economici, Consulenti, Cittadini), ai fini di mantenere l'integrità pubblica, può segnalare al Responsabile Prevenzione Corruzione e Trasparenza, all’ANAC o all’Autorità giudiziaria ordinaria o contabile, condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza nello svolgimento del proprio lavoro e/o in relazione al rapporto intercorrente con la pubblica amministrazione.

Di tal guisa, possiamo affermare, anche ai sensi di quanto stabilito ex plurimis dal Consiglio di Stato Sez. I, 24 marzo 2020, n. 615, che all'interno di ciascuna amministrazione l'unico soggetto deputato a ricevere le segnalazioni di whistleblowing è il Responsabile Anticorruzione. Ovviamente una segnalazione svolta al dirigente, superiore gerarchico, o al Responsabile del Settore della Stazione Appaltante (nel caso di appalti), può assurgere a fonte informativa di fatto rilevante ai fini del rischio corruzione, sebbene il canale privilegiato e tutelato è quello della cosiddetta “linea diretta” tra il segnalante e il R.P.C.T..

Da tale assetto organizzativo discendono le connesse garanzie di protezione del segnalante, in termini di anonimato e di tutela da forme ritorsive.
Le segnalazioni al superiore gerarchico sono fonti cognitive e di avvio del procedimento di prevenzione e contrasto al fatto corruttivo dedotto, ma non consentono di poter azionare la salvaguardia prevista dal Legislatore.
Al di là dell’utilizzo della piattaforma dedicata alla ricezione delle segnalazioni, l’afflato del Legislatore è sostanziale, ossia è preordinato alla ricezione della segnalazione da parte del soggetto appositamente preposto (i.e. il R.P.C.T.).

Il Legislatore, sia con il Testo Unico Pubblico Impiego sia con il D.lgs. 24/2023, così come confermato dalla soft law medio tempore formatasi con le deliberazioni A.N.A.C., è risoluto nello stabilire che la protezione del segnalante dipenda non dalle modalità con cui la segnalazione viene fatta ma se la stessa sia fatta ad uno dei soggetti deputati, e non sia anonima.

La Suprema Corte di Cassazione, con sentenza della Sezione Lavoro del 09/05/2024 n. 12688 ha recentemente chiarito l’importanza e la pervicacia (anche limitativa delle facoltà della P.A. come parte datoriale) della salvaguardia del dipendente pubblico che segnala illeciti.
La Corte di Cassazione ha evidenziato, in primis, che: "in tema di licenziamento ritorsivo di un dipendente pubblico che segnala illeciti, il motivo illecito, determinante ed esclusivo, richiede il previo accertamento dell'insussistenza della causale posta a fondamento del licenziamento (cfr.  sul punto precedenti conformi Cass. n. 9468 del 2019; Cass. n. 6838 del 2023)."

La medesima Corte, si è poi soffermata sulla vigenza della disciplina ex art. 54 bis T.U.P.I., così come temporalmente valida e richiamata dal D.lgs. 24/2023, e dei previsti obblighi di protezione, non potendosi ritenere questa misura di garanzia sottoponibile a contemperamento dovuto alla presunta sussistenza di una giusta causa di licenziamento.
Si deve, a tal riguardo, sottolineare che l’onere probatorio della giusta causa e della non ritorsione ricada esclusivamente su parte datoriale pubblica, "solo ove tale prova sia stata almeno apparentemente fornita incombe sul lavoratore l'onere di dimostrare l'illiceità del motivo unico e determinante (l'intento ritorsivo) che si cela dietro il negozio di recesso (cfr. Cass. n. 6501 del 2013; Cass. n. 23149 del 2016; Cass. n. 26035 del 2018; Cass. n. 28399 del 2022; Cass. n. 3548 del 2023)."

I Giudici della Suprema Corte hanno ricordato che (come da conforme indirizzo Cass. n. 14093 del 2023), "la segnalazione ex art. 54-bis del D.Lgs. n. 165 del 2001 (cd. "whistleblowing") sottrae alla reazione disciplinare del soggetto datore tutte quelle condotte che, per quanto rilevanti persino sotto il profilo penale, siano funzionalmente correlate alla denunzia dell'illecito, risultando riconducibili alla causa di esonero da responsabilità disciplinare di cui alla norma invocata (al riguardo, vedi anche: Corte EDU, Grande Camera, Halet c. Lussemburgo del 14 febbraio 2023)."

In tale ottica, che sotto il profilo della successione di leggi nel tempo vede il D.lgs. 24/2023 rafforzare, inglobare e intensificare la disciplina previgente ex art. 54 bis T.U.P.I., consacra il principio di matrice comunitaria dell’assoluta salvaguardia della posizione lavorativa del dipendente pubblico che segnala illeciti da qualsivoglia misura diretta o indiretta che possa arrecare vulnus alla sua posizione (in questo senso deve leggersi quanto stabilito dai Giudici che in merito allo scrutinio di legittimità del licenziamento ritorsivo, bisogna considerare l'intero contesto in cui s'inserisce il provvedimento, quand’anche un addebito disciplinare non è direttamente collegato con le denunce che il dipendente ha proposto contro i superiori).

Si tratta di un contemperamento di interessi che pone l’accento sull’esigenza primaria e imperativa di tutela della pubblica integrità rispetto a qualsiasi altro interesse secondario e che vincola, nel caso in esame, il Giudice di merito ad un attento esame dell’habitat lavorativo del ricorrente, della storia professionale e dell’eventuale correlazione con la posizione di whistleblower. Con questa sentenza viene ribadito un concetto importante già presente nell’ordinamento giuridico europeo: il whistleblowing è una responsabilità di tutti e un imperativo collettivo.
È importante che le organizzazioni pubbliche creino un ambiente di lavoro sicuro e aperto, dove i dipendenti si sentano liberi di segnalare illeciti senza timore di ritorsioni. 


Articolo di Daniel Amato

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