La Rivista del Sindaco


L’iscrizione anagrafica nelle convivenze

13/06/2022 Approfondimenti
Linee guida per una corretta gestione

La gestione delle convivenze anagrafiche è uno dei tasselli fondamentali per una buona gestione della popolazione residente. Tuttavia, il tema resta uno dei più controversi nel panorama dei servizi demografici, vista la particolare natura di questi "agglomerati" anagrafici che si porta dietro una serie notevole di fraintendimenti, dubbi e modalità operative non sempre aderenti alla normativa.
In questa analisi cercheremo di fornire all'Ufficiale d'anagrafe un quadro d'insieme finalizzato a una corretta gestione, in linea con l'ordinamento anagrafico (al quale, come vedremo, non possono in alcun modo sfuggire) ma anche all'insegna di una semplificazione delle procedure.

La convivenza anagrafica: l'istituto e i principi
La definizione di convivenza anagrafica è riscontrabile, come noto, all'art. 5 del regolamento anagrafico (D.P.R. n. 223/1989):

1. Agli effetti anagrafici per convivenza s’intende un insieme di persone normalmente coabitanti per motivi religiosi, di cura, di assistenza, militari, di pena e simili, aventi dimora abituale nello stesso Comune.

2. Le persone addette alla convivenza per ragioni di impiego o di lavoro, se vi convivono abitualmente, sono considerate membri della convivenza, purché non costituiscano famiglie a sé stanti.

3. Le persone ospitate anche abitualmente in alberghi, locande, pensioni e simili non costituiscono convivenza anagrafica.

La peculiarità della convivenza è il particolare motivo per cui determinate persone abitano in un determinato luogo e, di conseguenza, il potere di incidere sulla loro permanenza da parte di un soggetto terzo, cioè la persona fisica che dirige la struttura abitativa avendone il titolo. Attenzione: potere di incidere sulla permanenza, sul soggiorno, sulla situazione di fatto, non potere di incidere in maniera autoritativa sull'iscrizione anagrafica, come vedremo poi.
Classici esempi di convivenza anagrafica sono gli istituti di pena, gli ospedali e le case di cura, le comunità terapeutiche, le residenze socio-sanitarie, le case di riposo, le strutture destinate all'accoglienza di richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale. Tutti luoghi in cui, sostanzialmente, il soggiorno è obbligato per legge o per particolari condizioni psico-fisiche o di status. In questo caso chi dimora in quella struttura, anche per ragioni di lavoro, è considerato parte di una convivenza anagrafica.
La convivenza è dunque un insieme amministrativo di individui inserito in una banca dati (ANPR) che rientra pienamente nell’ordinamento anagrafico. Una buona parte dei dubbi degli Ufficiali d’anagrafe deriva proprio da un errato punto di partenza. La funzione dell’anagrafe è descritta dalla normativa, per cui in base all'art. 2 della legge 1228/1954 "è fatto obbligo ad ognuno di chiedere per sé e per le persone sulle quali esercita la potestà (n.d.A.: oggi responsabilità genitoriale) o la tutela, la iscrizione nell’anagrafe del Comune di dimora abituale e di dichiarare alla stessa i fatti determinanti mutazione di posizioni anagrafiche".
L'Ufficiale d'anagrafe deve assicurare il rispetto dell'obbligo di chiunque di rendere le dichiarazioni anagrafiche (i soggetti individuati all’art. 6 del regolamento, che esercitano anche il diritto soggettivo alla residenza anagrafica, da cui derivano diritti di natura anche costituzionale) cui è direttamente connesso l’interesse pubblico alla registrazione anagrafica di tutte le persone residenti.

Di conseguenza:

  • Nessuno - neppure il “titolare” della struttura, il direttore o altri soggetti - può imporre o negare l’iscrizione anagrafica di un soggetto all’indirizzo della convivenza. Egli potrà (e dovrà) fornire tutti gli elementi utili alla definizione della posizione anagrafica, ma senza potere diretto sui provvedimenti anagrafici. Il responsabile della struttura, un po' come il proprietario di casa, decide chi entra, per quanto tempo, e chi deve uscire ma non è lui che "concede" la residenza! Egli agisce sulla situazione di fatto attraverso il rapporto con l’ospite, che sarà regolato anche da un contratto o da altri provvedimenti (si pensi alle disposizioni delle Prefetture sugli inserimenti dei richiedenti asilo nei vari centri di accoglienza). La residenza anagrafica è e resta una registrazione amministrativa che segue, ed è quindi conseguenza, della situazione di fatto che si è venuta a creare in un immobile ove una serie di persone costituisce convivenza anagrafica. Tale registrazione spetta solo e soltanto all’ufficiale d’anagrafe.
  • Le dichiarazioni di residenza in convivenza possono essere rese dal responsabile e anche dal diretto interessato. Se, infatti, in base all’art. 6 del D.P.R. 223/1989 “ciascun componente della famiglia è responsabile per sé e per le persone sulle quali esercita la potestà o la tutela delle dichiarazioni anagrafiche di cui al successivo articolo 13”, la successiva clausola per cui “agli effetti degli stessi adempimenti la convivenza ha un suo responsabile da individuare nella persona che normalmente dirige la convivenza stessa” non costituisce una sorta di esclusiva.

Stiamo, infatti, parlando di un diritto soggettivo, per cui il diretto interessato può sempre e comunque rendere la dichiarazione di residenza presso una struttura sede di convivenza anagrafica. Non solo: la registrazione anagrafica, in casi particolari, potrebbe avvenire anche d’ufficio, naturalmente a seguito di approfondita istruttoria che accerti la dimora abituale anche in assenza di dichiarazione del responsabile della convivenza e del diretto interessato (magari impossibilitato per ragioni di salute).

Famiglie e convivenze allo stesso indirizzo
Recentemente, l'ISTAT ha fornito alle anagrafi alcune importanti istruzioni sulla gestione delle convivenze nell'ambito delle operazioni preliminari del Censimento permanente (si trovano nel documento denominato "Istruzioni per le attività di completamento dell’edizione 2021 del censimento permanente della popolazione e delle abitazioni: le convivenze anagrafiche e le popolazioni speciali" allegato alla circolare che l'istituto di statistica ha inviato nei mesi scorsi a tutti i Comuni).
ISTAT ci ricorda che il senso dell'iscrizione anagrafica in convivenza risiede nel particolare motivo su cui si fonda la coabitazione, inquadrabile nell'art. 5 del Regolamento anagrafico. Ecco allora che, opportunamente, chi dimora abitualmente nella struttura per motivi diversi dal far parte del gruppo di persone inserite (in quanto ricoverate, detenute, ecc.), quali ad esempio gli addetti o il custode, può sia far parte della convivenza, come prevede lo stesso art. 5, ma può anche essere iscritto allo stesso indirizzo in famiglia a sé, in quanto "non conduce vita in comune con gli altri addetti alla convivenza" magari perché assegnatario di parte dell'unità abitativa in autonomia o, magari, con la propria famiglia.
Altro esempio tipico è la coppia di anziani che vive insieme presso una struttura residenziale gestita da un ente: laddove il legame familiare (art. 4, D.P.R. 223/1989) è presente, esso prevale sempre sulla convivenza anagrafica. Un caso che si è verificato molto spesso, specie negli ultimi anni a seguito della gestione dei centri di accoglienza per migranti, in cui se sussistono di vincoli familiari o affettivi (in particolare in presenza di minori, anche nati in Italia), riconoscendo la presenza dei legami previsti dall'art. 4, l'Ufficiale d'anagrafe deve istituire sempre una famiglia, anche al medesimo indirizzo della convivenza.
Insomma, è bene ricordare che la famiglia così come la convivenza è un insieme di persone, che può coesistere al medesimo indirizzo con altra famiglia o convivenza.

L'unicità della convivenza
La coabitazione è un elemento imprescindibile della convivenza. Da qui l'esigenza che l'anagrafe fotografi l'esatta individuazione della stessa: la convivenza, infatti, deve coincidere con un’unità abitativa e non con l’ente (cooperativa, associazione) che la gestisce, magari assieme ad altre strutture sul territorio.
Può benissimo accadere, come nel caso delle cooperative o delle associazioni che sempre più spesso praticano l'accoglienza diffusa per migranti o soggetti fragili, che a un singolo gestore facciano capo molteplici unità abitative all’interno di un Comune. In tali casi l'Ufficiale d'anagrafe non dovrà dimenticare che ogni singola struttura o abitazione costituisce convivenza anagrafica a sé stante: ognuna dovrà avere una diversa denominazione e un preciso responsabile (che potrà anche essere la stessa persona).

I dati essenziali della convivenza
L'anagrafe deve registrare la convivenza secondo gli schemi previsti attualmente da ANPR, nel momento in cui per il primo cittadino viene manifestata l'istanza di iscrizione.
Da questo punto di vista vi sono alcuni dati obbligatori da inserire:

- denominazione della convivenza;

- specie della convivenza: motivi religiosi, di cura, di assistenza, militari, di pena, altri;

- responsabile della convivenza;

- legame convivenza: membro della convivenza/responsabile della convivenza.

Qualora l’Ufficiale d’anagrafe venga messo al corrente da parte di chiunque dell’esistenza di una possibile convivenza - ossia un alloggio, di qualunque natura - in cui sono ospitate stabilmente alcune persone per una delle particolari motivazioni tipiche della convivenza anagrafica, deve informare i responsabili della struttura degli obblighi anagrafici. Lo potrà fare con una prima comunicazione con cui si richiede, qualora la permanenza degli ospiti configuri un trasferimento della dimora abituale, anche di individuare il responsabile della convivenza.

Il responsabile della convivenza: principali compiti
Partendo quindi dall'assunto fondamentale che la convivenza non è una "zona franca" che l'anagrafe abbandona alle sue sorti - arrivando al paradosso dell'istituzione di vere e proprie politiche di residenza - è chiaro che una buona gestione passa attraverso un buon responsabile della convivenza.
È cruciale far comprendere ai vertici della struttura (solitamente, presidente o direttore dell’ente gestore) quanto delicato sia questo compito e quanto sia importante la massima collaborazione con l’ufficio anagrafe: è fondamentale istaurare immediatamente un rapporto di cooperazione nel rispetto dei ruoli.
Più chiari saranno i compiti, le responsabilità e i limiti del ruolo di responsabile della convivenza e più semplice, per tutti, sarà la gestione della residenza anagrafica degli ospiti, specie nelle strutture di maggiori dimensioni. Il responsabile, in sintesi, ha l'obbligo di:

  • dichiarare la residenza di coloro che hanno stabilito la dimora abituale nella struttura, in base esclusivamente ai principi anagrafici (valutando i tempi di permanenza e il grado di stabilità rispetto a un possibile rientro nell'abitazione di residenza);
  • segnalare tempestivamente le persone che sono uscite dalla struttura, per consentire all'ufficiale d'anagrafe di effettuare le dovute indagini sul nuovo luogo di dimora abituale ed eventualmente avviare una cancellazione per irreperibilità. Quest'ultimo compito è particolarmente importante nelle strutture di accoglienza per stranieri richiedenti asilo.

I procedimenti
Iscrizioni e mutazioni anagrafiche nelle convivenze possono - in base alle indicazioni ISTAT contenute in Metodi e Norme serie B n. 29/1992 - non essere soggette ad accertamenti. Questo velocizza decisamente i procedimenti (fermo restando l’obbligo delle comunicazioni previste dalla L. 241/1990) ma è chiaro che si basa su una fattiva e puntuale collaborazione del responsabile delle dichiarazioni anagrafiche: da qui una gestione semplificata che non potrà che aiutare l'Ufficiale d'anagrafe.
Sempre però ricordando che ogni cittadino può liberamente dichiarare la residenza presso una convivenza (senza necessità di allegare alcun documento o assenso) ed inoltre che l'Ufficiale d'anagrafe può sempre effettuare verifiche e disporre altresì provvedimenti d'ufficio laddove gli elementi raccolti (dall'interessato, dai familiari o da terzi) siano solidi.

Articolo di Andrea Antognoni


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