La necessità di un modello organizzativo
“L’aver assunto formalmente l’impegno a rispettare gli obblighi derivanti dall’aver accettato un finanziamento per un progetto del Pnrr impone all’ente, in relazione alla propria dimensione di valutare l’opportunità di intervenire sui propri regolamenti e/o circolari destinate ai diversi servizi interessati o con delibere, nel caso di enti locali di piccole dimensioni, per indirizzare e coordinare le attività gestionali tecnico e amministrativo contabili al fine di dare piena e puntuale attuazione alle progettualità a valere delle risorse del Pnrr nel rispetto del cronoprogramma”.
Così si esprime la circolare della Ragioneria generale dello Stato n. 29/2022, richiamando alla mente i principi base dell’organizzazione aziendale. In base a questi ultimi, infatti, non vi è un modello organizzativo unico, ma occorre cercare quello più adatto al contesto in cui si opera ed allo scopo che si intende perseguire.
L’esigenza di definire un assetto organizzativo ottimale non nasce ovviamente con il Pnrr, ma è riemersa in conseguenza del carattere innovativo di quest’ultimo, che si configura come un piano di performance (e non meramente di spesa) caratterizzato quindi dall’imposizione di milestones e target da raggiungere entro scadenze prefissate. Non a caso, il tema è all’attenzione, oltre che, come detto, delle amministrazioni centrali, anche degli organi di controllo interno (revisori) ed esterno (Corte dei conti).
Di seguito, pertanto, proveremo a fornire qualche suggerimento metodologico su quali sono le questioni da esaminare, senza pretesa di fornire soluzioni.
Ufficio Pnrr o coordinamento fra uffici?
Un primo ambito di riflessione riguarda la scelta se istituire un ufficio ad hoc dedicato alla gestione del Pnrr o se prevedere un semplice coordinamento fra uffici diversi. La prima soluzione facilità un approccio verticale, ma si scontra in molti casi con l’eterogeneità degli interventi da gestire (che possono toccare ambiti diversi, corrispondenti alle 6 missioni del Pnrr).
Al contrario, la seconda soluzione potrebbe rendere problematica la chiara definizione delle responsabilità, anche prevedendo un ruolo direzionale unico (in capo al Segretario o al Direttore generale).
La Corte dei conti, nelle prime verifiche condotte su campioni di enti, ha mostrato di prediligere la prima soluzione (ufficio unico), che, come vedremo subito, è però opportuno accompagnare ad una puntuale analisi dei processi (necessaria anche laddove si opti per la seconda soluzione).
Chi fa cosa
Indipendentemente dal modello prescelto, a nostro parere è fondamentale mappare in modo puntuale (ovvero per ogni singolo intervento Pnrr) le fasi procedimentali e sub-procedimentali, associando a ciascuna un ufficio responsabile ed identificando i provvedimenti ad essa associati.
Ad esempio, per un’opera pubblica potrebbero essere individuate le seguenti fasi:
Per ciascuna fase dovrebbero essere individuate le relative sottofasi: ad esempio, per gli affidamenti la gestione di eventuali sub-appalti e sub-affidamenti, per la gestione del cantiere stati avanzamenti lavori, varianti, collaudi, per la gestione amministrativa autorizzazioni, anticipazioni contrattuali e incentivi.
Questa impostazione agevola anche l’organizzazione dell’attività di monitoraggio e rendicontazione.
L’alimentazione di ReGis
Come noto, a tal fine per il Pnrr è stato implementato un sistema operativo ad hoc, denominato ReGis, che dovrebbe diventare l’unico strumento di monitoraggio e rendicontazione degli investimenti pubblici.
ReGis è un applicativo integrato, la cui alimentazione richiede inevitabilmente la collaborazione di più uffici, sia per quanto concerne il monitoraggio (che non è solo finanziario, ma anche fisico e procedurale e punta soprattutto ai target associati alla misura) che rispetto alla rendicontazione.
Esso richiede un’attenta verifica della documentazione da caricare, cui si associano obblighi di attestazione che non possono restare in capo ad un unico soggetto, ma vanno distribuiti in base alla mappatura dei processi. Ciò anche (e soprattutto) laddove l’ente opti per l’accentramento dell’attività di caricamento su ReGis in un unico ufficio (sia esso quello finanziario, quello tecnico o altro), ma anche nel caso in cui si prediliga invece un approccio diffuso (ogni ufficio carica la documentazione di sua pertinenza). È opportuno segnalare, al riguardo, l’importanza di un’attenta profilazione degli utenti su ReGis, in corrispondenza al modello prescelto.
La conservazione documentale
La mappatura dei processi, infine, è fondamentale per impostare in modo corretto e facilmente gestibile, anche a distanza di tempo, l’archiviazione e la conservazione della documentazione correlata ai singoli interventi.
Sebbene Regis costituisca anche un repository documentale, esso non potrà contenere tutto ciò che è invece necessario conservare a fronte di eventuali controlli in loco, che potrebbero intervenire anche molti anni dopo il collaudo e la chiusura dei procedimenti. Occorre quindi costruire un sistema di archiviazione, ovviamente digitale, che permetta a chiunque di reperire senza difficoltà tutti gli atti associati alle varie fasi e sub-fasi.
In conclusione
È evidente che l’assetto qui suggerito a grandi linee richiede uno sviluppo puntuale calibrato sulle caratteristiche peculiari di ogni ente. La sua implementazione richiede un investimento iniziale che può essere anche rilevante sia in termini di riorganizzazione che sotto altri profili (ad esempio, informatici). Esso, tuttavia, potrebbe rappresentare una best practice che potrà poi essere estesa e replicata anche ad altri ambiti di attività.
Torneremo a breve sull’argomento con un intervento specifico in webinar unitamente ad ulteriori indicazioni pratiche per la gestione delle risorse assegnate nell’ambito dei bandi Pnrr.
Articolo di Matteo Barbero
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