Al fine di calcolare e contenere il rischio per la stabilità di una struttura che si trova in zona sismica, ogni intervento che non rientra nella manutenzione ordinaria deve essere comunicato allo sportello unico del Comune di appartenenza, depositando il relativo progetto. La Cassazione penale sottolinea (con la sentenza n. 39335/2018) come ogni intervento venga considerato a rischio, quindi questo obbligo è tassativo, indipendentemente dal materiale utilizzato, dalla natura precaria o pertinenziale dell'intervento o del tipo di opera che si intende realizzare. Con questa sentenza si allargano quindi gli obblighi di comunicazione, stabiliti dal Testo unico edilizia, articolo 93 del Dpr 380/2001.
In un caso esaminato dai giudici, gli imputati avevano sostenuto come linea difensiva, dopo che alcuni terrazzamenti e movimenti della terra avevano portato alla luce un manufatto interrato in precedenza, che l'intervento edilizio non riguardava parti strutturali e la costruzione originaria fosse regolare. Diverso è stato il pensiero della Cassazione, allo scopo di mettere al primo posto la salvaguardia della pubblica incolumità, soprattutto in quelle zone già colpite, trovando quindi irrilevanti tanto la natura del materiale usato quanto la precarietà dell'intervento: la comunicazione alla pubblica amministrazione è stata definita necessaria, in modo che questa possa vigilare al meglio sugli interventi edilizi in zona sismica.
Ragionando in questo modo anche operazioni considerati di minor impatto saranno soggetti all'obbligo di comunicazione, come ad esempio la collocazione di un cartello stradale (Cassazione 24086/2012) o la trasformazione di un sottotetto in vano abitabile, gli interventi su parti di muratura non strutturali e perfino l'apertura di finestre; in pratica, in zona sismica, l'obbligo viene esteso ad ogni intervento edilizio.
Nel Dpr 380/2001 si trova uno dei passi più contestati e portatori di dubbi, che ha favorito la pratica, in molti comuni italiani, di allargare la tipologia di interventi che possono evitare il deposito sismico del progetto, sfruttando l'ampio spazio di interpretazione lasciato dalla legge. Anche per limitare questo fenomeno, i giudici sono arrivati alla decisione semplice (e all'apparenza drastica) di portare "ogni intervento in zona sismica" sotto l'osservazione della pubblica amministrazione, tenendo in considerazione che circa il 70% dei comuni italiani rientra in questa definizione.
Omettere il preavviso di inizio di attività, e non sottostare all'obbligo di presentazione del progetto allo sportello unico comunale, apre il soggetto alla possibilità di dover pagare una penale. Per quanto la risoluzione possa essere ritenuta radicale , in realtà trova concordi gli esperti edili del settore, che sostengono la pericolosità degli interventi anche nelle parti non strutturali, tali da portare rischio alla salute pubblica, motivo per cui vanno tenuti sotto osservazione. Questa rigorosa interpretazione si sposa con la revisione del Testo unico edilizia, a cui uno commissione di esperti lavora ormai da mesi, facendo pensare che in futuro la pratica di deposito sismico diverrà molto più estesa.
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