Cosa
Il quadro generale
Il “canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria”, è stato introdotto nel nostro ordinamento dalla legge n. 160 del 27 dicembre 2019 (legge di bilancio 2020).
Dal 1° gennaio 2021, il “canone unico” ha sostituito:
Il nuovo canone deve in ogni caso ricomprendere qualunque canone ricognitorio o concessorio previsto da norme di legge e da regolamenti comunali e provinciali, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi.
Conseguentemente all’introduzione del nuovo canone è stato soppresso l’obbligo dell’istituzione da parte dei Comuni del servizio delle pubbliche affissioni di cui all’articolo 18 del D.Lgs. n. 507/1993.
Analogamente è stato soppresso l’obbligo di affissione da parte delle pubbliche amministrazioni di manifesti contenenti comunicazioni istituzionali, ora sostituito dalla pubblicazione nei rispettivi siti internet istituzionali. Resta fermo l’obbligo dei Comuni di garantire l’affissione da parte degli interessati di manifesti contenenti comunicazioni aventi finalità sociali, comunque prive di rilevanza economica, mettendo a disposizione un congruo numero di impianti a tal fine destinati.
È importante ricordare che la novità normativa non è foriera di alcun vulnus alle casse degli enti locali, atteso che il nuovo canone deve garantire un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono stati inglobati in esso. È comunque fatta salva la possibilità prevista dal comma 817 della legge 160/2019, di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe.
Come
Due sono i presupposti per l’applicazione del canone, ovvero (comma 819):
I predetti presupposti sono alternativi: infatti, è espressamente previsto che l’applicazione del canone dovuto per la diffusione dei messaggi pubblicitari escluda l’applicazione del canone dovuto per le occupazioni.
Per l’introduzione del nuovo canone i Consigli comunali o provinciali hanno adottato un regolamento, ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 446/1997, contenente le seguenti indicazioni:
Soggetto passivo del canone è il titolare dell’autorizzazione o della concessione ovvero, in mancanza di titolo, il soggetto che effettua l’occupazione o la diffusione dei messaggi pubblicitari in maniera abusiva. Per la diffusione di messaggi pubblicitari, è obbligato in solido il soggetto pubblicizzato, ovvero colui che produce o vende la merce o fornisce i servizi oggetto della pubblicità.
Quanto
Il canone si determina in base alla superficie della minima figura piana geometrica nella quale è circoscritto il mezzo pubblicitario, indipendentemente dal numero dei messaggi in esso contenuti.
Le superfici inferiori ad un metro quadrato si arrotondano per eccesso al metro quadrato e le frazioni di esso, oltre il primo, a mezzo metro quadrato.
Non si applica il canone per superfici inferiori a trecento centimetri quadrati, salvo quanto previsto per le insegne di esercizio.
Costituiscono separati ed autonomi mezzi pubblicitari le insegne, le frecce segnaletiche e gli altri mezzi similari riguardanti diversi soggetti, collocati su un unico mezzo di supporto.
Per i mezzi pubblicitari polifacciali il canone è calcolato in base alla superficie complessiva adibita alla pubblicità.
Per i mezzi pubblicitari bifacciali le due superfici vanno considerate separatamente, con arrotondamento, quindi, per ciascuna di esse.
Per i mezzi di dimensione volumetrica il canone è calcolato sulla base della superficie complessiva risultante dallo sviluppo del minimo solido geometrico in cui può essere circoscritto il mezzo stesso.
La normativa statale prevede già delle tariffe standard, annuali e giornaliere - che comunque possono essere modificate dagli Enti locali -, variabili a seconda della popolazione residente.
La graduazione delle tariffe a sua volta è determinata da ulteriori fattori, quali:
I casi
Cavi e condutture: dalla disciplina originaria al c.d. “canone antenne”
Il comma 831, coerentemente con l’individuazione in termini generali del soggetto passivo e del presupposto impositivo, dispone che “Per le occupazioni permanenti del territorio comunale, con cavi e condutture, da chiunque effettuata per la fornitura di servizi di pubblica utilità, quali la distribuzione ed erogazione di energia elettrica, gas, acqua, calore, servizi di telecomunicazione e radiotelevisivi e di altri servizi a rete, il canone è dovuto dal soggetto titolare dell’atto di concessione all’occupazione sulla base delle utenze complessive del soggetto stesso e di tutti gli altri soggetti che utilizzano le reti moltiplicata per la seguente tariffa forfetaria:
Classificazione dei comuni Tariffa
Comuni fino a 20.000 abitanti € 1,50
Comuni oltre 20.000 abitanti € 1,00
In ogni caso l’ammontare del canone dovuto a ciascun ente non può essere inferiore a euro 800”.
Ovvero, afferma che il canone unico è dovuto, oltre che dal soggetto titolare dell’atto di concessione, anche dai soggetti che occupano il suolo pubblico, pure in via mediata, con cavi e condutture ed individua dei parametri per la quantificazione variabile del prelievo.
Sulla fattispecie il Legislatore è intervenuto con l’art. 5, comma 14-quinquies, del D.L. n. 146/2021, precisando che il suindicato comma 831 deve interpretarsi nel senso che:
L’intervento legislativo in questione ha lasciato gli operatori del settore sconcertati, tanto più che smentisce l’interpretazione originariamente fornita dal MEF - al quale ovviamente i Comuni nei propri regolamenti si erano conformati - e secondo il quale i titolari di contratti di somministrazione dei servizi di pubblica utilità nei confronti dei consumatori “devono corrispondere il canone unico patrimoniale di cui all'articolo 1, commi 816 e seguenti della legge n. 160 del 2019, dal momento che occupano il suolo pubblico in via mediata e sono titolari delle utenze in base al quale deve essere calcolato il canone”.
Le conseguenze per le casse degli Enti locali possono essere significative
Come già esplicitato nella relazione tecnica del Servizio Bilancio della Camera dei Deputati del 9 dicembre 2021, atteso che, da un lato, il nuovo canone, anche a seguito della norma interpretativa in commento, deve assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che ha sostituito e, dall’altro, che la norma di interpretazione autentica dispiega i suoi effetti in via retroattiva – sin dal 1° gennaio 2020 – gli enti locali potrebbero trovarsi obbligati a restituire entrate ormai già registrate nei bilanci con effetti negativi per la finanza pubblica.
Ma gli interventi legislativi in materia di servizi e infrastrutture di pubblica utilità, e le conseguenti – e comprensibili – perplessità sulla relativa portata, non terminano qui.
Il comma 5-ter dell’art. 40 del decreto legge 31 maggio 2021, n. 77, così come convertito dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, ha introdotto nella Legge di Bilancio 2020 il nuovo comma 831-bis che così dispone: “Gli operatori che forniscono i servizi di pubblica utilità di reti e infrastrutture di comunicazione elettronica di cui al codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259, e che non rientrano nella previsione di cui al comma 831 sono soggetti a un canone pari a 800 euro per ogni impianto insistente sul territorio di ciascun ente. Il canone non è modificabile ai sensi del comma 817 e ad esso non è applicabile alcun altro tipo di onere finanziario, reale o contributo, comunque denominato, di qualsiasi natura e per qualsiasi ragione o a qualsiasi titolo richiesto, ai sensi dell'articolo 93 del D.Lgs. n. 259/2003. I relativi importi sono rivalutati annualmente in base all'indice ISTAT dei prezzi al consumo rilevati al 31 dicembre dell’anno precedente. Il versamento del canone è effettuato entro il 30 aprile di ciascun anno in unica soluzione attraverso la piattaforma di cui all'articolo 5 del codice di cui al D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82".
Come correttamente hanno, sin da subito, evidenziato ANCI e IFEL, la nuova disposizione, nel prevedere un canone fisso di 800 euro, non modificabile dall’ente, che prescinde dalla superficie realmente occupata dall’impianto, introduce una significativa, quanto ingiustificata, detassazione degli impianti in questione. Immediatamente è stato richiesto a gran voce un intervento correttivo del Legislatore, considerato che la nuova normativa crea di fatto un’evidente disparità di trattamento rispetto ad impianti similari siti su aree private e comporta una significativa perdita di gettito per i comuni.
Di fatto, con il comma 831-bis è stato istituito un nuovo canone di occupazione, già denominato nella prassi “canone antenne”, alternativo al c.d. canone unico.
Considerato che l’ultimo periodo del comma 831-bis individua nel 30 aprile di ciascun anno il termine di versamento del canone in questione e che la nella legge n. 108/2021 - di conversione del D.L. n. 77/2021 – è entrata in vigore a metà agosto 2021, quindi in un momento successivo rispetto al termine per l’approvazione da parte dei comuni delle tariffe del canone unico (31 maggio 2021 per la generalità gli enti ovvero 31 luglio 2021 per quelli che hanno fatto ricorso al Fondo anticipazione liquidità), è ragionevole ritenere che il c.d. “canone antenne” trovi applicazione a decorrere dal 2022, senza che possa emergere alcun diritto al ricalcolo o al rimborso di quanto già versato entro il 30 aprile 2021, non essendo la retroattività della norma espressamente prevista, analogamente alla correlata e necessaria copertura finanziaria.
La riscossione del canone unico: disciplina e dubbi applicativi
Tornando alla disciplina del canone unico, ricordiamo come il versamento dell’onere finanziario vada effettuato direttamente agli enti, contestualmente al rilascio della concessione o dell’autorizzazione all’occupazione o alla diffusione dei messaggi pubblicitari.
È di fondamentale importanza ricordare che il nuovo canone non ha natura tributaria, bensì patrimoniale.
Ciò significa che potrà essere riscosso solo in sede ordinaria, senza possibilità di emettere avvisi di accertamento. Analogamente, potranno essere applicate le sole sanzioni previste per la violazione delle norme regolamentari, e non sanzioni proporzionali alle somme non versate.
Le funzioni ed i poteri per l’esercizio di ogni attività organizzativa e gestionale attinente alla riscossione e al rimborso del canone sono attribuiti al Responsabile dell’Ufficio Patrimonio.
In caso di affidamento della gestione del canone a terzi, responsabile della gestione medesima è l’Affidatario.
A tal proposito ricordiamo che al momento dell’entrata in vigore della nuova normativa più di un Comune si è trovato ad affrontare una difficoltà applicativa di non poco conto, derivante dall’avere negli anni precedenti gestito direttamente la TOSAP ed affidato invece la gestione dell’Imposta Comunale sulla Pubblicità e Diritti sulle Pubbliche Affissioni ad un soggetto esterno.
Ci si chiedeva, pertanto, se, con l’entrata in vigore del nuovo canone, considerata la sua natura unitaria, si potesse legittimamente continuare ad adottare, nell’ambito dell’autonomia organizzativa, un modello gestionale binario, visto che comunque anche il canone di recente introduzione si fonda su due presupposti distinti ed alternativi.
La problematica è stata sottoposta al MEF, il quale, con la risoluzione n. 9/DF del 18 dicembre 2020, ha spiegato come sia possibile mantenere una differenziazione nella scelta dell’affidamento della gestione delle entrate relative alle diverse componenti del canone.
Secondo il Ministero, a prescindere dalla previsione di un canone unico, la legge consente comunque di individuare con certezza il gettito derivante dalle diverse fattispecie collegate ai due presupposti. È pertanto consentito mantenere la gestione separata delle due componenti del canone oppure di affidare, nel caso in cui il Comune svolga direttamente le attività relative a una delle componenti, l’intero canone al soggetto che gestisce il servizio concernente l’altra componente, qualora vengano ravvisate condizioni più favorevoli per l’ente affidante.
Il canone patrimoniale di concessione per l’occupazione delle aree nei mercati
Per completezza dobbiamo ricordare come il canone unico non sia l’unica novità introdotta dalla Legge di bilancio per il 2020.
Infatti, il comma 837, art. 1, della medesima legge ha previsto altresì l’istituzione, sempre a decorrere dal 1° gennaio 2021, del canone di concessione per l’occupazione delle aree e degli spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile, destinati a mercati, realizzati anche in strutture attrezzate. Quest’ultimo prelievo si applica in deroga alle disposizioni concernenti il canone unico e sostituisce la tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo II del D.Lgs. n. 507/1993, il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, e, limitatamente ai casi di occupazioni temporanee, i prelievi sui rifiuti di cui ai commi 639, 667 e 668 dell’articolo 1 della legge n. 147/2013.
Anche in questo caso l’onere è a carico del titolare dell’atto di concessione o, in mancanza, dall’occupante di fatto, anche abusivo, dell’area, in proporzione alla superficie risultante dall’atto di concessione o, in mancanza, alla superficie effettivamente occupata.
Analogamente a quanto visto per il canone unico, la normativa statale prevede tariffe standard, annuali e giornaliere, variabili a seconda della popolazione residente nel comune. È comunque nella facoltà degli Enti locali apportare variazioni, in relazione all’orario effettivo di occupazione delle aree ovvero della superficie occupata. Gli Enti locali possono altresì prevedere riduzioni, fino all’azzeramento, ovvero esenzioni ed aumenti nella misura massima del 25 per cento delle medesime tariffe.
In conclusione
L’entrata in vigore del canone unico ai tempi del Covid: tra critiche ed interventi agevolativi
Non può tacersi come i tempi previsti per l’entrata in vigore della nuova normativa siano risultati piuttosto problematici.
Da più parti, poi, nella norma istitutiva dei nuovi prelievi sono state riscontrate molte imperfezioni, suscettibili di produrre contenziosi e gravi incertezze applicative.
L'emergenza epidemiologica nella quale il Paese è ancora immerso ha di fatto purtroppo impedito di definire i correttivi tanto reclamati.
Le motivazioni che avrebbero spinto ad una proroga ovvero alla provvisoria facoltatività dell'applicazione del nuovo canone sono state largamente condivise, tanto più che le categorie interessate dal nuovo prelievo sono quelle tra le più colpite dalle conseguenze economiche dell’emergenza epidemiologica.
Si può dire che lo Stato, consapevole della problematicità della situazione, sia arrivato ad una sorta di “compromesso fattuale”, ovvero: da un lato, non ha disposto un rinvio dell’entrata in vigore della nuova normativa, così obbligando gli operatori e gli Amministratori dei Comuni a confrontarsi con una regolamentazione complessa in tempi ristretti; dall’altra, ha adottato una serie di misure per evitare di gravare con il nuovo prelievo sugli operatori economici già in difficoltà per le conseguenze della pandemia.
In proposito, ricordiamo che prima con il c.d. Decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020), quindi con il c.d. Decreto Agosto (D.L. n. 104/2020), poi con il c.d. Decreto Ristori (D.L. n. 149/2020), ed infine con il c.d. Decreto Sostegni (D.L. n. 73/2021), il Legislatore nazionale ha previsto, per i titolari di concessioni o di autorizzazioni ad occupare il suolo pubblico, l'esonero da TOSAP e COSAP e quindi dal nuovo canone unico.
L'esonero è stato applicato alle diverse tipologie di esercizi (elencate dall'art. 5, comma 1, legge n. 287/1991), quali:
Il Legislatore nazionale ha altresì previsto che i titolari di concessioni o di autorizzazioni concernenti l'utilizzazione del suolo pubblico per l'esercizio del commercio su aree pubbliche sono esonerati, dal pagamento del canone di concessione per l'occupazione delle aree e degli spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile, destinati a mercati realizzati anche in strutture attrezzate.
Come ulteriore misura agevolativa, si è previsto poi che le nuove richieste di concessione di utilizzo di suolo pubblico e le richieste di ampliamento di spazio di quelle già occupate, siano presentabili solo con modalità telematica, allegando esclusivamente la planimetria e in esenzione dall’imposta di bollo.
Infine, è stata prevista la possibilità per i predetti esercenti, al fine di assicurare il rispetto delle norme di distanziamento anti-Covid, di mettere temporaneamente su vie, strade e piazze, senza autorizzazione preventiva: strutture amovibili, elementi di arredo urbano, attrezzature, pedane, tavolini, sedute, ombrelloni.
Come comprensibile, i termini di validità delle predette misure agevolative sono stati continuamente differiti. Da ultimo, i commi 706 e 707 dell'art.1 della c.d. Legge di Bilancio 2022 (legge n. 234/2021) hanno prorogato al 31 marzo 2022 le misure agevolative già precedentemente disposte (fino al 31.12.2021) dall’art 30 del c.d. Decreto Sostegni.
Più precisamente, la suddetta proroga riguarda:
Per quanto comprensibile, atteso il perdurare dell’emergenza epidemiologica, il continuo susseguirsi di proroghe dai tempi ristretti non può che generare perplessità sul metodo con cui continuano ad essere affrontate - o forse sarebbe meglio dire, evitate - le evidenti difficoltà di applicazione della normativa.
I continui e condivisibili rinvii pare non abbiano offerto sufficienti occasioni per intervenire con le attese correzioni e perfezionamenti alla disciplina del canone unico che resta così pervasa da più di qualche dubbio tra gli operatori del settore.
A noi non resta altro che verificare se il nuovo anno porterà con sé un diverso approccio metodologico alla questione da parte del Legislatore.
Articolo di Lorella Martini
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