La Rivista del Sindaco


L’assegnazione della ex casa familiare

09/04/2022 Approfondimenti
La rilevanza dell’assegnazione in materia di tributi locali: l’evoluzione della disciplina tra ICI e IMU

 

Parte seconda

Come anticipato nella trattazione della PARTE PRIMA del presente contributo, la qualificazione giuridica dell’assegnazione della casa familiare ha avuto, ed ha, delle inevitabili conseguenze a livello fiscale, in particolare per l’ICI, un tempo, e per l’IMU, ora.
Già si è accennato all’evoluzione normativa che la materia ha conosciuto negli anni. L’importanza e la complessità della questione giustificano, quindi, il breve excursus storico che di seguito si va ad illustrare.
Nel vigore dell’ICI, come noto, l’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 504/1992 individuava il presupposto dell'imposta ne “il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli”, mentre l’art. 3 identificava il soggetto passivo del tributo nel titolare di un diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento, quale l’usufrutto, l’uso o l’abitazione, l’enfiteusi, la superficie.
In assenza di una previsione normativa disciplinante espressamente la questione, la giurisprudenza, facendo applicazione del principio sopra illustrato per cui con il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa coniugale in sede di separazione personale o di divorzio viene riconosciuto al coniuge un diritto personale atipico di godimento, e degli artt. 1 e 3 del D.Lgs. n. 504/1992 appena richiamati, ha escluso che il coniuge assegnatario della ex casa coniugale, posta nell’immobile di proprietà (anche in parte) dell’altro coniuge, sia soggetto passivo ICI per la quota dell’immobile stesso sulla quale non vanta il diritto di proprietà ovvero un qualche diritto reale di godimento.
Da ultimo il principio è stato ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza 19 gennaio 2021 n. 730.
La vicenda di cui si è occupata la Corte di legittimità trae origine da un accordo, assunto in sede di separazione consensuale omologata tra due coniugi, entrambi comproprietari al 50 % di ambedue i piani della medesima abitazione, con il quale era stata disposta l’assegnazione del primo piano ad uso esclusivo della moglie e del piano terra ad uso esclusivo del marito, senza costituzione di un diritto reale in favore di quest’ultimo su detta pozione di immobile, ma con il riconoscimento di un mero diritto personale di godimento sul predetto piano terra, e dal conseguente avviso di accertamento ICI con il quale l’ente locale impositore aveva preteso dalla moglie comproprietaria il pagamento dell’imposta, per la quota di proprietà corrispondente, sul predetto piano terra.
La contribuente aveva impugnato l’avviso di accertamento e, dopo essere risultata soccombente in appello, aveva formulato ricorso avanti la Corte d Cassazione. Il Giudice di legittimità ha appunto stabilito che “In tema di ICI, il coniuge al quale sia assegnata la casa di abitazione posta nell’immobile di proprietà (anche in parte) dell’altro coniuge non è soggetto passivo dell’imposta per la quota dell’immobile stesso sulla quale non vanti il diritto di proprietà ovvero un qualche diritto reale di godimento, come previsto dal D.Lgs. n. 504/1992 art. 3 poiché con il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa coniugale in sede di separazione personale o di divorzio, viene riconosciuto al coniuge un diritto personale atipico di godimento e non un diritto reale, sicché in capo al coniuge non è ravvisabile la titolarità di un diritto di proprietà o di uno di quei diritti reali di godimento, specificamente previsti dalla norma, costituenti il presupposto impositivo del tributo" (Cass. 7395/19; così Cass. nn. 30872/19; 25486/08; 6192/07 ed altre).” Alla luce di ciò, la Corte, “esclusa l’attribuzione del piano terra alla proprietà esclusiva del marito, così come la costituzione a favore di quest’ultimo, sul medesimo piano terra, di altro diritto reale”, ha affermato il permanere in capo alla moglie, comproprietaria della originaria quota sull’immobile assegnato al marito, del titolo costituente il presupposto necessario e sufficiente per l’imposizione ICI e per la legittimità dell’avviso di accertamento impugnato.
La sentenza in commento, per quanto assuma valenza giuridica unicamente per le fattispecie più remote nel tempo, attesa la nota abrogazione dell’ICI, ha affrontato un argomento senza dubbio interessante, che offre l’occasione per una panoramica sull’evolversi della disciplina dell’imposizione tributaria sulla casa di abitazione assegnata al coniuge separato o divorziato.
Nella sentenza in commento trovano infatti espressione alcuni dei fondamentali principi di diritto che riguardavano i rapporti patrimoniali tra i coniugi a seguito di separazione e/o divorzio.
È significativo, invero, il fatto che i Giudici di legittimità, nel solco peraltro di una giurisprudenza costante e pacifica dagli stessi richiamata, abbiano fondato la propria decisione, affermativa della legittimità dell’imposizione tributaria contestata, sulla sussistenza, come detto, di un semplice “diritto personale atipico di godimento (così viene testualmente definito nella sentenza) in capo al coniuge assegnatario dell’abitazione. La Corte ha ritenuto di dover abbracciare un’interpretazione restrittiva dell’articolo 3 del D.Lgs. n. 504/1992  che individua quale soggetto passivo dell’imposta, oltre al proprietario e all’usufruttuario dell’immobile, anche il titolare di un diritto d’uso o di un diritto reale di abitazione - da intendersi quali diritti di godimento su un bene altrui disciplinati dagli articoli 1021 e seguenti del Codice Civile -, il titolare di un’enfiteusi o di un diritto di superficie ai sensi degli articoli 952 e segg. Codice Civile o ancora il titolare di un contratto di leasing finanziario o, infine, il concessionario di beni immobili insistenti su aree demaniali.

La distinzione tra “godimento dell’immobile per uso abitativo” e “diritto reale di abitazione”
Il punto fondamentale della questione è proprio il concetto giuridico di “godimento dell’immobile per uso abitativo”, che i Giudici di legittimità hanno voluto esplicitamente riaffermare per distinguerlo, in maniera netta ai fini della imposizione tributaria, dal diritto reale di abitazione disciplinato dagli articoli 1021 e segg. del Codice Civile.
Nel primo caso, infatti, siamo di fronte ad “un diritto esclusivo di godimento di natura meramente personale ed obbligatoria” avente ad oggetto un immobile o - come nella fattispecie esaminata in sentenza - una porzione di esso e scaturente da un accordo convenzionale assunto dalle parti in sede di separazione e/o divorzio. Nel secondo caso, trattasi di un diritto reale di godimento su bene immobile altrui che ha per oggetto una casa ad uso abitativo e che naturalmente comporta il diritto del suo titolare ad abitarla solo per i suoi bisogni o per quelli della sua famiglia, al punto da non poterla cedere ad altri o concederla in locazione a terzi.
La stessa Corte, comunque, rimarca la particolarità della fattispecie considerata e dell’ICI ivi applicata rispetto alla disciplina dell’IMU dalla quale è stata da ultimo sostituita.
A tal proposito, ricordiamo che originariamente l’art. 4, comma 12-quinquies, del D.L. n. 16/2012, come inserito dalla Legge di conversione n. 44/2012, disponeva che ai soli fini dell’applicazione dell’IMU “l'assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione”. Qualificando il diritto originante dall’assegnazione come diritto di abitazione, la legge istitutiva dell’IMU individuava il soggetto passivo d’imposta nel coniuge assegnatario[1] e liberava dall’onere del pagamento il coniuge non assegnatario, atteso che l’immobile era uscito dalla sua sfera di disponibilità.  
Dal 2020, con l’introduzione della nuova IMU, avvenuta ad opera della Legge n. 160/2019 (cd. Legge di bilancio 2020), la disciplina è stata modificata e risulta caratterizzata da una formulazione differente.
Il comma 743 dell’art. 1 della legge in questione prevede che “E' soggetto passivo dell'imposta il genitore assegnatario della casa familiare a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario dei figli”. La medesima terminologia viene impiegata nel comma 741, ove, tra le ipotesi di assimilazione all’abitazione principale, ritroviamo “la casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì, ai soli fini dell'applicazione dell'imposta, il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso”.
Come evidente, le norme non fanno più riferimento al “coniuge assegnatario”, bensì al “genitore affidatario dei figli”.

Assegnazione dell’abitazione in assenza di prole
La lettera della legge ha sin da subito ingenerato il dubbio di quale fosse il trattamento tributario da riservare in ipotesi di assegnazione dell’abitazione in assenza di prole.
Una prima lettura, decisamente restrittiva, è stata fornita dal MEF, all’indomani dell’entrata in vigore della norma.
Secondo il Ministero, infatti, il chiaro tenore letterale della disposizione di cui al comma 741avrebbe condotto alla considerazione che l’assimilazione all’abitazione principale, e quindi il regime di esenzione dall’IMU, dovesse riguardare esclusivamente il caso di assegnazione della casa familiare “al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice”: circostanza che comporta altresì la costituzione, ai soli fini dell'applicazione dell'imposta, del diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso.
Secondo tale interpretazione, al di fuori di tale previsione normativa, di carattere agevolativo e quindi non suscettibile di interpretazione estensiva, avrebbero dovuto trovare applicazione le regole ordinarie che disciplinano il tributo, con la conseguenza che ciascuno dei due coniugi avrebbe dovuto considerarsi soggetto passivo per la propria quota di possesso.
Tale posizione è stata comunque ben presto riconsiderata nella circolare 1/DF/2020 del 18.03.2020, pubblicata a commento delle novità contenute nella Legge di bilancio 2020.
In essa il Ministero osserva che, in caso di separazione senza figli o con figli maggiorenni e autosufficienti, la giurisprudenza ritiene che la casa coniugale non possa essere assegnata ad uno dei due coniugi a titolo di contributo al mantenimento, in sostituzione dell’assegno di mantenimento, non avendo l’assegnazione una funzione assistenziale (si richiama Cass. Civ., 22.03.2007 n. 6979).
Ed invero, la differente formulazione della norma introdotta dal comma 741, lett. c), n. 4, che fa riferimento alla casa familiare e al genitore, e non più alla casa coniugale e al coniuge, è volta soltanto a chiarire che nell’ambito dell’assimilazione all’abitazione principale sono ricomprese anche le ipotesi di provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare in assenza di un precedente rapporto coniugale.
Afferma chiaramente il Ministero, “nulla quindi è mutato rispetto alla precedente disciplina”. Pertanto, continua a permanere l’esclusione dall’IMU della casa familiare assegnata con provvedimento del giudice, già assimilata all’abitazione principale nella previgente disciplina.
Precisa altresì il Ministero che, ai fini dell’applicazione dell’assimilazione in argomento, l’individuazione della “casa familiare” viene effettuata dal giudice con proprio provvedimento e che nessuna valutazione discrezionale può essere lasciata ai Comuni.
Si prescinde, quindi, dalla proprietà in capo ai genitori o ad altri soggetti (ad esempio i nonni) e rimangono irrilevanti i requisiti della residenza e della dimora dell’assegnatario.

Conclusioni
La nuova disciplina normativa testimonia inequivocabilmente la volontà del Legislatore di rapportare l’IMU, così rilevante nel generale panorama della tassazione, al nuovo vivere civile ed alle nuove dinamiche familiari e coniugali che contraddistinguono ormai la nostra società, evitando di irreggimentare la disciplina della “nuova” imposta IMU al solo istituto della famiglia nata dal matrimonio, come invece accadeva per la preesistente imposta ICI.
In un contesto come quello del nostro Paese, in cui l’imposizione tributaria rappresenta una delle principali criticità del sistema, la nuova disciplina IMU in tema di assegnazione di abitazione familiare rappresenta un significativo ed apprezzabile salto di qualità della legislazione nazionale.

Articolo di Lorella Martini


[1] Ovviamente, qualora fossero ricorse le condizioni previste dalla legge, il coniuge assegnatario avrebbe potuto beneficiare dell’esenzione prevista per l’abitazione principale.


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