Il domicilio ai fini anagrafici
L'ordinamento anagrafico italiano si fonda sul diritto-dovere di iscrizione di tutte le persone stabilmente presenti sul territorio nazionale. Per questo, già dalla Legge 1228/1954, per volontà dell'ISTAT, il legislatore si affidò al criterio del domicilio per registrare anagraficamente anche quei soggetti che, pur non avendo la dimora abituale in nessun luogo, sono pur sempre residenti in Italia e, pertanto, occorre individuare il Comune competente in base ad altro criterio: il domicilio.
L’istituto del domicilio ai fini anagrafici è, quindi, la soluzione amministrativa per far sì che tutti i cittadini presenti in modo non occasionale in Italia vengano iscritti nelle anagrafi.
La gestione delle persone senza fissa dimora risponde, pertanto, a due fondamentali principi:
Legge n. 1228/1954, art. 1
Nell’anagrafe della popolazione residente sono registrate le posizioni relative alle singole persone, alle famiglie e alle convivenze, che hanno fissato nel Comune la residenza, nonché le posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel Comune il proprio domicilio.
Legge n. 1228/1954, art. 2
(…)
Ai fini dell'obbligo di cui al primo comma, la persona che non ha fissa dimora si considera residente nel comune dove ha stabilito il proprio domicilio. La persona stessa, al momento della richiesta di iscrizione, è tenuta a fornire all'ufficio di anagrafe gli elementi necessari allo svolgimento degli accertamenti atti a stabilire l'effettiva sussistenza del domicilio. In mancanza del domicilio, si considera residente nel comune di nascita
L’applicazione dell’istituto del domicilio è dunque lo strumento giuridico che l’ufficiale d’anagrafe deve prendere in esame al fine di adempiere al diritto-dovere del cittadino di essere iscritto in anagrafe. Pertanto, è preciso obbligo di ogni ufficio mettere il cittadino che intende rendere la dichiarazione come senza fissa dimora nelle condizioni di farlo: in termini di corrette informazioni e disponibilità di modulistica corretta e aggiornata.
La residualità del criterio del domicilio
Pur evidenziando la piena aderenza della persona senza fissa dimora a tutti i principi e gli obblighi anagrafici, che lo porteranno a essere registrato (oggi in ANPR) al pari di ogni altro cittadino, va anche chiarito il fatto che tale modalità di iscrizione è e deve restare di natura residuale.
Essa, quindi, si applica soltanto per coloro che non hanno una dimora abituale. Fermo restando che la residenza non cessa per assenze anche prolungate, fino a un anno, per motivi contingenti e che facciano presupporre un ritorno nell’abitazione di residenza (art. 3 D.P.R. n. 223/1989 e ISTAT, Metodi e Norme serie B n. 29 anno 1992). In tali casi, quindi, in presenza di iscrizione anagrafica a un determinato indirizzo, nessun tipo di mutazione andrebbe effettuata.
È sempre dovere dell’ufficiale d’anagrafe, nelle sue istruttorie, accertare che la persona non possa essere semplicemente ritenuta “temporaneamente assente”, con tutte le difficoltà di desumere la prospettiva futura delle abitudini di vita di un soggetto.
La dichiarazione di residenza della persona senza fissa dimora
La dichiarazione di residenza per la persona senza fissa dimora deve, naturalmente, essere modificata rispetto al modulo standard. Dovrà, infatti, contenere tre punti essenziali, che dovranno essere ben chiari al dichiarante (anche in termini di eventuali responsabilità per falsa dichiarazione ai sensi degli artt. 75 e 76 del D.P.R. n.445/2000):
a) il non avere la dimora abituale in alcun Comune;
b) l’avere nel Comune il proprio domicilio, inteso come centro degli affari e degli interessi;
c) gli elementi che comprovano il domicilio, cioè i legami con il Comune, che consentiranno al responsabile del procedimento di accertarne l’effettiva sussistenza.
L'assenza di dimora abituale
Alcune importanti indicazioni si ritrovano nella nota pubblicazione ISTAT, Metodi e Norme Serie B n. 29 anno 1992. "Ai fini anagrafici - si legge - non deve essere considerato senza fissa dimora colui che, per ragioni professionali o per mancanza di alloggio stabile, si sposti frequentemente nell’ambito dello stesso Comune. È evidente, infatti, che in una simile circostanza l’unico problema che potrà sorgere sarà quello di stabilire l’indirizzo da riportare negli atti anagrafici, problema che, peraltro, potrà essere risolto interpellando la stessa persona. Persona senza fissa dimora è, invece, ai fini anagrafici, chi non abbia in alcun Comune quella dimora abituale che è elemento necessario per l’accertamento della residenza". Questo passaggio chiarisce come la prima e fondamentale condizione da soddisfare per l’iscrizione del senza fissa dimora è l’assenza di altra dimora abituale.
L’ufficiale d’anagrafe dovrà attivarsi subito per richiedere accertamenti che escludano una residenza di fatto, che comporterebbe l’obbligo (del cittadino, ma anche del Comune interessato se questi non adempiesse) di essere iscritto all’indirizzo corrispondente alla propria dimora abituale. In particolare, se si tratta di una mutazione in quanto il cittadino è già iscritto ad altro indirizzo, occorrerà chiaramente disporre o richiedere (se in altro Comune) accertamenti presso tale abitazione. Qualora invece si tratti di iscrizione, eventuali accertamenti in tal senso potranno essere esperiti solo se si riscontra un possibile indirizzo di dimora abituale (ad esempio l'abitazione di un familiare). Diversamente, l’unico punto da esaminare in sede di istruttoria sarà la sussistenza del domicilio.
L'accertamento del domicilio: un'istruttoria spesso complessa
Con il termine domicilio si intende “il luogo ove la persona, alla cui volontà occorre principalmente avere riguardo, concentra la generalità dei propri interessi, sia materiali ed economici, sia morali, sociali e familiari” (Corte di Cassazione, sentenza n. 775 del 20/07/1999). Il generico termine “domicilio” racchiude tutta una serie di elementi tali da indurre l’ufficiale d’anagrafe a rispondere, entro 45 giorni, in termini positivi o negativi alla dichiarazione presentata.
Elenchiamo qualche riferimento utile al fine di procedere correttamente:
- Il domicilio è sempre una scelta dell'interessato, ma deve essere suffragata da elementi di fatto: in mancanza la dichiarazione è da considerarsi irricevibile e si rigetterà con un provvedimento semplificato ai sensi dell'art. 2 della legge n. 241/1990. Diversamente, come detto, si aprirà il procedimento di iscrizione/mutazione secondo le modalità previste dal regolamento.
- Gli affari e gli interessi possono essere ricompresi anche nelle relazioni, seppur minime, con altri soggetti (persone, istituzioni, associazioni, enti pubblici o privati) sul territorio comunale, che siano in qualche modo un punto di riferimento per il cittadino.
Può configurare la sussistenza del domicilio un familiare o un'associazione che fornisce servizi sociali e/o di accoglienza. Ma tutto ciò è un elenco meramente indicativo, nessun elemento può essere ritenuto obbligatorio da parte dell’ufficiale d’anagrafe: la mancanza di presa in carico da parte dei servizi sociali o di un'associazione non incide direttamente sul diritto all'iscrizione anagrafica della persona, che potrebbe dimostrare la sussistenza del domicilio in altri modi; in altre parole, non è legittimo sottoporre il diritto all'iscrizione all'obbligo di presentarsi presso servizi sociali o altri attori del sistema del welfare (associazioni, cooperative).
I soggetti terzi (servizi sociali, associazioni, ecc.) sono fonti di informazioni privilegiate cui l'ufficiale d'anagrafe deve rivolgersi nei 45 giorni dell'istruttoria. Non sono però loro a decidere nel merito dell'iscrizione anagrafica, ma dovranno esclusivamente rispondere per iscritto fornendo elementi utili all'ufficiale d'anagrafe a individuare quel collegamento con il territorio comunale in cui risiede il concetto di domicilio.
Il domicilio deve corrispondere a un indirizzo?
La risposta è no. Come chiaramente indica la definizione civilistica, la giurisprudenza e le indicazioni ISTAT, il domicilio è un legame circostanziato con un territorio, indipendente dalla presenza fisica e quindi anche da una sorta di “collocazione” geografica.
Ecco alcuni casi possibili.
a) Il senza tetto. È colui che ha una dimora sul territorio comunale senza però occupare stabilmente alcun alloggio. La presenza fisica rende agevole accertare il legame con il territorio comunale, così anche la particolare condizione sociale semplificherà l’applicazione dell’iscrizione nel Comune.
b) Il senza fissa dimora che dichiara un legame (fornendo almeno un riscontro verificabile) senza individuare un luogo fisico. È il caso di chi ha nel Comune quegli “affari e interessi” generici, che trovano riscontro in soggetti sempre diversi, senza che vi sia alcun particolare legame con nessuno di essi. Il domicilio ai fini anagrafici può benissimo sussistere senza il collegamento a un luogo fisico.
c) Il senza fissa dimora che ha in un luogo fisico il centro dei suoi affari e interessi. È senz’altro la situazione più semplice, poiché sarà agevole richiedere informazioni sull’effettiva sussistenza del domicilio all’ente pubblico o al privato a cui il cittadino si dichiara in qualche modo legato. Naturalmente il legame non deve trasformarsi in dimora abituale, poiché tale condizione comporterebbe l’obbligo di iscrizione per residenza, e non per domicilio.
Le condizioni da accertare in sede di istruttoria sono, quindi, le seguenti:
a) l’effettiva assenza di dimora abituale;
b) l’effettiva sussistenza di un domicilio, inteso come legami nel territorio;
c) la possibilità che quei legami si concentrino in un luogo reale;
d) la possibilità di assegnazione di un indirizzo reale corrispondente al luogo in cui si configura il domicilio.
La via “territorialmente non esistente”: per chi?
Trattandosi di persona non avente alcuna dimora abituale in alcun luogo fisico, si è resa necessaria l’istituzione in ogni anagrafe - prevista formalmente da ISTAT in Avvertenze, note illustrative e normativa AIRE, Metodi e Norme, Serie B n. 29 anno 1992 - di una via “territorialmente non esistente”, o via fittizia.
Se, come detto, il domicilio è indipendente da una collocazione fisica sul territorio, o comunque anche qualora tale luogo fisico sia individuato e corrisponda al domicilio non necessariamente sarà indicato agli atti anagrafici (come vedremo): la persona senza fissa dimora potrà sempre essere iscritta alla via territorialmente non esistente.
L’indirizzo reale corrispondente al domicilio: per chi?
Come spiegato in modo chiaro nella Guida alla vigilanza anagrafica di ISTAT del 2010, la possibilità di utilizzare l’indirizzo reale è legata al fatto che il domicilio indicato corrisponda a un luogo reale (un’associazione, un ente pubblico o privato, un parente) e che ci sia, inoltre, l’assenso alla domiciliazione di tutte le persone interessate (i responsabili della struttura, il proprietario dell’alloggio, ecc.)
Occorrerà acquisire formalmente tale assenso da parte di tutti coloro che godono di diritti reali sull’unità abitativa (proprietario, eventuale locatario, responsabile o figura di vertice in caso di persona giuridica o associazione).
Questa seconda opzione è certamente preferibile perché la persona non diviene più immediatamente irreperibile, ma ha anche diverse controindicazioni. Nel medio-lungo periodo, infatti, tale indirizzo potrebbe avere nuovi occupanti o titolari, i quali ragionevolmente potrebbero contestare tale domiciliazione di una persona a loro magari sconosciuta. In tal caso, l’ufficiale d’anagrafe, previa comunicazione al cittadino, potrà operare una variazione anagrafica assegnando al cittadino la via fittizia. È da escludere, infatti, la cancellazione per irreperibilità della persona senza fissa dimora, in quanto trattasi di persona priva, per definizione, di dimora abituale.
Gestione degli indirizzi: le più recenti indicazioni ISTAT
Una delle più importanti e utili indicazioni sulla registrazione delle persone senza fissa dimora arriva dalle FAQ pubblicate da ISTAT nel 2022 relativamente alle indagini preliminari al Censimento permanente.
Alla domanda "Come devono essere iscritte le persone “senza tetto/senza fissa dimora in anagrafe e cosa deve fare il Comune ai fini della rilevazione?" ISTAT risponde come segue:
“Così come indicato nelle “Avvertenze, note illustrative e normativa AIRE” al Regolamento Anagrafico (Cfr. Avvertenze, note illustrative e normativa AIRE, Metodi e Norme, serie B - n. 29 - edizione 1992) si ravvisa la necessità che in anagrafe venga istituita una via, territorialmente non esistente, ma conosciuta con un nome convenzionale dato dall’ufficiale di anagrafe (es. via.... seguita dal nome dello stesso Comune, via della Casa Comunale, ecc.). In questa via verranno iscritti con numero progressivo dispari sia i “senza tetto” risultanti residenti al censimento, sia i “senza fissa dimora” che eleggono domicilio nel Comune ma che in realtà non hanno un vero e proprio recapito nel Comune stesso. Per altre simili necessità, ma al di fuori dei casi sopraddetti, potrà essere utilizzata la stessa via con i numeri progressivi pari. Il Comune deve dunque iscrivere i “senza tetto/senza fissa dimora” all'indirizzo fittizio appositamente istituito, ciascuno ad un proprio numero civico (progressivo dispari)”.
Quindi è importante non solo la corretta ripartizione tra numeri civici (i dispari per i senza fissa dimora "classici", i pari per gli altri casi, tra cui ad esempio gli occupanti abusivi) ma anche l'uso di un civico distinto per ogni persona o famiglia, cosa probabilmente molto spesso disattesa dalle anagrafi. ISTAT, sul punto, è chiarissimo: "Il Comune dovrà applicare quanto previsto dalle Avvertenze e dal Regolamento anagrafico, ovvero che i “senza tetto/senza fissa dimora” siano iscritti all'indirizzo fittizio ciascuno ad un diverso numero civico. Pertanto, qualora essi siano stati iscritti ad un unico indirizzo, occorre sanare l'anomalia in anagrafe (non attribuirli tutti ad un unico indirizzo ma iscriverli ciascuno ad un diverso numero civico dello stesso indirizzo fittizio”.
ISTAT ammonisce anche i Comuni a un utilizzo eccessivo dell’istituto. Se gli ufficiali d'anagrafe combattono spesso con il fenomeno dei senza fissa dimora "fittizi", cioè di quelle persone che richiedono, e magari ottengono, l'iscrizione nella via territorialmente non esistente pur avendo la dimora abituale in un indirizzo ben definito, talvolta il fenomeno è creato anche dagli stessi Comuni, specie per le persone dimoranti in campi e insediamenti non autorizzati che vengono - magari su impulso dell'amministrazione - iscritti come senza fissa dimora, pur avendo una dimora ben più che abituale.
Ancora una volta ISTAT chiede ai Comuni di sanare immediatamente questa anomalia. "È importante tenere presente che le persone residenti in campi (attrezzati, tollerati o non autorizzati) e le persone senza tetto/senza fissa dimora costituiscono due tipologie ben distinte, che non devono essere confuse. Il fatto che il Comune abbia iscritto le persone che dimorano in un campo, seppur non autorizzato, presso la via fittizia dedicata ai “senza tetto/senza fissa dimora” costituisce un'anomalia da sanare”.
Articolo di Andrea Antognoni
Ricevi via email i nuovi contenuti pubblicati nel portale
In collaborazione con: